Nuova serie per M di Michele Santoro, il docudrama in quattro serate che mescola storia, giornalismo e teatro, tutta incentrata questa volta sul caso Moro attraverso i ritratti di: Giuliano Andreotti, Enrico Berlinguer, Tommaso Buscetta e Licio Gelli, al via il 10 maggio in prima serata su Rai3.  Ci sono – ha spiegato lo stesso Santoro durante la presentazione anche: «Elementi completamente inediti, emersi dalle indagini agli atti della commissione parlamentare d’inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro e trasmessi alla Procura di Roma». I protagonisti rivivranno con le loro parole ma nell’interpretazione di altrettanti attori: rispettivamente Remo Girone, Ninni Bruschetta, Claudio Castrogiovanni e Andrea Tidona.

Punto di partenza di ogni puntata saranno cinquanta minuti di una fiction che ricostruirà il periodo storico, partendo dai giorni del sequestro Moro fino ad arrivare agli inizi degli anni ’90. A fare da filo conduttore sarà la vicenda di Mino Pecorelli, direttore di OP-Osservatore Politico, ucciso in circostanze misteriose a un anno dal rapimento di Aldo Moro. «Nella nostra fiction è tutto vero, tranne il personaggio di Silvia, la fotoreporter di sinistra (interpretata da Antonietta Bello, ndr), che all’inizio quasi quasi simpatizza per le Br ma poi indagando si rende conto che i brigatisti sono pedine, magari involontarie, di un disegno politico. La fiction viaggia verso le svelamento delle novità investigative emerse solo ora», ha sottolineato Santoro.

Subito dopo, in studio, seguendo le modalità che avevano caratterizzato anche la prima stagione del programma, i cinquantacinque giorni del sequestro rivivranno come se la vicenda si stesse svolgendo in tempo reale e al pubblico a casa verrà chiesto di interagire per misurare come è mutata la sensibilità degli italiani rispetto ai temi che allora divisero l’opinione pubblica. Ovviamente la questione che divise opinione pubblica e classe politica: bisognava o meno trattare per salvare la vita di Aldo Moro? «Lo sforzo che seppero fare Moro e Berlinguer per andare contro le pance dei loro partiti – aggiunge Santoro – fa decisamente impressione, soprattutto visto in rapporto all’oggi dove si fa solo quello che viene imposta dalla rete».

E poi, a sorpresa, arriva la «provocazione»; l’annuncio della sua candidatura al Cda Rai. «Lavorando nel centro di produzione di Torino – spiega – mi sono reso conto, ancora un volta, di che patrimonio enorme di professionalità inutilizzate abbia la Rai». Per questa ragione l’anchor man campano ha deciso di sottoporre ai due rami del Parlamento la sua candidatura a consigliere d’amministrazione della Rai. Un programma che ha due punti fermi: primo la trasparenza totale dei costi delle trasmissioni, secondo è che il 40% della produzione deve essere affidata a produttori indipendenti. «Ci sono dei giovani produttori bravissimi che hanno la strada sbarrata e non hanno nessuna possibilità». «Magari non mi sceglieranno – chiosa Santoro – ma li costringerò comunque ad aprire un dibattito per scegliere una persona diversa da me e dalle mie idee».