È durata poco più di 10 anni l’avventura del gruppo Sangalli in Puglia. Lo scorso 3 febbraio infatti, la seconda sezione del Tribunale di Treviso ha stabilito che «sussistono i presupposti per la dichiarazione di fallimento» della società Sangalli Vetro Manfredonia Spa. Aprendo, per i 178 lavoratori della fabbrica foggiana a cui ad agosto scadrà l’anno di cassa integrazione straordinaria a zero ore, le porte ad un futuro sconosciuto e che non promette nulla di buono.

È la classica storia all’italiana quella del gruppo Sangalli. L’ennesimo immenso patrimonio di un’azienda a guida familiare sperperato, che vede il suo inizio nel lontano 1896: conosce il boom economico tra gli anni ’60 e ’90 producendo vetro trasformato per il settore dell’edilizia, fa il grande saldo tra il 2002 e il 2012 con l’inaugurazione di altri 4 stabilimenti, tra cui quello di Manfredonia aperto nel 2002 grazie ai fondi della Regione Puglia. In quegli anni il gruppo trevigiano è il secondo produttore indipendente europeo di vetro piano e il primo ed unico produttore italiano. Arrivano investimenti a pioggia grazie ai fondi delle regioni Puglia e Friuli (da quest’ultima il gruppo ha ricevuto ben 70 milioni di euro) oltre alle linee di credito aperte dalle banche (4 i milioni di debito soltanto verso la banca Mediocredito del Friuli Venezia Giulia). La crisi economica è dietro l’angolo ed inizia a farsi sentire. Forse, negli investimenti si è andati ben oltre la misura consentita. Per questo nel giugno del 2013 l’azienda apre all’ingresso di capitali stranieri, entrando in partnership con il gruppo russo GlassWall, colosso nel settore vetro: l’apporto finanziario sarà del 50 per cento del pacchetto azionario del gruppo.

Nemmeno quest’operazione lo salverà da un tracollo finanziario che porterà la società a chiudere il 2014 con un indebitamento di 140 milioni di euro. A quel punto la società alza bandiera bianca. A gennaio 2015 il tribunale fallimentare di Treviso accetta la richiesta del «concordato piano liquidatorio» per la Sangalli Vetro Manfredonia Spa. Il 14 luglio la società presenta una proposta di concordato preventivo, che prevedeva di coprire gli oltre 90 milioni di euro di debito attraverso la cessione di beni mobili e immobili della società. Nel frattempo, ad ottobre viene dichiarato il fallimento per altre due aziende del gruppo: la Sangalli Vetro Magnetronico srl e la Sangalli Vetro Satinato srl. A novembre fallisce la possibilità del concordato per il sito di Manfredonia, perché il piano viene bocciato dai creditori: il 9 dicembre i creditori della società depositano il ricorso per ottenere lo stato di insolvenza della società, mentre l’indomani, il 10 dicembre, viene depositata istanza di fallimento in proprio.

A quel punto, si prova la strada dell’amministrazione straordinaria, soluzione spinta soprattutto dal Mise, dalla Regione Puglia, da sindacati e lavoratori. La decisione del tribunale di Treviso, attesa in un primo momento a gennaio, arriva soltanto la scorsa settimana: la società non possiede i requisiti minimi per l’entrata in amministrazione straordinaria; l’unica strada è quella del fallimento. Lo stabilimento foggiano aveva una capacità produttiva di circa 600 tonnellate lorde al giorno pari a più di 200 mila tonnellate lorde annue. Tra diretti e indotto dava lavoro a quasi 400 persone. A salvarsi dallo tsunami del fallimento economico, è stato olo il sito friulano di Porto Nogaro, dove la regione Friuli è diventata socio di maggioranza con il 54% delle quote azionarie, tramite la finanziaria Friulia. L’azienda ha infatti ricevuto dal tribunale di Udine l’ammissione al concordato preventivo in continuità diretta, che consentirà di andare avanti per i prossimi 5 anni. I fondi regionali da restituire in 9 anni sono passati da 70 a 32 milioni di euro. A Manfredonia, invece, non si sa quel che accadrà.