Dopo Bagnoli Jungle di Antonio Capuano e prima dell’incursione elettorale a Napoli del premier Renzi per ufficializzare il piano di Bonifica dell’area ex-Italsider di Bagnoli tra le contestazioni e la polemica assenza del sindaco De Magistris, Sandro Dionisio ha girato Voce ‘e sirena tra le macerie del rogo doloso appiccato tre anni fa a Città della Scienza sempre nella stessa area. Dionisio, cinquantasettenne intellettuale napoletano da sempre politicamente impegnato, autore indipendente e non-riconciliato, voce discordante rispetto alla facile retorica napoletana della denuncia a comando e del politicamente corretto, è solo al terzo lungometraggio di fiction dopo La volpe a tre zampe e Un consiglio a Dio ma da artista poliedrico ha alle spalle un’intensa attività di musicista, drammaturgo, regista teatrale, sceneggiatore e regista di vari cortometraggi, documentari e videointerviste (ha lavorato con De Santis, Amelio, Marco Risi, Nanni Loy, Scaparro, Rosi, Martone).

Ora è intervenuto quasi in tempo reale sul luogo dell’attentato di matrice camorristica per mettere in cortocircuito l’orrore del presente e il fascino mitologico del passato, il disegno criminoso di colpire una delle eccellenze culturali campane e l’insopprimibile canto di resistenza della società civile ma anche per sottolineare con un provocatorio paradosso una nuova bellezza involontariamente prodotta dalla criminalità e che va filmata. «Quando ho visto in televisione le immagini dell’incendio, sono rimasto naturalmente turbato ma anche attratto da quelle macerie. – dice Dionisio – E ho subito chiamato un amico operatore e un tecnico del suono per fiondarci sul luogo del misfatto. Volevo raccontare un’emozione a caldo e quando siamo arrivati a Città della Scienza non ho potuto fare a meno di esclamare «Che bello!» tra lo sconcerto e il comprensibile imbarazzo dei dirigenti della Fondazione Idis, che poi hanno capito il motivo della mia reazione». E in effetti le forme irregolari delle macerie diventano qualcos’altro grazie anche alle musiche di Maria Pia De Vito, Danise, dei Panoramics, un groviglio di finte sculture, di apparenti tronchi, qualcosa tra certe creazioni di Mimmo Paladino, certi disegni e quadri di William Kentridge, le mutazioni proteiformi alla Transformers. A lui interessa più raccontare gli effetti delle tragedie contemporanee che denunciare la scontata origine e dopo Un consiglio a Dio, anche con Voce ‘e sirena fa interagire il cinema del reale e la finzione scenica, continua un esperimento di cinema cross-over che è un’intersezione di linguaggi diversi (cinema di finzione, documentario, repertorio, teatro) apparentemente contrastanti, eppure complementari per il racconto di una realtà stratificata e complessa come quella di Partenope.

E come per il film precedente, sulle macerie filmate, sui materiali documentaristici ha innestato un espediente narrativo di fiction affidato a due donne interpretate con intensità espressiva e pertinenza psicofisica da Cristina Donadio, la nuova protagonista femminile della seconda serie Gomorra da maggio su Sky, e Rosaria De Cicco. «Voce ‘e sirena – spiega il regista – è una meditazione sulla barbarie, sulla ferita millenaria che affligge la città di Napoli. A partire dal rogo del sito museale di Città della Scienza due voci, quelle della funzionaria di polizia Patrizia e della popolana locale Sofia (la Napoli borghese e la Napoli popolare) s’interrogano sul nuovo insulto alla città, attraversando le rovine ancora fumanti del rogo, riscoprendovi le radici mitiche e mitologiche di una bellezza indomabile. Il loro dialogo è inframmezzato dalle testimonianze di alcune tra le voci artistiche e intellettuali più rappresentative della cultura nazionale che hanno il compito di riflettere sulle vicende di una città sonnacchiosa e crudele, sempre in bilico tra catastrofe e bellezza suprema». Insomma Dionisio parte da un drammatico evento che si è consumato in poche ore e da uno spazio preciso e circoscritto per attraversare la città nel tempo.

«Voce ‘e sirena – dice – è un canto alla Sirena, a quel ’mare di sotto’ mitologico che affiora ciclicamente alla superficie della vita della città che più di ogni altra non sa e non vuole rinunciare alla propria porosa memoria. L’eco remota del mito di fondazione non ha mai abbandonato l’immaginario della città, lo spirito della sirena continua a risuonare nella storia di Napoli, fino ai nostri giorni, reincarnandosi in figure nuove, come Patrizia, santa venuta dal mare, emblema femminile della capitale barocca. Questa volta la ferita, l’icona di bellezza non colta, si materializza sotto la forma dell’insulto alla città perpetrato con il rogo dell’area museale di Città della Scienza. Territorio devastato eppure ancora vibrante di memorie e voci della città che cerco di evocare e raccontare». Il film, in fase di post-produzione, sarà pronto per i primi di maggio.

«Ci tengo a sottolineare che si tratta di un’operazione a no budget, sono riuscito a realizzare questo film grazie a un sempre più raro spirito di solidarietà artistica. E vorrei che questo sguardo su una tragedia culturale e sulla città arrivasse a quanti più spettatori, sono in contatto con un paio di possibili distribuzioni e naturalmente mi piacerebbe che fosse visto in qualche festival internazionale prestigioso come Locarno». Dionisio è impegnato anche su altri fronti e ogni tanto riesce a portare avanti tra mille difficoltà qualche progetto teatrale e polemizza senza mezzi termini: «Oggi fare del teatro indipendente a Napoli è quasi impossibile. Il teatro da anni è gestito da clan privati e pubblici, da produttori bravi ma arroccati nel loro spazio e da responsabili dello Stabile e di strutture istituzionali che chiudono gli accessi alla programmazione e ai cartelloni a qualunque operatore non risponde a certe logiche».