Al centro dello scontro tra Fiom e Cgil c’è il «Testo unico» sulla rappresentanza firmato da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria lo scorso 10 gennaio. Il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, lo ha criticato per due motivi, uno di metodo e uno di merito.

Secondo Landini, il testo non è valido perché Camusso lo ha firmato senza discuterne prima con gli organismi direttivi, portandolo semplicemente a una ratifica postuma nel Direttivo Cgil del 17 gennaio: e trasformando quindi la pronuncia del «parlamentino» Cgil in un voto di fiducia sulla segretaria. Per questo motivo, il leader della Fiom ha chiesto il voto dei lavoratori sul documento.

Ancora, nel merito, Landini segnala che nel testo si prevedono sanzioni per i delegati e le categorie che non rispettano gli accordi siglati con le imprese – il che inibirebbe le libertà sindacali – e un collegio arbitrale, formato da membri delle confederazioni e delle aziende, che limiterebbe l’autonomia delle categorie.

Susanna Camusso ha ribadito più volte che quello del 10 gennaio è «solo un regolamento attuativo dell’accordo del 31 maggio 2013, che era stato già approvato dagli organismi della Cgil e dalla stessa Fiom», e che quindi «ogni allarme è inesistente». Al contrario per Landini, e anche per Nicola Nicolosi, come per Gianni Rinaldini e Giorgio Cremaschi, nel testo del 10 gennaio sono state inserite vere e proprie novità di merito (appunto le sanzioni) e per questo motivo l’accordo avrebbe bisogno di un passaggio attraverso il voto dei lavoratori.