A proposito di ordini e collegi e di senatori multi poltrone (Bianco Pd, Silvestro Pd, Mandelli Fi, D’ambrosio Lettieri Fi), poche terga ubique, 4 persone sedute contemporaneamente su ben 34 poltrone. Più o meno era la fine di luglio e a questo giornale sono arrivate le lettere astiose della senatrice Silvestro Pd, presidente dei collegi degli infermieri che ci accusava di dire delle falsità (manifesto 26 luglio) e della senatrice Pd De Biasi (presidente della commissione sanità), che relatrice sulla questione ordini e collegi con degnazione ci ricordava che «è il tempo del cambiamento non sprechiamolo facendoci del male», (manifesto 2 agosto 2014) .

Pochi giorni fa una delibera (145/2014) dell’ Anac (autorità nazionale anti corruzione) presieduta da Raffaele Cantone, ha sancito l’incompatibilità tra gli incarichi nelle amministrazioni pubbliche statali, regionali e locali e la carica di parlamentare. La delibera ha chiarito che gli obblighi di trasparenza quindi di incompatibilità relativi a eventuali conflitti di interesse valgono tanto per gli ordini che per i collegi professionali essendo essi enti pubblici. L’Anac ha semplicemente ripreso una legge che già esisteva (Dlgs 39/2013) e che avrebbe dovuto essere applicata da tempo e ci dice non solo che l’ubiquità delle terga è illegale ma che essa deve essere superata decidendo su quale seggetta sedere. La senatrice Silvestro e i suoi sodali, avevano ed hanno quindi torto marcio e oggi devono decidere se fare i senatori o i presidenti dei loro ordini.

All’indomani della delibera Cantone le dichiarazioni di questi bulimici del potere sembravano fatte tutte con lo stampino e tutte con insidiose allusioni: «approfondiremo», «valuteremo», «vaglieremo»… ma sappia l’Anac che comunque sarà il senato…cioè loro…a dire l’ultima parola. I nostri senatori si sono subito messi all’opera ma non per interpretare la delibera, bensì per tentare di evitarla . Dai resoconti parlamentari sappiamo dei loro emendamenti per affermare la «specificità» di ordini e collegi e la necessità di una «disposizione ad hoc» che li escluda dalle norme contro la corruzione e quindi dalla delibera dell’Anac e…udite udite… la commissione igiene e sanità del senato presieduta dalla senatrice, l’onorevole Pd De Biasi «esprime parere favorevole» a trattare la questione «con disposizione ad hoc». La strategia è chiara ed è quella della deroga e dell’eccezione.

L’eccezione alla regola significa che ciò che vale per i più non vale per i meno. La «norma ad hoc», diventa praticamente la chiave di lettura di un potere personale arbitrario quello che gli antichi definivano arbitrium brutum che si dimostra sovrano, cioè oltre la legge, oltre Cantone ,perché ha il potere di decidere per l’appunto lo stato di eccezione .Ma all’impudenza non c’è mai fine e alcuni di loro, come il senatore D’Ambrosio Lettieri, capogruppo di Fi alla commissione igiene e sanità del senato e vicepresidente Fofi (farmacisti) da una parte cerca di sottrarsi al regime dell’anticorruzione dall’altra propone, pensate un po’, di nominare nelle Asl dei responsabili locali anticorruzione.Tanta coerenza è davvero commovente!

Questi campioni dell’arbitrium brutum oggi non sono solo un problema di moralità pubblica, quel che è peggio è che si sono rivelati come un boomerang per le categorie che rappresentano. Medici infermieri e farmacisti hanno creduto che mandando i loro santi patroni in paradiso potessero ricavare un qualche vantaggio , ma questi santi dati alla mano fanno tutto meno che miracoli. Mai come in questo momento gli operatori soprattutto medici, infermieri (800 mila persone) sono così a terra, così divisi tra loro, in balia di una drammatica svalutazione del lavoro senza sapere cosa fare, senza una difesa efficace quindi senza deontologia che li difenda.

Noi nell’interesse primario di queste persone riteniamo, al contrario dei santi fasulli, che ordini e collegi debbano essere vincolati agli obblighi previsti dalla legge anticorruzione e se proprio si vuole una norma ad hoc proponiamo di ripristinare il delitto di interesse privato in atti di ufficio, abrogato nel 1990. Vorrei ricordare che le norme contro questo reato, che sta distruggendo la credibilità tanto degli ordini che dei collegi, sono il fondamento dell’United States Code nella lotta alla commistione tra interessi pubblici e privati e che l’articolo 324 cp, abrogato nel nostro paese, non a caso prevedeva la «reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa».

Considerando i fatti cioè la corruzione dilagante non mi sembra per niente una esagerazione.