Visioni

Santa Cecilia si inaugura con un’ode a Roma nel fuori scena delle immagini

Santa Cecilia si inaugura con un’ode a Roma nel fuori scena delle immaginiIl concerto inaugurale della stagione di Santa Cecilia

Musica Con la direzione di Iván Fischer, stasera l'ultima replica. L'ironia che manca nelle composizioni di Respighi è sullo schermo grazie a Yuri Ancarani, con un film girato a Cinecittà

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 14 ottobre 2023

S’intitola Roma il concerto inaugurale della stagione sinfonica 2023-2024 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Diretti da Iván Fischer alla testa del coro e dell’orchestra dell’Accademia, si sono ascoltati i tre poemi sinfonici che Ottorino Respighi ha dedicato alla città di Roma, nell’ordine: Pini di Roma, Fontane di Roma e Feste Romane. Inframezzati da due singolari e brevissime pagine di Franz Liszt, O Roma nobilis e Dell’alma Roma, per coro, forse i momenti più squisitamente musicali della serata. Un grande schermo si alzava sull’orchestra al posto dove di solito è seduto il coro, che ha invece cantato all’esterno della Sala di Santa Cecilia, dove si svolgeva il concerto, con un effetto quasi teatrale assai suggestivo di «fuori scena».

SULLO SCHERMO è stato proiettato un film di Yuri Ancarani che illustrava, durante l’esecuzione, ciascuno dei tre poemi sinfonici di Respighi. I Pini di Roma hanno visto, invece dei pini, scene d’epoca girate a Cinecittà. Con un effetto non improprio di profonda ironia nei confronti dell’andamento musicale del poema, che gli anglofoni definirebbero bombastic. L’ironia che manca nella musica di Respighi era restituita dalle immagini. Sempre Cinecittà è il palcoscenico degli altri due spezzoni del film, legati, nell’ordine, a Fontane di Roma e a Feste Romane. Un avvenente Cow Boy alla Terence Hill o alla Clint Eastwood gira per la Roma finta di Cinecittà e per quella vera delle rovine di Caracalla, della Villa di Adriano a Tivoli, del Colosseo, Piazza di Spagna, il Fontanone del Gianicolo, luoghi nei quali però si vedono agire anche altri personaggi. La musica di Respighi è così percepita come una colonna sonora. E la cosa non disturba, perché proprio dalle invenzioni orchestrali di Respighi sembrano nascere molte colonne sonore di molti film e la Roma dei poemi sinfonici è del resto una Roma finta quanto quella di Cinecittà. Tuttavia la qualità della scrittura, sospesa tra tardo respiro sinfonico francese alla Massenet, clima wagneriano e qualche annaffiata – in clima d’acqua – impressionistica, resta alta per merito dell’interpretazione assai lucida e in qualche punto addirittura spudorata – «lassatece passà», nell’ultimo pannello di Feste Romane – di Iván Fischer. Il pubblico sembra gradire molto questa insolita inaugurazione, e festeggia tutti quanti gli interpreti con fragorosi e calorosissimi applausi.

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