«Il teatro Ariston di Sanremo è un teatro come tutti gli altri e quindi, come ha chiarito il ministro Speranza, il pubblico pagante, gratuito o di figuranti, potrà tornare solo quando le norme lo consentiranno per tutti i teatri e i cinema. Speriamo il prima possibile». Il tweet mattutino di Dario Franceschini, è un macigno scagliato contro la Rai e l’organizzazione del festival che ha da tempo messo in moto la macchina organizzativa che consenta lo svolgimento in sicurezza – dal 2 al 6 marzo – della settantunesima edizione del festival dei fiori.

MA LA DICHIARAZIONE del ministro della cultura – che starebbe determinando secondo voci ricorrenti l’ipotesi del gesto clamoroso del conduttore e direttore artistico Amadeus di rassegnare le dimissioni – sembra in realtà un modo per evitare la vera questione che si fa sempre più stringente. Ovvero quella di fissare una data di riapertura certa dei luoghi della cultura: cinema, teatri, musei, dove il rischio di contagio – lo dimostrano i dati nei mesi successivi al lockdown – è bassissimo se non nullo. Anzi, sull’ipotesi si tace del tutto. Molto più semplice adeguarsi alle direttive del ministro della salute; per il futuro dello spettacolo d’altronde il ministero della cultura ha già messo in piedi – e stanziato finanziamenti – per la «salvifica» piattaforma streaming su cui si concentreranno tutti gli eventi legati all’immaginario.

A RIBADIRE IL CONCETTO, pur ovviamente in una posizione che tiene conto delle necessità del territorio, è lo stesso sindaco della città ligure, Alberto Biancheri: «Lo svolgimento del Festival di Sanremo al teatro Ariston, anche se in formato studio televisivo e con la presenza di pubblico circoscritta ai soli figuranti, rappresenterebbe l’occasione per dimostrare come cinema e teatri siano luoghi dove sono sempre stati osservati i più rigidi protocolli di sicurezza sanitaria, come ripeto da mesi. E ciò avrebbe rilanciato il dibattito su una loro riapertura in sicurezza, a vantaggio di un comparto – quello della cultura e dell’intrattenimento – tra i più colpiti dalle restrizioni Covid». Il paventato annullamento: «avrebbe conseguenze drammatiche».

LA POSIZIONE di viale Mazzini è nota: al di là della location Sanremo è un programma televisivo seriale e l’Ariston nei giorni del festival è da considerarsi a tutti gli effetti uno studio televisivo. Un luogo, dunque, dove dovrebbe essere concessa la presenza di un pubblico di figuranti funzionale allo show. Ed esempi ne abbiamo diversi in questi mesi anche sulla sponda Mediaset: dagli show della De Filippi ai talent, dove è presente un pubblico nel rispetto delle norme vigenti. L’accelerazione degli eventi determinato dalla lettera di Speranza e dal tweet di Franceschini, ha portato la dirigenza dell’azienda di viale Mazzini a un incontro che si è tenuto ieri con il Comitato tecnico scientifico. La Rai – a quanto si apprende – ha approfondito le linee guida del protocollo sanitario e organizzativo che sarà ufficialmente sottoposto al Cts all’inizio della prossima settimana. A quanto emergerebbe, a preoccupare non sarebbe tanto la gestione degli spazi chiusi, come l’Ariston ed eventualmente il Palafiori, quanto l’esterno dove si rischiano eventi imprevedibili e assembramenti. Un problema che si porrebbe indipendentemente dalla presenza del pubblico in platea e della realizzazione del festival a porte chiuse.

UNO STOP ALLA PRODUZIONE – la Rai ha già 30 milioni di pubblicità assicurata in bilancio e la prospettiva di una settimana di ascolti altissimi e senza concorrenza da parte delle altre reti – fa pensare che si arriverà a un compromesso finale con una riduzione dei figuranti in sala – dai 340 previsti a un’ipotesi di 200 – e un ancor più stringente protocollo di chiusure per eventi e incontri extra show nei luoghi della città.