Domani saremo ancora una volta ad Assisi insieme a cinquemila giovani di più di cento scuole di tutt’Italia. Ad aprire il corteo saranno un lungo striscione arcobaleno e una scritta: «Abbattiamo i muri». E gli amici di Fiumicello, la comunità di Giulio Regeni. Nelle stesse ore in cui Papa Francesco e il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, con un atto di straordinario coraggio politico, saranno tra i profughi dell’isola di Lesbo, torneremo a marciare sulla via della nonviolenza.

Sarà un’anticipazione della PerugiAssisi che il prossimo 9 ottobre tornerà a riunire il popolo della pace e allo stesso tempo un evento originale.

Protagonista sarà la scuola, una scuola invisibile agli occhi dei grandi media abituati a vedere solo gli episodi di incuria, violenza, gossip e polemica politica. Una scuola fatta di studenti costretti a crescere in un mondo schifoso, dove ogni giorno veniamo a sapere di una nuova orribile strage di innocenti, di uomini trucidati, di bambini affogati, di donne violentate, di ospedali e scuole bombardate, di lapidazioni, decapitazioni, torture, sofferenze disumane, di muri che si costruiscono, di istituzioni che crollano, di porte che si chiudono, di lavoro che scompare, di paure che crescono. Una scuola fatta di insegnanti e dirigenti scolastici che credono in quello che fanno, che cercano costantemente di innalzare la qualità dell’educazione dei propri studenti, di innovare i percorsi didattici all’insegna dell’educazione alla cittadinanza glocale, alla responsabilità e alla pace, di aprire le aule al territorio e al mondo che le circonda.

Ad Assisi porteranno i risultati di un anno di scuola in cui si è cercato di fare i conti con le sfide cruciali del nostro tempo come le guerre e le migrazioni e con i grandi temi dell’informazione, dell’ambiente, dell’economia, dei diritti umani, dei giovani, dell’Europa e del Mediterraneo. Alcuni studenti ci diranno dell’impegno che hanno profuso per pensare e progettare la «pace a km 0», nella propria scuola, quartiere, città. E sarà una grande lezione per tutti quelli che non sanno mai cosa fare per la pace. Con altri, che sono andati alla ricerca del significato autentico delle parole, cercheremo di capire come si fa a disertare la guerra quotidiana delle parole e costruire un argine a quelli che speculano sulle paure e sull’indignazione dei cittadini, che vogliono sostituire il buonismo con la cattiveria, che ad ogni dichiarazione approfondiscono le divisioni, creano nuovi nemici ed erigono nuove barriere.

Assieme a loro ci saranno cinquanta ragazzi e ragazze, giovani, insegnanti, animatori culturali, preti e amministratori locali di Fiumicello arrivati ad Assisi per illuminare l’altra storia di Giulio Regeni. A tre mesi dalla sua barbara uccisione, mentre il generale Al Sisi è costretto ad uscire allo scoperto negando l’evidenza, noi vogliamo accendere i riflettori sulla storia di una persona cresciuta in una famiglia e in una comunità che si prende cura dei suoi figli in modo aperto e responsabile. Ad Assisi oggi ascolteremo la storia di un ragazzo che non sapeva cosa fosse l’indifferenza, che aveva voglia di conoscere, di capire, di pensare in grande, di andare sino in fondo nelle cose, di essere parte attiva di una società ormai senza confini, impegnato a migliorare questo nostro mondo.

Mentre continuiamo a chiedere verità e giustizia per la sua fine tragica dobbiamo fare in modo che la sua storia di responsabilità possa girare nelle scuole di tutto il paese e generare nuove passioni e impegno. Lo dobbiamo fare con la consapevolezza che la storia di Giulio Regeni è anche la storia di tante ragazze e ragazzi a cui non diamo mai la giusta attenzione, il giusto rispetto e rilievo, il meritato ascolto e riconoscimento. Giovani che rimbalzano alle cronache solo dopo una tragedia, com’è stato per Valeria Solesin. Giovani che non possiamo più permetterci di lasciare ai margini.

La pace si allontana e le sfide che dobbiamo affrontare sono immense. Eppure ci sono tanti giovani che abitano questo mondo globalizzato e non si rassegnano all’evidenza, che fanno i conti con il proprio potere e le proprie responsabilità, che cercano di capire cosa non va nel nostro modo di vivere e di “fare società” e di cambiare qualcosa nella propria vita costruendo nuovi rapporti economici, sociali, internazionali e con la natura. Sulle loro spalle ci sono il debito pubblico e tutti i problemi che non siamo riusciti a risolvere. Evitiamo di caricarci anche i nostri fallimenti e le nostre frustrazioni. Facciamogli spazio, incoraggiamoli ad esplorare strade nuove, lasciamoli andare ma non lasciamoli soli. Accompagniamoli senza pretendere di dargli troppe lezioni e imporre il nostro protagonismo. Con la cura e l’umiltà dei genitori di Giulio.

* Coordinatore Tavola della pace