Ho letto oggi, come sempre con interesse, l’articolo del prof. Ivan Cavicchi intitolato «Regioni in malafede sui tagli alla sanità». Non vorrei sbagliarmi, ma a me sembra che quei tagli alla sanità siano già stati concordati con le Regioni quando hanno firmato a luglio il Patto per la salute.

Diceva la ministra Lorenzin nel febbraio di quest’anno: «La mancanza di certezza economica in passato è servita da scusa o da giustificazione per non fare. Questo è il bilancio certo fino al 2017: sono previsti 109,902 miliardi per l’anno 2014; 113,452 per l’anno 2015; 117,563 per l’anno 2016 e 122.000 miliardi per l’anno 2017.

Il 10 luglio, dopo neppure 4 mesi, all’articolo 1 del patto si possono leggere queste cifre: “è confermato in 109.928.000.000 euro per l’anno 2014; è fissato in 112.062.000.000 euro per l’anno 2015 e in 115.444.000.000 per l’anno 2016». Del 2017 non si parla e dal «bilancio certo» di febbraio mancano tre miliardi e mezzo. Inoltre sempre l’articolo 1 continua: «Salvo eventuali modifiche che rendessero necessarie in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e a variazioni del quadro macroeconomico, nel qual caso si rimanda a quanto previsto all’art. 30 comma 2» che recita «in caso di modifiche normative sostanziali e/o degli importi di cui all’art.1 … la presente Intesa dovrà essere altresì oggetto di revisione». Mi sfugge che cosa ci sia dietro a quel «in caso di modifiche normative sostanziali» dato che il quadro macroeconomico è sotto gli occhi di tutti, e comunque è proprio malafede. Se non sto sbagliando, sarebbe utile un ulteriore messa a fuoco di Cavicchi. Cordiali saluti

Maurizio Nazari

 

La risposta

Il nostro lettore ha ragione , troppi ormai sono gli equivoci che caratterizzano il finanziamento e il definanziamento della sanità. Il balletto dei numeri non è altro che il segno di un gioco delle parti dal quale però le Regioni accondiscendenti ne escono “cornute e mazziate”. Ieri c’era un rito, ogni anno si facevano accordi reali sul finanziamento della sanità che regolarmente venivano bucati e che davano luogo ad altri accordi reali ecc. Oggi resta il rito ma gli accordi sono virtuali. Oggi i “patti”, che su questo giornale abbiamo definito non a caso «pacchi» sono delle sceneggiate, orchestrate da un governo fortemente autoritario ( “spending power”). La clausola regia che subordina la quantificazione del fsn è quella della compatibilità con il «conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica».

Le regioni hanno sottoscritto questa clausola e il governo le ha accontentate quantificando il fondo sanitario per tre anni. Con ciò esse, meschine , erano convinte di averlo finalmente incastrato con delle certezze finanziarie. Ricordo che Il governo Renzi nel definire il def aveva rinunciato a operare tagli lineari alla sanità per 2/3 mld ma per avere un ritorno di 10 mld con la spending review in tre anni. Oggi il governo ha bisogno subito di quei 2/3 mld e avvalendosi della clausula regia non solo ignora gli accordi sottoscritti con le regioni ma impone loro dei risparmi forzosi (4 mld) che non sono altro che tagli lineari. Vi do meno soldi perché esistono molti sprechi voi fate quello che vi pare. Il governo quindi da una parte quantifica virtualmente il fsn con il patto e dall’altra “a latere” impone alle regioni di tagliarlo per almeno 2 mld.

È inutile dire che in questa farsa perde di credibilità l’altra storiella dei risparmi che restano alla sanità, alla quale noi non abbiamo mai creduto. Oggi Renzi come un potente negromante trasforma i risparmi in tagli, gli accordi nel loro contrario, i poteri delle Regioni in simulacri vuoti. Il problema vero è quello dei poveri Cristi abbandonati ai loro destini tra regioni senza qualità e un governo senza scrupoli.

Ivan Cavicchi