Nel teatro dell’assurdo di scena in Calabria da quarant’anni può accadere che un’isola cosiddetta «ecologica» nella realtà si mostri per quel che è: una discarica di rifiuti che, con i suoi 3 milioni di metri cubi di capacità, risulta tra le più grandi del Mezzogiorno.

Quest’enorme buca sta sorgendo su un terreno che dal punto di vista sismico ed idrogeologico presenta diverse criticità, a partire dalla sua elevata permeabilità. Ciò comporterà inevitabilmente infiltrazione di percolato – sostanza prodotta dai rifiuti, altamente inquinante e nociva – che andrà ad inquinare le falde delle sorgenti che alimentano i serbatoi di acqua potabile che giornalmente si utilizzano per bere, cucinare, lavarsi. L’isola ecologica «Battaglina» sorge in uno dei luoghi più incantevoli di Calabria. A due passi dal parco archeologico di Scolacium, a Roccelletta di Borgia, nei luoghi natii di Cassiodoro, lì dove sono ancora intatti ed ammirabili i resti dell’antica colonia romana. E così a pochi chilometri dagli avanzi delle strade lastricate, degli acquedotti, dei mausolei, di altri impianti sepolcrali, della basilica e di un impianto termale, di un antico teatro romano che poggia sul pendio naturale della collina, sorgerà la discarica della «Battaglina» che, insieme a quella non lontana di Pianopoli, diventerà la pattumiera di Calabria. I due impianti a regime supereranno i 5 milioni di metri cubi di capacità! Emerge quindi chiaro il disegno politico della Regione, guidata dall’alfaniano di nuovo conio, Peppe Scopelliti, che ha stanziato oltre 250 milioni di finanziamento solo per potenziare discariche ed inceneritori. E neanche un centesimo per la raccolta differenziata. Questi soldi, ancora una volta, finiranno nelle tasche dei furbetti della monnezza, losche figure dell’imprenditoria regionale.

Una storia lunga 40 anni

Per capirne di più in questa intricata storia occorre fare un passo indietro lungo mezzo secolo. Era il 1967 e nella zona, in provincia di Catanzaro, fu realizzato un rimboschimento per mitigare il rischio idrogeologico. Questi stessi terreni dopo il rimboschimento vennero restituiti al comune di Borgia che si impegnò a salvaguardare lo stato dei luoghi, salvo poco dopo, in emergenza, chiedere un nulla osta per fare su quell’area una discarica temporanea. Nel 1996 è partito il progetto dell’isola ecologica con tutte le annesse richieste di autorizzazioni. E da lì ha preso inizio una battaglia senza soste con gli ambientalisti riuniti nel comitato «No discarica Battaglina». Nel 2007 gli attivisti hanno scoperto le enorme vasche in costruzione nell’area del cantiere. Insospettiti dalle dimensioni dei lavori hanno cominciato a studiare le carte accertando che il terreno su cui sta sorgendo quella che viene ben presto ribattezzata «la discarica più grande d’Europa», più estesa persino della romana Malagrotta, ha diversi vincoli ambientali che rendono fuori legge la costruzione. Una cinquantina di ettari e un investimento di 25 milioni da parte della società Sirim srl, ma anche ben 4 tipi di vincoli: usi civici, vincolo paesaggistico ambientale, vincolo idrogeologico e forestale, vincolo derivante da incendio. In particolare, dice l’attivista Domenico De Filippo: «L’area ricade in zona boscata interessata da macchia mediterranea derivante da rimboschimento con eucalipti e grandi querce, è stata danneggiata da un incendio, risulta distante dal torrente a valle solo 150 metri. Dal punto di vista geomorfologico l’intervento modificherebbe sostanzialmente il sistema di deflusso delle acque meteoriche». Nondimeno l’area è sottoposta a vincolo in merito agli incendi boschivi, è compresa in zona sismica di prima categoria, ricade in zona agricola categoria D ed è sottoposta a vincolo tutorio-forestale. Come se non bastasse, la discarica per rifiuti prevede, in un lotto da 456.000 metri cubi, anche lo smaltimento di rifiuti contenenti amianto. Una colata di amianto a poche centinaia di metri dal nucleo abitato del comune di Girifalco, in località Muruttu.

Il sequestro dell’area

Ma c’è di più. Nel 2010 il Nipaf della Forestale bloccava la costruzione della mega discarica, provvedendo a sequestrare materiale legnoso e di superficie boscata. Tante le violazioni di legge contestate, innumerevoli le condotte criminose, perpetrate anche grazie alla compiacenza dei comuni e della Regione. Gli accertamenti hanno messo in risalto che il terreno era interamente coperto da bosco proveniente da attività di rimboschimento fin dagli anni Sessanta e come tale soggetto a specifico vincolo idrogeologico di natura inibitoria e a vincolo paesaggistico ambientale per essere stato interessato da un incendio nel 2007. L’analisi dei documenti sequestrati aveva consentito agli inquirenti di evidenziare che Sirim aveva avviato la realizzazione dell’invaso presentando atti ritenuti in parte falsi al fine di superare i vincoli inibitori esistenti. Contro il provvedimento di sequestro dell’area veniva proposto ricorso al Tribunale del Riesame che rigettava il ricorso confermando il sequestro. La Cassazione, con sentenza numero 16592, il 30 marzo 2011 confermava l’ordinanza del Riesame sollevando numerosi rilievi in ordine alla procedura autorizzativa. Ma, inaspettatamente, il 26 ottobre del 2012 il Gip di Catanzaro disponeva l’archiviazione del procedimento penale provvedendo al dissequestro e alla restituzione dei beni.

La mobilitazione dei No-discarica

Le domande e i dubbi sollevati sono tanti. Come mai i giudici hanno dissequestrato l’area? Ci sono grossi interessi in ballo? Perché si sono avallate situazioni di gravità inaudita come queste? Come mai Regione e Provincia hanno dato l’autorizzazione? Anche gli agricoltori e la Coldiretti sono in campo al fianco dei comitati. «E’ veramente una scelta irresponsabile – affermano – che può solo arricchire i soliti noti per poi lasciare territori di incommensurabile storia e prestigio a fare i conti con la le pattumiere che rimangono come ferite aperte e putride. Questa è l’ennesima puntata di uno sviluppo che non vogliamo e che può mettere a serio rischio la salute. Non possiamo tollerare che manine discole mischiano le carte sulla pelle dei cittadini. E’ quindi fondamentale che la Giunta regionale, che è parte fondamentale nel procedimento autorizzativo, chiarisca fino in fondo se si tratta di isola ecologica oppure di un sito che può smaltire oltre 3milioni di metri cubi di rifiuti. L’una cosa si scontra con l’altra alimentando una zona grigia che genera le legittime preoccupazioni».

Ieri è stato il giorno della mobilitazione di piazza. Il Comitato, sostenuto dai sindaci della zona e da tante realtà sociali della regione, ha invaso le vie cittadine di Borgia con una manifestazione per sensibilizzare il comune e chiedere la sospensione dei lavori. Bandiere rosse e verdi di partiti, sindacati, associazioni e movimenti sociali. E soprattutto un fiume di cittadini. La risposta arriverà il 16 gennaio. La lotta è solo agli inizi.