Nell’inchiesta sulle violenze ai danni dei detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, il caso della morte del detenuto algerino con problemi psichici Lakimi Hamine, avvenuta un mese dopo quel terribile 5 aprile 2020, era stata stralciata dal fascicolo, considerata dal Gip Sergio Enea non direttamente legata ai pestaggi e ai soprusi. Ma la procura sammaritana ha presentato appello (l’associazione Antigone aveva sollevato il caso e il deputato Riccardo Magi aveva presentato una interrogazione alla ministra Cartabia) per omicidio colposo, chiedendo misure per 45 persone (15 in carcere, 30 ai domiciliari).

Ora spetta al Tribunale del Riesame di Napoli pronunciarsi, il 26 novembre prossimo. Mentre il 15 dicembre il Gup deciderà sul rinvio a giudizio chiesto per 108 indagati, tra agenti e funzionari. Rischiano il carcere, tra gli altri, Pasquale Colucci, comandante del gruppo di Supporto agli interventi, Anna Rita Costanzo, commissario capo del reparto Nilo e l’ex comandante del carcere sammaritano Gaetano Manganelli. Tra i 30 indagati per i quali i pm hanno invece chiesto i domiciliari c’è l’ex provveditore regionale alle carceri Antonio Fullone, che secondo la procura, contrariamente a quanto disposto dal Gip, sarebbe colpevole di maltrattamenti mediante omissione, ovvero di non aver impedito le violenze.