Barack Obama ha firmato: le sanzioni Usa contro il Venezuela, approvate dal Congresso, diventano così esecutive. Sono dirette ai «funzionari responsabili di violazioni ai diritti umani» e contemplano il congelamento dei beni e il rifiuto dei visti. Obama assume dunque appieno la posizione delle destre venezuelane, i cui rappresentanti hanno più volte fatto ricorso alle istanze internazionali per chiedere sanzioni contro il proprio paese. Tra i più accaniti, i due ex golpisti Maria Corina Machado (grande amica di George W. Bush) e Leopoldo Lopez, in carcere in attesta di giudizio con l’accusa di aver diretto le proteste violente scoppiate a febbraio (43 morti e centinaia di feriti).

La maggioranza delle vittime è stata provocata dalle guarimbas, barricate di chiodi, detriti e fil di ferro, messe in atto nei quartieri bene della capitale e in quegli stati (soprattutto al confine con la Colombia) in cui si sono verificati gli attacchi più cruenti. Violenze durate mesi a seguito di una campagna lanciata da Machado, Lopez e dal sindaco della Gran Caracas, Antonio Ledezma per chiedere l’espulsione dal governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro (la salida). Un piano preordinato dall’esterno, secondo il governo bolivariano, volto al controllo delle risorse petrolifere e a quello del contrabbando di frontiera (un business di molto superiore a quello del traffico di droga). Un tentativo già messo in atto nel 2002 con il golpe contro l’allora presidente Hugo Chavez, riportato in sella a furor di popolo dopo la breve parentesi dell’imprenditore Carmona Estanga e la sospensione delle garanzie istituzionali. Anche allora, in primo piano c’erano Machado, Lopez e l’ex candidato alla presidenza Henrique Capriles Radonski. Durante le proteste, le autorità venezuelane hanno pubblicato un tariffario in base al quale venivano pagati paramilitari per provocare morti di piazza oppure omicidi mirati. Una lunga indagine e le intercettazioni video di un gruppo di estrema destra, attivo durante le proteste, hanno portato all’estradizione dalla Colombia di due leader dell’organizzazione Javu e alla conferma di quell’interpretazione. I due pianificavano attentati nelle discoteche e omicidi selettivi, come quello che ha poi portato alla morte del giovane deputato chavista Robert Serra. Le conversazioni intercettate fanno esplicito riferimento sia al paramilitarismo dell’estrema destra colombiana, capitanata dall’ex presidente Alvaro Uribe che alle relazioni con Machado e i leader dell’opposizione oltranzista venezuelana. Obama si è già espresso pubblicamente per chiedere la liberazione di Lopez e così hanno fatto le destre europee e quelle di opposizione nei paesi del Latinoamerica in cui governa la sinistra, come in Brasile.

Anche il Comitato vittime delle guarimbas si è rivolto agli organismi per i diritti umani delle Nazioni unite e ha chiesto udienza al Parlamento europeo: «Vogliamo che il mondo conosca la verità sui fatti violenti accaduti nell’aprile del 2013 e poi da febbraio a giugno del 2014», scrive il Comitato, denunciando di essere stato «oscurato» dalle iniziative delle destre venezuelane. Nell’aprile del 2003, dopo l’elezione di Maduro a presidente (di misura ma regolare, secondo gli osservatori internazionali), Capriles incitò le piazze «a sfogare l’arrabbiatura» e il saldo fu di 11 chavisti uccisi.
Tra le persone colpite dalle sanzioni vi sarebbero l’ex ministro degli Interni, Miguel Rodriguez Torres e la Procuratrice generale Luisa Ortega Diaz, insieme ad alcuni governatori degli stati in cui più acuti sono stati gli scontri (come Gregorio Vielma Mora, che governa il Tachira) e anche al presidente dell’Assemblea Diosdado Cabello. Come già nel 2011, potrebbe essere presa di mira la Cigto, la società di raffinazione venezuelana con sede negli Usa, dipendente dall’impresa petrolifera di stato, Pdvsa. E il Venezuela potrebbe vendere la Cigto.

Lunedì scorso, il popolo chavista ha manifestato numeroso contro le sanzioni. «Voglio essere inclusa anch’io nell’elenco», ha detto la ministra delle Carceri, Iris Varela. E tutti i leader del chavismo hanno rispedito al mittente le sanzioni: «Misure insolenti – ha commentato Maduro – prese dall’élite imperiale Usa, non hanno funzionato per Cuba, figuriamoci da noi». Sanzioni che, per il ministro degli Esteri Rafael Ramirez «non hanno niente a che vedere con i diritti umani, perché altrimenti gli Stati uniti dovrebbero rivolgerle prima di tutto a loro stessi, ma che sono dirette contro chi osa levare la bandiera del socialismo e costruire nuove alleanze». Nel 2015 – ha aggiunto Ramirez – il Venezuela assumerà la presidenza dei Paesi non allineati, «e continueremo a smascherare la politica degli Stati uniti».

I leader di opposizione hanno accolto con favore o cercato di minimizzare le sanzioni, quelli dei paesi socialisti latinoamericani hanno protestato contro «un insopportabile atto di arroganza». «L’abbassamento del petrolio è provocato dagli Usa per colpire Venezuela e Russia, Obama sbaglia, farebbe meglio ad abolire la pena di morte», ha detto il presidente boliviano, Evo Morales.
Intanto, «il governo della strada» non si ferma. Giovedì i lavoratori delle fabbriche recuperate hanno presentato il nuovo piano di crescita economica, sostenuto dallo stato.