Forse c’è dietro una sofisticata e segretissima strategia comunicativa. Probabilmente la chiave per decifrarla sta nella parola buttata lì come per caso da Giancarlo Leone, direttore di Raiuno troppo navigato per essersela lasciata sfuggire: «Serenità», ormai sinonimo di avvertimento, minaccia, «state sereni» e si salvi chi può.
Invece c’è da temere che quello che si aprirà stasera al teatro Ariston di Sanremo sarà effettivamente, come negli annunci della vigilia, un Festival «senza perturbazioni», «tradizionale», dove tutto è come appare. Nessun testo da sorvegliare, nessun comico da imbrigliare, né un Grillo né un Apicella in arrivo, la commissione di vigilanza può andare a dormire tranquilla.

Cosa sarà allora Sanremo 2015? Un «meraviglioso carrozzone che riunisce le famiglie italiane», è la definizione del conduttore Carlo Conti, che – affiancato da Arisa, Emma e Rocio Munoz Morales – si affida al santo protettore Pippo Baudo, sull’onda dell’ultimo revival democristiano. «Agghiacciande», direbbe Maurizio Crozza nei panni di Antonio Conte, se solo tra gli ospiti ci fosse Crozza, invece di Conte. E qui, posto che correttamente il direttore Leone invita al garantismo, si potrebbe sollevare una polemica perché per il Ct della nazionale giusto ieri è stata confermata l’accusa di frode sportiva. Oppure perché all’Ariston si esibiranno Gianna Nannini e Tiziano Ferro, che i problemi con la giustizia li hanno per via delle tasse. Ma sempre nel solco della «tradizione» italiana – sportiva o fiscale che sia – si andrebbe a finire.

Di famiglie riunite ce ne saranno in abbondanza, da Al Bano e Romina (ma la reunion è un evento rifritto), agli Spandau Ballet alla famiglia Ananina di Catanzaro, che conta 16 figli (ecco, deve essere questa la bomba, una polemica nientemeno che con papa Francesco, che ha invitato a non procreare «come conigli»). C’è poi la famiglia «patto del Nazareno» nella sua articolazione aziendale, con Sanremo che per l’ennesima volta si conferma palcoscenico Raiset, tra amici di Maria (De Filippi) e comicità targata Cologno, da Luca e Paolo a Angelo Pintus di Colorado (insomma, la sorpresa è che Renzi non si è inventato niente). E c’è pure il «giglio magico», con i fiorentini Conti e il suo amico Giorgio Panariello (sfumata la partecipazione di Francesco Pieraccioni).

C’è infine l’incomprensibile ostinazione di Carlo Conti a voler mettere una pietra tombale sulla possibilità che Sanremo 2015 possa portare se non le solite polemiche toccasana per gli ascolti, una pur minima ventata d’aria fresca nel clima stagnante. La partecipazione di Conchita Wurst, la cantante con la barba vincitrice dell’Eurovision Song Contest nel mirino delle associazioni cattoliche? Niente paura, «verrà solo a cantare, non farà interviste». Famiglia e tradizione sono salve.