Durante la sua recente visita all’ambasciatore del Cile in Italia, Fernando Ayala, abbiamo rivolto alcune domande a Carolina Toha. Classe 1965, sindaca di Santiago dal 6 dicembre del 2012, Toha rappresenta il Partito per la Democrazia (fondato da Ricardo Lagos), di cui è stata presidente.

Perché ha deciso di ripresentarsi come sindaca della capitale?
La gestione comunale fornisce grandi opportunità di cambiamento per la società odierna: soluzioni efficaci e innovative per questioni chiave come il cambiamento climatico, la disuguaglianza sociale, l’identità culturale, il disincanto dei cittadini nei confronti della politica, le risposte di coesistenza nella diversità. Mi presento di nuovo perché abbiamo bisogno di un altro po’ di tempo.
Quali difficoltà deve affrontare per questa seconda volta?
In Cile stiamo vivendo una profonda crisi di fiducia nella politica. La nostra gestione municipale può vantare i progressi realizzati in tutti i settori previsti dal nostro programma, ma l’atmosfera nel paese è rarefatta e Santiago non è un’isola. Quello che è successo in Cile è il sintomo di una democrazia che non si è messa al passo con i tempi e ha continuato a operare usando le chiavi della transizione e del XX secolo in un paese che intanto è cambiato, è diventato più esigente, non accetta i privilegi, l’opacità o gli accordi a porte chiuse che hanno caratterizzato la politica tradizionale. Oggi si stanno facendo riforme profonde per affrontare tutti questi problemi, ma la rabbia e la sfiducia della gente non andrà via così facilmente.

Quali sono i principali problemi della città?
Il problema principale, a Santiago, è di gran lunga la disuguaglianza. In un paese con alti livelli di disuguaglianza com’è il Cile, le città hanno riprodotto queste ingiustizie e talvolta le hanno amplificate. Questo si traduce nella segregazione dei più poveri nella periferia, nelle carenze del sistema di trasporto pubblico, nella qualità inferiore dell’infrastruttura urbana nei quartieri con meno risorse, in una distribuzione ineguale di mezzi alla polizia, delle aree verdi, in una enorme differenza nella qualità delle scuole in tutti i settori di più o meno ricchezza. Il problema ambientale è un’altra grande sfida, sia per la qualità dell’aria che per la gestione dei rifiuti. Dobbiamo avere il coraggio di limitare l’uso dell’auto, per incoraggiare i combustibili decisamente più puliti, l’efficienza energetica e il riciclaggio su larga scala. A questi problemi si aggiunge la mancanza di politiche efficaci per generare uno sviluppo immobiliare intelligente, che rispetti il patrimonio e l’identità dell’ambiente, che porti inclusione sociale, costruisca quartieri di qualità e non solo business. Problemi risolvibili, e penso che stiamo facendo progressi significativi in ognuno di questi campi.

Com’è stata la relazione con i movimenti sociali?
I movimenti sociali sono molti e variegati. Uno dei cambiamenti di questa epoca è che la società civile è diventata più complessa, diversificata e mutevole. Perciò, abbiamo imparato che le modalità di partecipazione dei cittadini e di dialogo con i movimenti sociali devono essere diversificate: dai tavoli di quartiere, alle consultazioni pubbliche, ai municipi, ai consigli con molteplici attori fino al bilancio partecipativo, ai consigli scolastici, ai progetti di costruzione concordati tra municipio e comunità. Un esercizio, per noi, di grande apprendistato in cui non sono mancati disaccordi e tensioni con i movimenti sociali. La partecipazione non è un antidoto ai conflitti, ma è un modo per elaborarli molto più adatto ed efficace delle decisioni unilaterali d’autorità. Alla fine si devono comunque prendere delle decisioni, ma queste risultano decisamente migliori quando sono accompagnate da processi partecipativi.

