A Sarah Netanyahu proprio non piacevano le pietanze preparate dal cuoco, pagato ‎dallo Stato, impiegato presso la residenza ufficiale di suo marito e primo ministro ‎di Israele, Benyamin Netanyahu. E per questa ragione, per diverso tempo, pur ‎avendo uno chef a disposizione ha ordinato pasti in ristoranti stellati spendendo ‎quasi 100mila euro del contribuente israeliano. Ci sono voluti anni per arrivarci e ‎alla fine i giudici hanno deciso di incriminarla per frode. Ora Sarah Netanyahu ‎rischia il carcere ma può raggiungere un accordo con la magistratura se si ‎dichiarerà colpevole e indennizzerà lo Stato restituendo la cifra indicata nell’atto ‎di accusa. Tuttavia l’ammissione di colpa avrebbe riflessi politici immediati per il ‎marito, coinvolto in indagini per truffa, che ha sempre sostenuto di non aver mai ‎violato la legge e di essere vittima, assieme alla moglie, di una campagna mediatica ‎orchestrata dall’opposizione e dai suoi rivali per costringerlo a farsi da parte. ‎

‎ La moglie di Netanyahu, nota per impulsività ed arroganza nei confronti del ‎personale di servizio, è stata più volte accusata di ricercare a tutti i costi uno stile ‎di vita sontuoso con il denaro dei contribuenti e di intromettersi in affari di stato. ‎In passato però è sempre uscita indenne dalle indagini. Questa volta no e le ‎conseguenze del passo fatto dai giudici potrebbero rivelarsi pesanti. Assieme a lei ‎è stato stato incriminato Ezra Saidof, un alto funzionario dell’ufficio del primo ‎ministro addetto alla contabilità. Nell’atto di accusa, lungo una ventina di pagine, ‎si afferma che entrambi hanno agito per addossare allo Stato spese di gestione ‎della residenza del premier a Gerusalemme e di quella privata di Cesarea che non ‎erano previste dai regolamenti. Le casse statali avrebbero perciò finanziato uscite ‎non autorizzate. ‎«Accuse assurde e deliranti‎» replicano gli avvocati della first ‎lady. ‎«È la prima volta al mondo che la moglie di un leader viene processata per ‎cibo offerto su vassoi usa-e-getta‎», ironizzano, sostenendo che la maggior parte ‎dei pasti non fu consumata dalla famiglia Netanyahu ma durante cene ‎diplomatiche. Aggiungono che la moglie del premier ‎«non è una dipendente ‎statale e non conosceva le procedure‎» per la gestione della residenza ufficiale del ‎primo ministro. Forse. Ma non tutto, insiste la procura, si è svolto in buona fede ‎come vorrebbero far credere gli avvocati. La first lady e Seidof, riferiva ieri sera il ‎sito del quotidiano Haaretz, hanno fatto in modo da far apparire nei documenti ‎ufficiali il cuoco poco gradito come un operaio addetto alla manutenzione e non ‎uno chef, proprio per aggirare l’accusa di spendere inutilmente soldi pubblici per ‎acquistare pasti nei ristoranti.‎

‎ Quello che è certo in queste ore è la preoccupazione di Benyamin Netanyahu, ‎sui carboni ardenti per una vicenda che potrebbe travolgerlo poiché egli stesso è ‎sotto la lente d’ingradimento di polizia e magistratura. ‎

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