Le coste della Sardegna sono in pericolo. Poco prima di Natale la giunta regionale di centrodestra ha approvato un disegno di legge («Disposizioni per il riuso, la riqualificazione e il recupero del patrimonio edilizio esistente e per il governo del territorio») che se approvato definitivamente dal consiglio rischia di portare alla cementificazione di aree costiere di grandissimo pregio paesaggistico.

SECONDO IL DISEGNO di legge, infatti, saranno possibili incrementi volumetrici non solo in tutti gli alberghi o villaggi per le vacanze che si trovano nelle zone F (turistiche), ma anche in quelli, costruiti entro la fascia di trecento metri dal mare, che il Piano paesaggistico regionale (Ppr) approvato nel 2006 dalla giunta Soru aveva istituito come zona di rispetto totale. Lontano dalle coste, poi, nelle campagne, mentre ora è consentito costruire, per fini residenziali, solo a imprenditori agricoli proprietari dei terreni che coltivano, con la nuova legge tutti potranno edificare ville e piscine.

LE ZONE DOVE IL PERICOLO di cementificazione è maggiore sono ovviamente quelle costiere, dove interessi edilizi e speculazione immobiliare premono da anni, con una azione di lobbying che non esclude niente, perché i vincoli stabiliti dal Piano paesaggistico regionale siano rimossi. E’ una lunga storia, che però vale la pena ripercorrere. Un rapido ripasso serve infatti a capire quanto sia esteso e agguerrito il fronte trasversale che minaccia le coste sarde. Non bisogna dimenticare, per cominciare, che la giunta di Renato Soru, insediatasi dopo la vittoria del centro sinistra alle regionali del 2004, cadde – con quasi un anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale della legislatura – perché, quando al consiglio regionale fu proposta dall’esecutivo l’estensione dei vincoli del Ppr dalle coste alle zone agricole, la maggioranza soriana si spaccò: una parte del Partito democratico si schierò insieme con l’opposizione di centrodestra contro la proposte della giunta.

ALLE SUCCESSIVE REGIONALI, nel febbraio del 2009, Soru fu battuto dal candidato del centrodestra, Ugo Cappellacci. E tra i primi atti del nuovo governatore ci fu il tentativo di smantellare il Ppr. Tentativo che fallì per la battaglia politica del movimento ambientalista sardo. Battaglia politica ma anche legale. Il Piano paesaggistico, infatti, è inattaccabile dal punto di vista giuridico, essendo nient’altro che l’applicazione, oltre che dei princìpi più generali indicati dall’articolo 19 della Carta costituzionale, del Codice Urbani, che è legge della Repubblica. Per impulso politico di Soru e grazie all’impegno di un team di tecnici guidato da quel grande urbanista che è stato Edoardo Salzano, la Sardegna questo passo di adeguamento alle leggi e alla Costituzione lo ha compiuto in maniera netta; altre regioni sono rimaste al palo. Inattaccabile giuridicamente e quindi non cancellabile, il Ppr può però essere aggirato. Cappellacci ci provò con una serie di misure parziali, che fecero non pochi danni, ma non toccarono l’essenziale: impedire che si costruisca entro i trecento metri dal mare e nelle zone di pregio anche più ampie individuate dal piano Soru.

DOPO CAPPELLACCI ARRIVÒ la giunta di centrosinistra guidata da Francesco Pigliaru. La quale tentò anch’essa di forzare il Ppr con una legge urbanistica regionale con molti margini di ambiguità. Ancora una volta, però, l’opposizione politica del movimento ambientalista e di una parte della maggioranza di centrosinistra (Leu), fece fallire il tentativo. La legge fu ritirata. Ora, dopo Pigliaru, la giunta di centrodestra guidata dal sardista Solinas (eletto governatore dopo aver lasciato il seggio al Senato conquistato da candidato nelle liste della Lega) ci tenta ancora.

Per bloccare ancora una volta il cemento riparte dunque la battaglia del movimento ambientalista. Una petizione popolare lanciata dal Gruppo di intervento giuridico (Grig) per difendere litorali e paesaggi ha già raccolto oltre novemila firme. Anche all’estero, con francesi, tedeschi, inglesi e scandinavi che scrivono di voler ritrovare, la prossima estate, la Sardegna delle vacanze appena trascorse e non un’isola devastata. «Le firme che sostengono la petizione – spiega Stefano Deliperi, portavoce del Grig – sono accompagnate da commenti. E tutti ci dicono che vogliono una Sardegna senza cemento. Da tutto il mondo vengono nell’isola per questo, altrimenti sceglierebbero altre mete. Con il disegno di legge Solinas si vuole tornare indietro di quarant’anni. Da altre parti cercano di eliminare le costruzioni esistenti, qui vogliono cementificare».

E mentre autorevoli esponenti della cultura nazionale si sono mobilitati con l’appello pubblicato due giorni fa dal manifesto, ieri tutte le sigle del movimento verde sardo hanno diffuso un documento in cui confermano il loro secco «no» al cemento: «Le coste della Sardegna sono un patrimonio non solo dei sardi, ma dell’umanità intera, come la cupola di Giotto o la Cappella Sistina – scrivono i rappresentanti delle associazioni green -. Oggi l’ennesimo tentativo di moltiplicare le cubature edilizie anche nelle zone protette dal Ppr minaccia un paesaggio inestimabile, che va invece salvato e tramandato alle future generazioni. Chiediamo al mondo della politica, della cultura, dell’impegno civico di mobilitarsi perché le coste sarde non siano deturpate da norme anticostituzionali».