La perdita di sostegno da parte delle presidenti di Brasile e Cile, e prima di Cristina Fernandez in Argentina, indica l’esaurimento della spinta che ha portato le donne a dirigere lo stato? E questo può influire sulla scelta di candidare donne alle prossime presidenziali in Cile?
Io non la vedo così. Quando abbiamo avuto difficoltà e bassi indici di consenso per presidenti uomini, a nessuno è venuto in mente di farne un problema di leadership maschile. Le tre presidenti che abbiamo avuto di recente in Sudamerica rappresentano un enorme cambiamento culturale nella regione, che non cambierà per un sondaggio. Infatti, in Cile la valutazione della leadership femminile rimane molto alta e molti dei nomi che si stanno facendo come possibili candidati alla presidenza sono di donne.

In Cile c’è un gran ritorno indietro sulla parità fra uomini e donne nella composizione del gabinetto ministeriale, rispetto al primo governo Bachelet. A cosa lo atribuisce?
Nel suo primo mandato, la presidente Bachelet ha preso una serie di impegni molto precisi per quanto riguarda la formazione del suo gabinetto: parità tra uomini e donne ed esclusione delle persone che erano state precedentemente ministri. In questo secondo governo non ha preso queste misure, non ne conosco le ragioni, ma a differenza di otto anni fa, ora a presiedere il Senato c’è una donna, è donna la presidente della Central Unitaria de Trabajadores e della principale federazione degli studenti, la Fech, e c’è anche la sindaca di Santiago. Le donne avanzano nonostante non abbiano pari rappresentanza nel gabinetto ministeriale. Il nostro nuovo sistema elettorale implica quote di genere nelle elezioni parlamentari e siamo in procinto di votare una legge per legalizzare l’aborto terapeutico. Sono progressi importanti, anche se molto resta da fare.

Tuttavia, il disegno di legge sull’aborto terapeutico incontra molti ostacoli. Come pensa potrà essere raggiunto un accordo?
In Cile l’aborto è ancora del tutto illegale. C’è molto conservatorismo nel mondo politico, non solo nell’opposizione, ma anche nella coalizione di governo. Tuttavia, la società si è evoluta e la maggior parte dei cileni sostenere l’approvazione di questo progetto. Sono sicura che la legge andrà in porto con l’attuale governo.

Qual è il livello di partecipazione politica delle donne in Cile?
Anche se è aumentata la partecipazione delle donne al lavoro, i nostri indici sono ancora i più bassi dell’America latina, e quelle che si inseriscono nel mondo del lavoro ricevono salari più bassi. Inoltre, svolgono una doppia giornata di lavoro perché continuano ad assumere da sole la cura dei bambini o delle persone a carico e il peso delle faccende domestiche. Tutto questo influenza la partecipazione politica delle donne perché la politica finisce per essere una terza giornata di lavoro. Vi è poi un altro fattore determinante: la politica sta attraversando un momento di messa in questione e di sfiducia da parte dei cittadini e questo allontana molto le donne. Per fortuna, è aumentata la componente femminile nella leadership degli studenti e da lì sono venute fuori altre dirigenti. La riforma del sistema elettorale e la creazione del Ministero della donna e per l’uguaglianza di genere, offrono comunque maggior visibilità ai temi di genere nella struttura di governo.
Lei condivide la priorità data dal governo Bachelet alla gratuità nel sistema educativo superiore rispetto alla scuola primaria e secondaria?
Le riforme che si stanno facendo nel campo dell’istruzione scolastica hanno un effetto ancora più profondo della gratuità dell’educazione superiore. Prima della gratuità dell’istruzione superiore, il governo ha approvato la Legge di Inclusione, che ha reso gratuita l’educazione scolare sovvenzionata, che riguarda oltre il 50% delle bambine e dei bambini in Cile. Inoltre, è stata istituita una nuova carriera di insegnante, si è creata una Vicesegreteria di educazione per la prima infanzia e si sta cambiando il quadro istituzionale dell’istruzione per la scuola pubblica. Sono cambiamenti enormi. Il fatto è che l’istruzione superiore gratuita avrebbe assorbito molte risorse rendendo difficile investire nell’educazione scolastica. Un rischio che si è potuto evitare perché la gratuità dell’educazione superiore si sta realizzando in modo graduale, e così si attutisce l’impatto finanziario a breve termine.