«Non ce ne andremo. Nemmeno se dovesse andare avanti per 40 anni». Hussein, giovane manifestante iracheno, in poche parole affidate alla Reuters descrive la forza di volontà che pare non venir meno, dopo un mese e mezzo di proteste popolari e oltre 320 morti.

Ieri sono stati almeno quattro gli uccisi a Baghdad per mano della polizia, 65 i feriti. La quotidianità della protesta è definita: dal presidio permanente di piazza Tahrir (dove si autogestiscono cibo, ripari e cure mediche e si fa arte sui muri e in musica), i manifestanti vanno verso i ponti sul Tigri. Tre quelli persi in questi giorni a favore della polizia, resiste il Ponte della Repubblica. E gli agenti a suon di pallottole e lacrimogeni li respingono indietro.

A nulla sembrano valere gli appelli del premier inamovibile Abdul-Mahdi: qualche soldo alle famiglie più povere e la promessa di posti di lavoro ai laureati non bastano al movimento che chiede una rivoluzione laica e antisettaria del sistema di potere. Non bastano anche perché poi, in piazza, si muore. Colpiti alla testa da proiettili e candelotti.

Human Rights Watch, ieri, ha duramente condannato le pratiche repressive irachene, in particolar modo il prendere di mira soccorritori, tende mediche e ambulanze, sia ufficiali che ufficiose (i tuktuk gialli che sfrecciano dai ponti a Tahrir). «I medici sono diventati un’altra vittima della forza eccessiva dello Stato», dice Sarah Leah Whitson, direttrice per il Medio Oriente di Hrw, che ha poi chiesto a Baghdad un’inchiesta indipendente su ogni manifestante ucciso.

[do action=”citazione”]Il 60% della popolazione irachena, 23 milioni di persone, vive con sei dollari al giorno. Un iracheno su cinque vive sotto la soglia di povertà[/do]

[do action=”citazione”]Il 60% degli iracheni ha meno di 25 anni, con un tasso di disoccupazione giovanile ufficialmente pari al 25%, secondo molti osservatori un valore sottostimato[/do]

[do action=”citazione”]450 miliardi di dollari destinati alla ricostruzione del paese dopo l’invasione Usa del 2003 non sono mai stati utilizzati, spariti tra le pieghe della corruzione politica[/do]