Su un mega-palco da concertone a Piazza del Popolo a Roma inondata di sole, davanti a una platea di delegati sindacali della Funzione pubblicadella Cgil seduti distanziati con le mascherine e le bandiere, ieri il ministro della Sanità Roberto Speranza ha declinato ancora una volta i criteri che il governo vorrebbe seguire per tornare a finanziare la Sanità al tempo del Covid dopo decenni di tagli per fare cassa e rispettare i demenziali parametri dell’austerità. «Da un parte parliamo di eroi e dall’altra avevamo una regola che diceva che non si poteva mettere sulle donne e gli uomini del Sistema sanitario nazionale un euro in più rispetto a quello stabilito dalla quella regola. È una follia, non trovo una altra parola – ha detto – Dobbiamo rompere il modello di programmazione di spesa, con silos e tetti di spesa, e liberare il sistema da vincoli economici». E poi: «Dobbiamo finirla di considerare i soldi che si mettono sulla salute semplice spesa pubblica e dobbiamo invece considerarli come investimento sulla vita delle persone». Per la sanità, ha aggiunto Speranza, ci sono «risorse senza precedenti. Per la prima volta non siamo contro vento, dobbiamo sfruttare questa straordinaria opportunità: possiamo immaginare di fare una riforma».

Resta da capire se questi soldi arriveranno solo da piani di aiuti europei per l’emergenza sanitaria con il «Mes». Una prospettiva che divide il governo e la maggioranza e che potrebbe portare ad altri vincoli. Meno, forse, dal «Recovery fund» che ha altri obiettivi diinvestimento. Oppure se interverrà una vera riforma dei parametri del bilancio e della disciplina austeritaria – oggi sospesa dalla Commissione Ue – che ha portato tutti i governi a impostare le politiche sanitarie nel modo criticato ieri da Speranza. Nell’attesa che sia sciolto il nodo di questa strategica politica economica ad altissimo impatto sociale si continuano a declinare i principi generali di una svolta che dovrebbe andare oltre l’attuale emergenza pandemica. è su questo che ha puntato il segretario generale della Cgil Maurizio Landini secondo il quale «in realtà, noi dobbiamo utilizzare meglio i soldi che nel nostro Paese ci sono. Sono distribuiti in modo diseguale, ma la ricchezza è aumentata nel paese. Si è concentrata nelle mani di pochi. Al governo stiamo chiedendo la costruzione di un patto di cittadinanza vero, che si chiama riforma fiscale e lotta all’evasione fiscale. Perché un Paese che ha 107 miliardi di evasione fiscale che sono più della metà dei 209 miliardi, vuol dire che non dobbiamo andare in Europa o in banca a chiederli».

Sulla prospettiva di una «riforma» del sistema sanitario Landini ha indicato uno dei suoi pilastri: ribaltare l’autonomia delle regioni e centralizzare di nuovo queste politiche: «Abbiano 21 servizi sanitari diversi a secondo delle Regioni in cui sei. La loro competenza deve essere in aggiunta ai livelli minimi di assistenza».