Invoca l’indulto ma non l’amnistia, il primo presidente della Cassazione, Giorgio Santacroce, nel suo discorso di apertura dell’anno giudiziario pronunciato ieri nell’Aula magna del “Palazzaccio” davanti al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che pure l’8 ottobre scorso aveva sollecitato il Parlamento a considerare «necessari» nell’immediato entrambi i «rimedi straordinari». Santacroce invece, se da un lato riconosce l’«inderogabile» urgenza del problema del sovraffollamento carcerario a cui non c’è altra soluzione «che l’indulto», dall’altro coglie l’occasione per bacchettare coloro che in questi tempi hanno parlato di «collasso o sfascio o stato comatoso di una giustizia indistintamente evocata: termini che – aggiunge il presidente della Cassazione – paiono oggettivamente mistificatori della situazione che caratterizza il sistema penale».

Di fronte a una manciata di ministri – assente Enrico Letta e presente per la prima volta il Guardasigilli del Lussemburgo Vassillios Skouris –, Santacroce ricorda anche che tra i «gravi inadempimenti degli obblighi assunti dal nostro Paese» davanti all’Europa c’è pure la mancata introduzione del reato di tortura e il persistere di processi in contumacia. Ma lo sguardo della ministra di Giustizia Annamaria Cancellieri vola più alto quando dice che «l’ambizione è quella di non limitarsi a una mera esecuzione burocratica della sentenza di Strasburgo», «ma di cogliere questa occasione per avviare una profonda revisione del modello di detenzione».

A supporto del suo ragionamento riguardo indulto e amnistia – quest’ultima però non viene mai nominata –, il presidente della Suprema corte fornisce anche alcuni dati. Per Santacroce, se da un lato i 120 giorni che rimangono alla deadline imposta dalla Corte europea dei diritti umani sono troppo pochi ormai per trovare una soluzione all’emergenza penitenziaria attraverso «riforme di sistema», e dunque non c’è «altra via che l’indulto per ridurre subito il numero dei detenuti» scarcerando chi «non merita di stare in carcere ed essere trattato in modo inumano e degradante», dall’altro «l’andamento della giustizia penale non presenta un quadro di criticità accentuato rispetto a quello degli anni scorsi, anche se non si registrano significativi miglioramenti nella durata dei procedimenti». Spiega il magistrato che allo scorso 30 giugno risultavano iscritti 3.333.543 procedimenti penali contro autori noti, «con un aumento dell’1,8% rispetto all’anno scorso». Che non è poco. Il presidente della Cassazione riconosce poi anche quell’«irragionevole durata dei processi» che è costata all’Italia molte condanne europee: «La durata media dei procedimenti penali, dalla iscrizione della notizia di reato fino alla sentenza definitiva, è stata di circa cinque anni», rivela. Il vero «imbuto che rallenta tutto lo svolgimento del processo penale nel circuito dell’impugnazione, rendendo indifferibili interventi organizzativi e normativi», aggiunge, sta nelle corti d’Appello dove la media dei processi è lontana dai parametri di Strasburgo anche se in lieve diminuzione: da 899 a 844 giorni.

Una lettura dei dati che viene contestata dai Radicali, il cui fondamentale impegno a favore dell’amnistia come soluzione al problema dell’illegalità dello Stato italiano è stato riconosciuto anche dal presidente Napolitano: «Santacroce minimizza, ma è lui stesso ad ammettere che c’è un aumento dei procedimenti pendenti contro autori noti – ribatte Rita Bernardini, segretaria di Radicali italiani – chissà perché però l’1,8 milioni di procedimenti contro ignoti vengono estromessi dalle statistiche». E riguardo alla durata media dei processi, Bernardini ricorda che «cinque anni di media vuol dire che si arriva a picchi davvero oltre ogni ragionevole durata, anche perché c’è una larga fetta di imputati senza disponibilità economiche che rinunciano a presentare ricorso in Appello o in Cassazione». Una critica che comunque non è da ascrivere al «persistente stato di tensione tra magistratura e politica» che «rappresenta una vera e propria spina nel cuore per noi magistrati» di cui ha parlato il presidente della Cassazione.

Ma se per Valerio Spigarelli, presidente dell’Unione delle camere penali, «Santacroce ha dato un’indicazione pragmatica, onesta e coraggiosa sulla necessità di un indulto» e «di utilizzare nei confini più ridotti possibili la custodia cautelare», di tutt’altro avviso sono invece il presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli – che piuttosto sottolinea l’esigenza di «riforme strutturali, mentre l’indulto è un intervento emergenziale» – e il vicepresidente del Csm, Michele Vietti, che commenta: «Certamente il Parlamento dovrà riflettere sull’indulto, ma non credo che sia l’unica strada da percorrere».

I Radicali invece insistono sull’amnistia con manifestazioni che si terranno oggi e domani «presso le 26 Corti d’appello di tutta Italia, dentro e fuori i palazzi» dove proseguono le cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario. E questa mattina non saranno soli: anche l’Oua, l’Organismo unitario dell’avvocatura, manifesterà in segno di protesta contro la riforma governativa della geografia giudiziaria che non piace nemmeno all’Unione delle camere civili e che invece Cancellieri ha difeso ieri a spada tratta: «Garantirà significativi risparmi e maggiore produttività», ha detto. Ma i rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni forensi che oggi cercheranno di incontrare la Guardasigilli a Cagliari, dove è attesa, ribattono: «Non vuole un vero dialogo, ora dovrà ascoltarci».