«Le sanzioni all’Iran facilitano l’ulteriore diffusione del virus, per questo rivolgo un appello affinché l’Italia e l’Unione europea chiedano agli Stati uniti una sospensione delle sanzioni in modo che possa arrivare al più presto in Iran tutto il materiale sanitario necessario ad affrontare l’emergenza».

È con queste parole – di buon senso – che il senatore del Movimento 5 Stelle Vito Petrocelli, presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama, ha affrontato l’emergenza del coronavirus nella Repubblica islamica mentre gli iraniani celebravano ieri un macabro Capodanno persiano.

[do action=”citazione”]Con 1237 morti e 20mila infettati distribuiti in tutte le 31 regioni, l’Iran è al terzo posto per casi di coronavirus dopo la Cina e l’Italia. Ma potrebbe essere in pole position perché non c’è modo di fare il test a tutti i malati, negli ospedali vengono ammessi soltanto i pazienti in condizioni critiche e solo questi fanno statistica.[/do]

A TEHERAN L’ATMOSFERA è surreale: il governo non ha imposto di restare a casa ma gli iraniani hanno paura anche se poi, secondo la Croce Rossa iraniana, 3 milioni di persone (su 82 milioni) hanno osato partire comunque. Se le regioni più colpite sono il Gilan e il Mazandaran (a Nord), molti hanno scelto di dirigersi a Sud, in auto, sperando che le temperature più calde nella zona centrale di Shiraz siano un ostacolo alla diffusione del virus. Al casello 2400 persone sono state però fermate per il controllo della temperatura e, in caso di febbre, rimandate a casa. La gita fuori porta non sarà semplice: gli hotel e i mercati sono chiusi, campeggiare nei parchi è vietato, restano aperti solo gli alimentari e le farmacie.

NON ERA MAI SUCCESSO che per le festività del nuovo anno gli iraniani restassero a casa, nemmeno durante la guerra Iran-Iraq (1980-88). Le autorità della Repubblica islamica non hanno imposto la chiusura degli uffici e delle attività commerciali, ma chi può lavora da casa. Gli iraniani sono consapevoli che i numeri forniti dal governo sono ben al di sotto di quelli reali ma nessuno – tantomeno i medici – osa dichiarare cifre diverse perché rischierebbe il carcere.

A testimoniare la gravità della situazione sono le immagini satellitari dell’ampiamento del cimitero della città santa di Qum (epicentro dell’epidemia iraniana), i morti tra i politici, il divieto di celebrare funerali e di lavare i cadaveri come prevede la tradizione musulmana, nonché la recente chiusura dei mausolei di Masumeh a Qum (meta ogni anno di 2,5 milioni di pellegrini stranieri e di 20 milioni di iraniani), dell’Imam Reza a Mashhad, di quello a Jamkaran e la moschea Abdol Azim a Teheran.

[do action=”citazione”]Chiusura recepite con violenza dai radicali, incuranti del fatto che baciare la grata delle tombe dei santi contribuisca all’escalation dell’epidemia.[/do]

Oltre al virus, in Iran il problema è la carenza di mascherine e guanti protettivi per il personale sanitario e – soprattutto – di medicine a causa delle sanzioni statunitensi.

Ed è su questo che insiste il senatore Petrocelli: «Nella comune lotta contro il coronavirus, non ci deve essere una sola persona che muoia per colpa di sanzioni o embarghi economici. L’Iran è in prima linea, come l’Italia, nell’impegno contro questo nemico globale e deve avere il diritto di fronteggiarlo in modo efficace per evitare ulteriori diffusioni. Purtroppo, le sanzioni economiche Usa in vigore da anni impediscono al sistema sanitario iraniano di affrontare adeguatamente l’emergenza pandemica per l’impossibilità di procurarsi sul mercato internazionale i dispositivi medici e sanitari necessari. Sono vicino al popolo iraniano in questo grave momento di difficoltà».

LE PROPOSTE DEL SENATORE 5 Stelle si scontrano con l’incoerenza del presidente statunitense.

[do action=”citazione”]Donald Trump che, se da una parte chiede il rilascio dei detenuti americani nelle carceri iraniane per timore che si ammalino, dall’altra impone ulteriori sanzioni contro Teheran e blocca il prestito chiesto dal presidente moderato iraniano Rohani al Fmi.[/do]

Da parte loro, anche le autorità di Teheran non sono granché coerenti: se per Trump il coronavirus è cinese, per l’establishment della Repubblica islamica il virus è made in the Usa e l’epidemia «un attacco biologico americano».