Poco più di un anno fa usciva su Netflix Wild Wild Country, documentario in sei puntate sull’intreccio tra spiritualismo new age e vocazione criminale di una comunità di hippie occidentali stregata dal carisma del santone indiano Shree Rajneesh, meglio noto come Osho. Migliaia di giovani bianchi in fuga dal logorio della vita moderna approdati negli anni Settanta nell’ashram di Rajneesh a Pune, India meridionale, e reindirizzati nella campagna oregoniana agli inizi degli anni Ottanta, in un processo di esportazione del culto edonistico di Osho ad Antelope, Oregon, nel cuore della provincia americana: un luogo geografico e a suo modo spirituale, racchiuso tra i punti cardinali di chiesa, bottega, pick-up truck e villette monofamiliari con giardino.

ACCOLTO CON ENTUSIASMO da critica e pubblico, il documentario alterna sapientemente interviste coi protagonisti della vicenda a filmati di repertorio francamente incredibili, tessendo una tensione narrativa da thriller psicologico attorno alla vera protagonista della storia: Ma Anand Sheila, braccio destro di Osho e architetto dell’intera operazione.

SI DEVE A SHEILA infatti, adepta del culto di Osho sin dall’adolescenza, la designazione di un enorme ranch alle porte di Antelope come sede del fu Rajneeshpuram ashram, una sorta di città-stato pronta a ospitare fino a cinquantamila fedeli e fondata sui principi di Osho: un laboratorio sociale per la creazione di un «new man» capace di amore senza confini, libero da costrutti sociali come credo politico, famiglia e fede, pronto ad abbracciare una spiritualità edonistica dove il sesso libero si affianca al sapere scientifico, alla meditazione per liberarsi dell’ego e alla ricchezza, anche materiale.

Chi frequentava l’ashram di Rajneesh negli anni Settanta sostiene che la prospettiva di una reale liberazione sessuale, un poliamore alimentato dall’esotismo new age, era la vera forza centripeta del culto, il biglietto da visita per attirare orde di giovani occidentali in cerca di un’identità collettiva antitetica allo yuppismo, che proprio in quegli anni stava prendendo piede a livello globale. Trasportati questi valori dall’oasi dell’ashram di Pune, dove allora come oggi ai bianchi sono concesse deroghe al puritanesimo locale inimmaginabili per un indiano, al ranch appena fuori Antelope, Oregon, nascono i primi attriti con la comunità autoctona, una classe media incanutita decisa a godersi la pensione in una pace rassicurante dove, letteralmente, tutti conoscono tutti, e va bene così.

LO SCONTRO TRA LE DUE FAZIONI fa emergere la vocazione autoritaria di Ma Ananad Sheila, papessa laica del culto di Osho determinata a perseguire la «visione» di Bhagwan – divinità, in hindi, altro nome di Osho per i suoi adepti – costi quel che costi. La risposta degli hippie di Osho alle minacce degli abitanti di Antelope rifletterà l’orgia del potere di Sheila: i devoti imbracciano le armi e si addestrano per difendere il perimetro del proprio culto, organizzano azioni dimostrative spettacolari come l’avvelenamento di quasi ottocento persone – il più grande attacco biologico all’interno degli Stati uniti – fino a far intervenire FBI e la Guardia Nazionale. Il doc, in fin dei conti, dice nulla dell’India, poco della spiritualità new age, e molto dell’America di quegli anni, le cui contraddizioni in termini di accettazione dell’altro e del concetto di libertà emergono quando i cosiddetti «valori americani» vengono minacciati pur, tecnicamente, all’interno delle prerogative costituzionali.
Sulla scia del successo di Wild Wild Country, recentemente Priyanka Chopra – già Miss Mondo e diva di Bollywood che da qualche anno sta consolidando la propria carriera attoriale anche a Hollywood – ha annunciato di star sviluppando una trasposizione filmica del documentario. Chopra, durante un’ospitata al talk show The Ellen DeGeneres Show, ha spiegato che sarà produttrice e protagonista di un soggetto ispirato al documentario ma incentrato principalmente sulla figura di Ma Anand Sheila, che l’attrice descrive come «ambigua». Progetto ambizioso che dubitiamo reggerà il confronto col docu-thriller originale.