Sollecitati da Opzione Zero che si batte contro la devastazione dei territori tra le province di Padova e Venezia, l’associazione «Re:Common» ha recentemente fatto richiesta alla Cassa depositi e prestiti di accesso agli atti concernente il prestito concesso alla società Cav, che gestisce il famigerato Passante di Mestre. Società pubblica nata per la gestione del Passante e l’accollo dei costi che Anas S.p.A ha sostenuto inizialmente per la sua costruzione, un debito che oggi ammonta a quasi un miliardo di euro.

La richiesta fa seguito a un’altra inviata mesi fa alla Banca Europea per gli Investimenti, che ha prestato 350 milioni di euro alla Cdp che ha intermediato il prestito poi concesso a Cav (il trasferimento è avvenuto nell’aprile 2013, con una commissione di 8,2 milioni di euro a carico di Cav), secondo uno schema di scatole cinesi che rende sempre meno tracciabile e controllabile l’utilizzo dei fondi pubblici di queste istituzioni.
La Cdp non ha tardato a rispondere, in maniera tranchante, escludendo che «Re:Common» abbia la legittimità per fare una tale richiesta di accesso ad atti. Modestamente ci siamo rivolti all’on. Daga che prontamente ha presentato una richiesta analoga su carta intestata della camera dei deputati. La solerte Cdp anche in questo caso non ha tardato a rispondere, negando, anche se in maniera più garbata, l’accesso agli atti.

E’ legittimo chiedersi a questo punto chi avrebbe il diritto in Italia di conoscere cosa Cdp finanzia in concreto – oltre i suoi azionisti in senso stretto, ovvero il Ministero dell’Economia e 65 fondazioni bancarie, se almeno a loro è permesso sapere dall’onnipotente presidente della Cassa Franco Bassanini. Difficile che sia concesso di saperlo ai risparmiatori postali (24 milioni di italiani), d’altronde loro forniscono «soltanto» 235 miliardi di euro (!) alla Cassa accettando un tasso lordo del 2 per cento – forse visti come gli «scemi del villaggio Italia» dai vertici della Cassa.

Non alla società civile nelle sue forme organizzate e che rappresentano un interesse pubblico diffuso. Non al Parlamento ed i suoi membri che rappresentano il popolo sovrano. Non agli stessi (presunti) beneficiari dei prestiti, tipo le piccole e medie imprese, che spesso non riescono ad ottenere neppure i mutui della Cdp dopo la dubbia intermediazione delle banche su questi. Non pensiamo neanche di concepire che gli enti locali, che sempre meno ottengono i mutui della Cdp, per altro a tassi oramai di mercato, abbiamo diritto a sapere.
Insomma, non disturbate i manovratori di Cdp che «fanno crescere l’Italia», come recita il loro nuovo slogan. Perché chiedere di sapere, se va tutto bene?

D’altronde esiste soltanto un’indagine della magistratura in corso sulla corruzione legata agli appalti delle Grandi Opere in Veneto che ha coinvolto in pieno una delle società, la Mantovani SpA, protagonista nella costruzione del Passante di Mestre, ed è chiaro che da mesi i vertici si spendono perché quel miliardo di debito venga rifinanziato con il perverso meccanismo dei «project bond» promossi da Bruxelles e dalla Banca europea per gli investimenti, che con il loro intervento puntano a migliorarne il rating e rivenderlo ai fondi pensione e agli investitori istituzionali.

Ma le resistenze sono molte anche a Bruxelles: seppure il meccanismo sia pensato per «rilanciare» progetti economicamente e finanziariamente non sostenibili in tutta Europa, sembrerebbe che la situazione di Cav sia troppo disastrata anche per questo…

In maniera socratica, possiamo tutti dire che quando si parla di Cdp «sappiamo di non sapere».