Oggi in Sardegna si vota per le regionali. La giornata di vigilia è trascorsa tranquilla. L’assemblea dei pastori, che si sarebbe dovuta tenere ieri a Tramatza, nell’Oristanese, è stata rinviata a domani, a urne chiuse. I pastori decideranno, anche alla luce dell’esito elettorale, che risposta dare agli industriali.

Nell’ultimo vertice a Roma, al ministero delle politiche agricole, per bocca del presidente della loro associazione nazionale, la Assolatte, gli industriali hanno respinto ogni proposta di mediazione; sono fermi al prezzo di 72 centesimi al litro, i pastori ne chiedono almeno 80. Resta poi da definire un percorso di riorganizzazione della filiera che dagli ovili porta ai supermarket. Il crollo del prezzo del latte è stato causato da una sovraproduzione, da parte dei caseari, di pecorino romano. Il valore commerciale di questo prodotto è crollato, sia sui mercati internazionali sia su quelli nazionali, per effetto di un’offerta cresciuta in maniera incontrollata.

Quasi tutti i caseifici sardi hanno sforato le quote di produzione loro assegnate dal Consorzio regionale di tutela del pecorino. I pastori accusano il Consorzio di non avere vigilato con il necessario rigore e hanno chiesto e ottenuto, nei giorni scorsi, le dimissioni del presidente di quest’organo di controllo e di tutela, Salvatore Palitta. E se da domani il confronto prosegue – il ministro delle politiche agricole Centinaio ha convocato un nuovo vertice in prefettura a Sassari – ieri dalla procura della Repubblica di Nuoro è arrivata la notizia che dieci pastori sono indagati per i blocchi stradali dei giorni scorsi durante le manifestazioni di protesta per il prezzo del latte.

I reati contestati vanno dalla violenza privata al danneggiamento. In alcuni casi viene contestato anche il blocco stradale e la resistenza a pubblico ufficiale. «Se si pensa che negli ultimi dieci giorni la nostra protesta ha visto protagonisti migliaia di persone – fanno notare i pastori sui social – il fatto che gli indagati siano appena dieci la lascia intendere chiaramente quanto sia stata pacifica, largamente pacifica, la protesta. Si vedrà nei prossimi giorni quanto sia fondata l’azione intrapresa dai giudici.

Per adesso, respingiamo ogni tentativo di criminalizzare una lotta non violenta».

Quanto il voto dei pastori sarà decisivo, lo si vedrà solo a spoglio terminato. Perché ora la parola passa agli elettori, soprattutto agli indecisi, che sono, secondo i sondaggi, il 27 per cento del corpo elettorale. «Si deve votare – ha detto il candidato del centrosinistra Massimo Zedda chiudendo la campagna elettorale – per la Sardegna e per il nuovo consiglio regionale, non per Salvini, per Meloni o per Berlusconi. Lo sbarco nell’isola di ministri, sottosegretari ed ex premier prelude alla subordinazione della Sardegna a poteri che staranno altrove».

«Cancelleremo quello che ha fatto il centrosinistra – ha replicato il candidato del centrodestra, il sardo-leghista Christian Solinas – I sardi chiedono discontinuità e con noi l’avranno. Con noi sarà davvero tutta un’altra cosa». La consapevolezza dei Cinquestelle di essere fuori gioco emerge invece dalle parole con le quali il vice premier Luigi Di Maio ha chiuso a Cagliari la corsa del candidato governatore pentastellato, Francesco Desogus: «Sono sessanta le donne e gli uomini presenti nella nostra lista. Sessanta contro i mille e seicento di tutti gli altri. Una lista senza voltagabbana e senza impresentabili. Lunedì entreremo, per la prima volta nella storia, nel consiglio regionale della Sardegna. E per l’isola sarà una data importante».