L’impegno del governo a «riformare il sistema dell’esecuzione penale» è stato ribadito ieri dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia durante la riunione con tutti i provveditori regionali dell’Amministrazione penitenziaria che si è svolta da remoto, alla presenza del garante nazionale dei detenuti Mauro Palma e ai vertici del Dap. La riunione fa seguito a quella tenutasi una settimana fa con i sindacati della polizia e delle figure professionali che lavorano nel mondo dell’esecuzione penale.

Il giorno dopo essersi recata di persona, insieme al premier Draghi, nel carcere della «mattanza» di Santa Maria Capua Vetere, e solo dopo aver parlato con la direttrice dell’istituto, con detenuti e operatori (si spera sia questo il motivo del suo ritardo), è stata finalmente resa nota la data – il 21 luglio – nella quale la Guardasigilli riferirà alla Camera e al Senato dei fatti di violenza che – grazie solo ai filmati – hanno «scosso le coscienze degli italiani e del corpo di Polizia penitenziaria», come ha affermato lo stesso Draghi durante la sua visita.

Ma per affrontare davvero il problema del sovraffollamento e delle pene alternative (e anche più riabilitative) bisognerebbe toccare almeno il tema delle depenalizzazioni, a cominciare da quelle relative ai reati di droga. Alla Camera in commissione Giustizia è stato appena depositato un testo base unificato per modificare l’articolo 73 della legge unica sulle droghe, depenalizzando i reati di «lieve entità», distinguendo le sostanze e legalizzando la coltivazione domestica per uso personale di cannabis.