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Sanzioni-boomerang, l’energia russa va altrove

Sanzioni-boomerang, l’energia russa va altroveLavori in corso alla conduttura di gas naturale tra Cina e Russia, nella provincia cinese di Hai'an – Ap

Crisi ucraina Materie prime a prezzi scontati: India, Turchia e Cina si dividono quel che l’Europa non compra più. Probabili le pesanti conseguenze sul piano industriale dei paesi Ue. A favore dei rivali

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 19 agosto 2022

La società francese Kpler, impegnata nel settore delle materie prime, ha pubblicato negli ultimi giorni un rapporto interessante sulla Russia.

Secondo gli analisti di Kpler Mosca sta riuscendo a vendere tutto il carbone che aveva in programma di esportare, nonostante le sanzioni. Già a giugno i russi erano riusciti a piazzare all’estero sedici milioni e mezzo di tonnellate, il 3,5 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2021.

A luglio tutti prevedevano un calo proprio per le misure restrittive approvate dall’Europa e dagli Stati uniti. Ma Cina e India, sostengono sempre a Kpler, avrebbero assorbito la quota in eccesso. Per spingerli a comprare i russi hanno introdotto notevoli ribassi.

A GIUGNO il carbone consegnato ai porti di Amsterdam, Rotterdam e Anversa era quotato 370 dollari a tonnellata. Quello venduto a luglio a cinesi e indiani fra i 180 e i 185 dollari. Praticamente metà prezzo.

Il caso del carbone mostra da una parte i limiti delle misure economiche che i governi europei hanno approvato a partire da febbraio per ottenere dalla Russia la fine della guerra in Ucraina, e apre, dall’altra, una serie di interrogativi sulle conseguenze che questa dinamica produrrà.

La tendenza è ancora più evidente con il petrolio. L’Agenzia internazionale dell’energia ha stimato in due milioni e duecentomila barili al giorno il calo delle esportazioni russe verso Stati uniti, Unione europea, Gran Bretagna e Corea del Sud dall’inizio dell’invasione.

Un milione e mezzo di barili in più, però, la Russia li ha venduti ogni giorno a Cina, India e Turchia. A marzo l’export verso l’India era irrilevante. A giugno i russi sono diventati il primo fornitore del paese davanti a Iraq e Arabia saudita.

LE QUOTAZIONI ELEVATE hanno permesso loro un taglio di 19 dollari a barile rispetto ai rivali, restando comunque sopra i cento dollari. La sete di petrolio dell’India è, peraltro, al centro di interessanti riflessioni.

Il governo non solo non ha aderito alle misure internazionali per la guerra in Ucraina, ma ha chiesto pubblicamente alle società di stato di alzare il livello delle scorte acquistando grandi quantità di petrolio russo a prezzo scontato.

«LE NOSTRE DECISIONI in materia dipendono esclusivamente dalla nostra sicurezza energetica», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Arindam Baghci. È possibile, però, che una parte di quel greggio sia finito anche altrove. Da Washington sono già arrivati segnali di attenzione.

Il numero due della Reserve Bank, la Banca centrale indiana, Michael Patra, ha parlato di un carico russo arrivato a New York dopo essere passato proprio per l’India e ha chiesto massima attenzione alle autorità per evitare di infrangere leggi.

È sul gas, tuttavia, che la questione assume rilevanza strategica per l’Europa. I rifornimenti fuori dai confini dal Csi sono diminuiti in un anno, secondo gli ultimi dati di Gazprom, del 36 per cento. Il calo ha colpito soprattutto i paesi dell’Unione, perché i volumi di gas diretti in Cina crescono costantemente sulla base di accordi a lungo termine.

IN EUROPA la questione industriale è legata a quella politica. La Germania ha fermato a causa della guerra il gasdotto Nord Stream 2. La Russia ha rallentato le forniture attraverso Nord Stream. Il traffico attraverso l’Ucraina è dimezzato.

Eppure il colosso dell’energia registra incassi elevati per effetto delle quotazioni record. Ieri, ad Amsterdam, il mercato di riferimento per i paesi europei, il metano ha chiuso a 241 euro/megawattora, il livello più alto che sia mai stato raggiunto.

LE ALTERNATIVE esistono, ma comportano costi difficilmente sostenibili. «Il gas non va più in Europa», ha scritto in settimana il quotidiano economico russo Kommersant.

Per l’Unione europea la fine di una fase segnata da energia a basso costo grazie alle materie prime russe rischia di provocare pesanti conseguenze sul piano industriale. Per la Cina, l’India e la Turchia l’arrivo di materie prime a prezzi scontati rappresenta un enorme vantaggio competitivo, un vantaggio che sul lungo periodo potrebbe modificare gli equilibri produttivi globali.

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