A naso verrebbe da dire che le nuove sanzioni varate dagli Usa nei confronti di Mosca incidono notevolmente sull’economia russa, se è vero che colpiscono alcune banche, qualche società di oligarchi che gravitano intorno al sistema di potere putiniano e Igor Sechin, che di questo stesso sistema ne è uno uomo chiave. Ex capo dell’amministrazione presidenziale, guida attualmente Rosneft, colosso petrolifero di Stato. Ma un conto sono le impressioni, un altro l’impatto reale. dato che i rapporti economici russo-americani non sono così intensi e che è il solo Sechin e non Rosneft a essere finito nel mirino, è lecito attendersi che Mosca non deraglierà, davanti ai provvedimenti della Casa Bianca.

Diverso il discorso delle sanzioni europee. L’Ue con la Russia ha relazioni economiche molto più strette. Importa volumi massicci di energia, esporta merci e tecnologia (necessaria all’industria russa), investe con strumenti finanziari. I 28, se volessero, potrebbero mettere all’angolo il Cremlino. Se volessero, appunto. Perché le sanzioni non vanno in questa direzione. Bruxelles ha allungato la lista nera di alti funzionari di stato e politici della Crimea, dell’est ucraino e della Russia. Ma di strozzare l’economia russa non se ne parla, dato che anche l’Europa ne risentirebbe. Specie se Mosca, come rappresaglia, dovesse chiudere i rubinetti del gas.

L’Europa è dipendente dalle forniture russe. Coprono almeno il 30% del suo fabbisogno. Ne consegue, dicono gli esperti, che se Bruxelles dovesse approvare un altro giro di sanzioni lo farebbe al limite sull’export tecnologico verso la Russia, ma non sul gas. E se anche dovesse arrivare a tanto, Putin si coprirebbe esportando verso la Cina, pur se la cosa è strategicamente insidiosa. La superpotenza asiatica, con la sua stazza economica e demografica, incute timore. Meglio non dissetarla troppo.

Tra chi compra più gas, in Europa, ci sono Germania e Italia. Berlino non intende compromettere le relazioni energetiche con la Russia, ma al contempo non rinuncia a sostenere il governo di Kiev. Quanto all’Italia, la situazione dell’Eni è un po’ una cartina di tornasole. Il cane a sei zampe non solo compra gas da Gazprom, il gigante russo del settore, ma ha una partecipazione nel tratto offshore di South Stream, l’ambiziosa pipeline, controllata dalla stessa Gazprom, che porterà gas siberiano al Tarvisio passando dal fondale del Mar Nero e dai Balcani. Scaroni, l’ad uscente di Eni ha appena spiegato al New York Times che l’Europa non è pronta a fare a meno del gas russo, lasciando intendere che è meglio evitare lo scontro totale sull’Ucraina.

Ha però riferito che, d’accordo con le decisioni dell’Ue, Eni è pronta a pompare in Ucraina, via Slovacchia, una parte del gas che compra da Mosca. In tal modo Kiev alleggerirebbe la dipendenza da Gazprom, a cui deve tra l’altro 3,5 miliardi di euro per le forniture. Tema molto delicato di cui si potrebbe discutere a Varsavia il 2 maggio. Europa e Ucraina chiedono a Mosca di sedersi al tavolo e negoziare.

Torniamo al punto di partenza: le sanzioni. Non toccano il gas e non infastidiscono troppo Mosca. Ma qualche effetto, soprattutto psicologico, sono destinate a produrle. Stanno infatti creando un po’ di allarme tra gli investitori, già preoccupati per via della congiuntura difficile che attraversa la Russia, il cui Pil, quest’anno, potrebbe restare fermo sullo zero, se non andare in recessione. Gli investitori potrebbe stringere i cordoni della borsa, con tutto il corredo di conseguenze che ciò comporta. A questo va aggiunta la caduta del rublo, che negli ultimi tempi ha perso parecchio valore sul dollaro e sull’euro.

Quello che sembra certo è che Putin ha messo in conto queste dinamiche. Dal suo punto di vista la partita ucraina val bene una recessione. L’obiettivo del presidente russo è mantenere un’influenza su Kiev, evitando che scivoli verso l’area euro-occidentale e ponendo le basi affinché possa ancorarsi, quando e se le condizioni politiche lo permetteranno, allo spazio economico e doganale post-sovietico che Mosca sta costruendo: l’Unione eurasiatica.