Lontana dai fasti glamour dell’hit disco di Thelma Houston Don’t Leave me this way – riletta negli ’80 con Jimmy Somerville e i Communards, Sarah Jane Morris ha diversificato nel corso dei decenni il repertorio, passando dal pop al repertorio di Brecht e Weill, fino al jazz e alla canzone d’autore e perfino un passaggio trionfale sanremese nel 1991, al fianco del vincitore Riccardo Cocciante. La rossa di Southampton non ha mai smesso di farsi affascinare dalle vocalità e dai ritmi del nostro paese che la vedrà nuovamente protagonista il 26 maggio ospite del A Vigevano Jazz, festival giunto alla seconda edizione.

A Vigevano lei celebrerà il centenario di Ella Fitzgerald. Ha scelto lei di onorare questa grande artista?

In realtà è stato il festival a chiedermi di fare questo omaggio. Non sono stata influenzata in modo particolare dalla Fitzgerald proprio perché non sono una cantante jazz ma Ella era una cantante preparatissima, per cantare come faceva lei devi obbligatoriamente conoscere la struttura della metrica mentre io non ho avuto alcuna preparazione musicale specifica. La mia reazione alla musica è sempre stata istintiva. Ho accettato comunque di omaggiarla perché era la migliore nel suo campo e io amo le sfide.

Quali sono state allora le voci che maggiormente l’hanno segnata?

Nina Simone che, come me, scriveva canzoni sulle tragedie del mondo. Per il resto, sento vicino Gladys Knight, Janis Joplin, Billie Holiday ma quello che mi commuove, soprattutto, è la loro anima.

L’Italia è una seconda casa per lei, ha anche collaborato con alcuni grandi artisti. C’è qualcuno con cui vorrebbe tornare a lavorare?

È dal 1980 che frequento l’Italia, rispondendo ad un annuncio pubblicato sul settimanale musicale Melody Maker, presi un volo per Firenze per aggregarmi a un gruppo blues locale, i Panama, successivamente ribattezzato in Wop Avenue. Riguardo i «miei» artisti italiani, c’era un rapporto speciale con Pino Daniele. Stavo per lavorare con lui per la seconda volta, ma è morto. Amavo infinitamente la sua musica, specialmente i suoi primi dischi.

Fin dagli esordi lei ha sempre manifestato un forte impegno politico con i laburisti. Che ne pensa della Brexit e delle elezioni anticipate annunciate da Theresa May?

Dall’inizio della mia carriera mi considero una cantautrice socialista. Scrissi una canzone per l’associazione delle mogli dei minatori mentre nel 1992 composi l’inno per la campagna elettorale di Neil Kinnock ma ancora prima di cantare professionalmente mi sono sempre apertamente schierata coi laburisti. Riguardo la Brexit, penso sia stato un verdetto viziato da menzogne, colpi bassi, inganni e ho addirittura perso alcuni amici dopo accese discussioni riguardo al tema. Purtroppo in Inghilterra, la sinistra non ha praticamente una copertura stampa, se non nei social media ma forse questa, paradossalmente, potrebbe essere la nostra arma di salvezza perché, se i giovani votassero, sono convinta che i Tories non vincerebbero.