Il ministro degli affari regionali Erika Stefani, fra un paio di settimane, presenterà una proposta di legge con la quale, proprio in nome dell’autonomia, saranno devolute al Veneto ben 23 materie, compresa la sanità.

A questa prima devoluzione seguiranno quelle della Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Liguria ecc.

La devoluzione della sanità significa che la sanità passerà dalla legislazione concorrente tra Stato e Regioni (le Regioni possono fare leggi ma rispettose delle regole fissate dallo Stato) a quella esclusiva delle Regioni le quali in pieno laissez faire e con la più ampia facoltà deregolativa, potranno decidere in barba ai principi dello Stato, quello che vogliono.

Grazie al ministro Stefani, e al governo gialloverde, a 40 anni dalla nascita del servizio sanitario nazionale, il servizio nazionale potrebbe morire, perdendo almeno due dei caratteri fondamentali che sino ad ora lo hanno contraddistinto in tutto il mondo: l’universalità e la solidarietà (tutti i cittadini sono curati allo stesso modo i cittadini più forti aiutano fiscalmente i cittadini più deboli senza limiti di spazio).

Le Regioni finanzieranno in proprio i loro sistemi sanitari e saranno autosufficienti, ogni regione farà sistema a se, gli squilibri che ci sono non saranno mai recuperati al contrario si accentueranno, le diseguaglianze e le discriminazioni nel paese, per esempio tra nord e sud, saranno messe a regime.

Quindi l’art 32 della Costituzione sarà riscritto. Non sarà più la Repubblica che tutelerà la salute delle persone ma una sua parte e limitatamente a precise aggregazioni sociali. Le Regioni senza Stato diventando, sulla sanità, a loro volta Stato, tuteleranno solo i propri residenti. Il diritto alla salute non sarà più un diritto assoluto cioè fondamentale, quindi uguale per tutti, ma diventerà un diritto discreto cioè relativo alla regione nella quale si vive. La collettività quindi non sarà più quella che l’art 32 intendeva a scala nazionale ma coinciderà con la popolazione residente in un preciso ambito territoriale.

Una giovane ministra che decide con un tratto di penna la sorte di una intera popolazione, il silenzio della sinistra soprattutto del sindacato confederale, il silenzio, a parte alcune sporadiche eccezioni, della sanità nel suo complesso, i tradimenti delle Regioni che una volta si definivano rosse e che ora rincorrono a destra i loro avversari politici sul loro terreno (Emilia Romagna, Toscana, Umbria) e da ultimo fino ad ora il silenzio del ministro della salute del M5S che si accinge a perdere di fatto il suo dicastero per devolverlo, a sua volta, a quello degli affari regionali, ma soprattutto che non ci fa sapere se esiste o no un concerto tra di lei e il ministro Stefani.

Personalmente sono convinto che, anche se la Costituzione, all’art 116, prevede la possibilità di devolvere delle materie dallo Stato alle Regioni, la sanità sia una materia “indevolvibile” e andrebbe chiesto a gran voce lo stralcio della sanità dalle materie che la proposta Stefani prevede di devolvere al Veneto e alle altre regioni.

Sono anche convinto che un vulcano che scoppia non sia un affare per nessuno tantomeno per il governo in carica. Tutti rischiano di restarci sotto. La Lega potrà prendere i voti del Veneto ma non prenderà i voti di chi grazie al Veneto sarà condannato alla minorità sociale. Il M5S se non chiederà lo stralcio della sanità si mostrerà succube della Lega, ma soprattutto negherà tutto quello che sino ad ora ha scritto nei propri programmi sulla necessità di difendere e rifinanziare questo sistema sanitario.

Il Pd che con Bonaccini (presidente dell’Emilia Romagna) ha già fatto votare dal proprio consiglio regionale, la devoluzione di 17 materie, compresa la sanità, in futuro, dove pensa di prendere i voti? Gli elettori di sinistra, soprattutto quelli della sanità, ma non solo, non voteranno un partito che così disinvoltamente tradisce, proprio sul terreno del welfare e dei diritti costituzionali, la propria storia. Senza dimenticare che alla base della proposta del ministro Stefani di devolvere la sanità alle Regioni, vi sono gli errori tragici che proprio i Ds fecero nel 2001 (governo Berlusconi) riformando il titolo V della Costituzione illudendosi di rispondere alla pressione leghista di allora con un federalismo taroccato.