«O[/ACM_2]leg, dimmi, quali sono gli argomenti più ricorrenti, oggi, nelle conversazioni tra amici o in famiglia? Avete qualche preoccupazione in più per la vita quotidiana?» chiedo al telefono a un amico moscovita. «La situazione in Ucraina è al centro di tutti i temi. Se poi ti riferisci alle sanzioni, i negozi sono ancora pieni di prodotti occidentali». Nonostante le «scorte», però, le previsioni economiche ufficiali non sono rosee per il prossimo futuro; senza parlare del pericolo di un repentino e drammatico aggravarsi del confronto con Usa e Nato.

Qualcosa cambierà nella vita quotidiana dei russi, già dal prossimo 1 settembre: e non si tratta dell’aumento di prezzo delle bevande alcoliche, dovuto all’aumentato costo delle licenze di produzione. Non si tratta nemmeno del fatto che, al contrario, alcune merci russe – prodotti ittici, carne suina e ovina e anche alcune materie prime per l’industria – nei negozi stranieri potranno costare meno, grazie alla riduzione delle tasse di esportazione.

Più prosaicamente, secondo newsru.com, il Ministero dell’Economia prevede che, a causa di sanzioni e aumenti delle tasse, i salari reali non cresceranno. Per il 2014-2015, il Ministero pronostica: inflazione superiore alle previsioni, rallentamento dei consumi, debole domanda di investimenti. Se prima delle sanzioni Usa e Ue, si poteva prevedere una crescita del Pil dell’1% per il 2014, ora ci si è assestati sullo 0,5%. Il Ministero considera la situazione attuale «sull’orlo della recessione», ma spera, soprattutto, in una ripresa degli acquisti di gas in Europa e Ucraina.

L’inflazione però passerà dal previsto 6%, al 7-7,5% nel 2014 e da 5 a 6-7% nel 2015. La crescita dei prezzi alimentari causata dalle contromisure russe, «aumenterà l’inflazione del 1% quest’anno e dello 0,5% il prossimo anno e ciò influirà su redditi e consumi: la previsione di crescita dei salari reali per il 2015 è scesa da 1,9 a 0,2% e il risultato sarà un forte rallentamento nelle vendite al dettaglio» dicono al Ministero.

Alcuni economisti ritengono tali stime ottimistiche, pronosticando un’inflazione al 9% per il 2014 e del 7,3% per il 2015. «Le sanzioni possono fornire impulso allo sviluppo della nostra produzione» dice il direttore dell’Istituto di Studi politici Grigorij Dobromelov.

«La situazione attuale può stimolare l’economia russa, così come avvenne nel 1998 con la caduta del rublo e il default. Le sanzioni non sono così pericolose per noi come si pensa in Occidente».
Al di là delle fredde previsioni statistiche, come dichiara a Ria Novosti l’analista Sergey Utkin, l’obiettivo più urgente è «l’uscita della crisi ucraina. È chiaro che quando le persone reali stanno morendo, i problemi delle nostre derrate e altri mali sono relativi». La situazione in Ucraina e le sanzioni sembrano influire anche sul clima interno del paese: si raccolgono aiuti umanitari per il Donbass, si ospitano i profughi e non si chiede loro da che parte stiano.

Tra le novità annunciate, da settembre verrà richiesto agli immigrati in cerca di occupazione e privi di diploma di istruzione, di dimostrare la conoscenza di lingua, legislazione e storia russe: fino alla fine dell’anno si potrà, volontariamente, accedere a specifici test di cultura, che da gennaio 2015 saranno invece indispensabili per lavorare, risiedere o essere domiciliati.

La decisone non sembra però dettata dalle contingenze; sono anzi previste particolari facilitazioni e quote «privilegiate» proprio per i profughi ucraini, 44mila dei quali – sui 76mila registrati nei centri per l’impiego russi – intendono trovare un’occupazione permanente in Russia, ha detto il vice Ministro del Lavoro Aleksej Vovcenko, oltre i 15mila orientati a un lavoro temporaneo e agli 11mila già occupati. Oltretutto, secondo il Comitato parlamentare per gli aiuti agli oltre 730mila profughi dall’Ucraina, l’80% di essi intende tornare in patria.

Il momento particolare gioca invece un ruolo non secondario nel diverso atteggiamento dei russi verso gli immigrati in generale. Stando ai dati del Centro Levada, «la crisi ucraina e la contrapposizione con l’Occidente hanno posto temporaneamente in secondo piano l’importanza delle problematiche legate all’immigrazione» e ai rapporti con le diverse etnie. Se a ottobre 2013 si era registrato il picco di sentimenti xenofobi, con il 66% degli intervistati che aderiva allo slogan «La Russia per i russi», oggi la percentuale è del 54%. Alla domanda se ritengano possibili scontri sanguinosi per cause etniche, a ottobre rispondeva affermativamente il 62% degli intervistati, contro il 24% di un mese fa.

Anche se è vero che, come si sottolinea, le precedenti fobie si sono ora riversate su «occidentofili» e «fascisti ucraini» e solo il 16% ritiene gli immigrati un bene per l’economia russa. Secondo gli analisti del Levada, la minore popolarità degli slogan nazionalisti sarebbe associata al discredito dei nazionalisti in Ucraina e i russi sarebbero oggi meno insofferenti nei confronti degli immigrati dalle ex repubbliche sovietiche meridionali, senza però forse essersi liberati del tutto del «dannato spirito grande-russo» che nemmeno in epoca sovietica sembra essere stato completamente debellato.

Per quanto invece riguarda la «quotidianità», ieri solo il 6% degli intervistati si è detto «molto preoccupato» per l’isolamento internazionale della Russia, contro il 12% del marzo scorso. Le sanzioni «preoccupano abbastanza» oggi il 25% (era il 42% a marzo); «non molto» il 39% (31%) e «per niente» il 27% (era il 9% a marzo).
Di converso, le contromisure russe sono viste in maniera «decisamente favorevole» dal 36% degli intervistati e «piuttosto favorevolmente» dal 42%; «piuttosto negativamente» dal 8% e decisamente contrario è appena il 5%.

La politica presidenziale sembra dunque impermeabile al piano di Washington di un cambio di poteri a Mosca dovuto allo scontento dei russi, anche se il favore riscosso della politica di Putin è sceso dal 87% di inizio agosto al 84% di tre giorni fa. In ogni caso, il cielo non è affatto sereno, per nessuno.