Pnrr, misura 6 dedicata alla sanità territoriale, il governo va di corsa per non perdere i fondi Ue. Sul cosiddetto dm 71 l’accordo in Conferenza Stato – Regioni non c’è: dopo un primo rinvio per cercare la mediazione con la Campania (unica a opporsi), c’è stato il voto contrario del presidente De Luca a fine marzo. Giovedì nuovo round per ratificare in via definitiva l’opposizione della Campania, in serata il Consiglio dei ministri ha approvato una delibera motivata che autorizza il ministero della Salute ad adottare il decreto ministeriale (di concerto col Mef) sui «modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza territoriale». Si tratta della cornice che disegna i servizi.

Il passaggio di giovedì in Stato – Regioni è servito al governo per dimostrare di aver fatto tutti i passi prima di varare la riforma senza l’unanimità con i territori, in previsione di un possibile ricorso di De Luca alla Corte costituzionale. Distretti, ospedali e case di comunità, Centrali operative territoriali sono l’ossatura della riforma che resta elusiva sugli standard da assicurare in tutte le regioni, aprendo la porta alle disuguaglianze. Nei distretti gli standard sono: un infermiere ogni 3mila abitanti, un’unità di continuità assistenziale ogni 100mila. Niente per gli altri professionisti.

Per le case di comunità lo standard di personale è: 7/11 infermieri, un assistente sociale, 5/8 unità di personale sociosanitario e amministrativo. Nelle case di comunità hub sono previste molte funzioni (equipe multiprofessionali, specialisti, prelievi, servizi diagnostici e altro) ma è scritto: «La Cdc hub garantisce la presenza dei seguenti professionisti nell’ambito di quelli disponibili a legislazione vigente anche attraverso interventi di riorganizzazione aziendale». Non ci sono risorse nuove per le assunzioni.

Le strutture vanno inserite nel Programma della attività territoriali che «determina le risorse per l’integrazione socio-sanitaria a carico delle aziende sanitarie e dei comuni». I Comuni in dissesto e predissesto non potranno contribuire e le Asl sono in difficoltà, le differenze di prestazioni resteranno così come sono oggi. E infatti la presenza infermieristica h24 nelle Cdc hub è solo fortemente consigliata, i consultori e l’attività ai minori sono facoltativi, le vaccinazioni 0-18 anni e gli screening pure. I servizi per la salute mentale e le dipendenze raccomandati senza fortemente.

Per il personale si dovrà attendere la riforma delle cure primarie, il ministro Speranza ha già spiegato che i medici di medicina generale resteranno negli studi: delle 38 ore obbligatorie, solo 6 saranno nelle Case di comunità e 5 per progetti regionali. Andrea Filippi, segretario Fp Cgil Medici: «Serve un modello organizzativo integrato che comprende anche l’ospedale, in cui sia fluida la relazione e la collaborazione tra i professionisti con rapporti di lavoro e formazione coordinati e uniformi. Il ministro ripete che il modello è incentrato sugli studi dei medici di famiglia, non siamo d’accordo: così la riforma delle cure primarie creerà solo disorganizzazione impedendo la vera presa in carico del cittadino nelle strutture realizzate con il Pnrr».

Sulla bocciatura di una sola regione: «L’intesa è fondamentale per distribuire le risorse: è un processo unico attraverso cui vengono ripartiti i fondi (sia della legge di bilancio che del Pnrr), se non raggiungi un accordo con il governo entri in difficoltà. Alla Campania non vengono riconosciute le specificità, come la concentrazione demografica, per questo resiste. Risolvere con un atto unilaterale del governo, come sta avvenendo, senza intesa con le regioni che chiedono una definizione migliore degli standard del personale e un diverso inquadramento dei medici che lavoreranno nelle case di comunità, è il segnale del fallimento dell’esecutivo e dei ministeri competenti».

Sulle assunzioni: «Necessario sbloccare il tetto di spesa per il personale: negli ospedali mancano 43mila unità, non ci sono le risorse per stabilizzare i precari Covid in scadenza al 30 giungo, mancano le risorse per il personale delle case di comunità. Invece di insistere su modelli vecchi, come quelli incentrati sugli studi convenzionati dei medici di base, il ministero si dovrebbe preoccupare dei servizi ospedalieri in sofferenza. E di quelli territoriali, che rischiano di rimanere strutture vuote: senza risorse saranno esternalizzati».