Ormai è sicuro. Sandra Torres, del partito Une (Unidad Nacional de la Esperanza) è la prima donna che va al ballottaggio per le presidenziali in Guatemala. I conteggi definitivi delle elezioni generali del 6 settembre, le hanno consegnato il secondo posto. Dopo un testa a testa con Manuel Baldizon, fondatore del partito Lider (Libertad Democratica Renovada), Torres ha totalizzato il 19,76% e l’avversario (un imprenditore di estrema destra), 19,64%. Dopo aver denunciato brogli, Baldizon si è definito una «vittima dei gruppi di potere del paese», ma poi ha abbassato le armi.
Al ballottaggio del 25 ottobre, Torres deve vedersela col primo classificato, l’attore comico Jimmy Morales, del partito Frente de Convergencia Nacional (Fcn) che ha ottenuto il 23,85% dei voti.

Per i festeggiamenti dell’indipendenza di Guatemala e Messico, Morales si è fatto vedere negli Usa, e ha dichiarato che spera fortemente nell’appoggio degli Stati uniti: per seguire, magari, le orme di un altro attore, Ronald Reagan. L’appoggio politico e finanziario dei gruppi militari di estrema destra, mostra infatti la vera natura del suo programma, nascosto dietro l’antipolitica che ha ostentato nel paese scosso dal grande scandalo per corruzione detto la Linea. Dietro il personaggio interpretato da Morales – quello di Neto, un ingenuo cow boy che arriva fino alla presidenza – s’intravvede la continuità con la gestione dell’ex generale Otto Pérez Molina, ora in carcere.

In questi mesi, due attori hanno impresso una spinta cruciale alla politica del paese: la piazza degli indignados e la commissione Onu contro la corruzione (la Cicig), che attua nel paese dal 16 aprile e che gode dell’appoggio esplicito del Pentagono. Parte della piazza preme per un cambiamento strutturale e per un’assemblea costituente. L’alleanza di sinistra Urng-Maiz ha ottenuto un rispettabile 4% e ora teme che il «commissariamento» giudiziario possa trasformarsi in una nuova tutela degli Usa, preoccupati che la spinta al cambiamento vada verso il «socialismo del XXI secolo».

Sandra Torres non è una pasionaria della sinistra, ma ha impostato la campagna elettorale sulla promessa di rimettere in campo i programmi sociali, in un paese segnato da povertà e disuguaglianze e da un altissimo livello di violenza. L’ultima vittima è stato il dirigente indigeno Sajic Cordova, parte civile nel processo per genocidio contro l’ex dittatore Rios Montt. Nel 2008, Torres ha fatto parte del governo progressista di Alvaro Colom, allora suo marito. Durante il suo mandato ha realizzato programmi a favore dei ceti meno favoriti. Infatti ha raccolto voti principalmente nelle zone rurali che hanno beneficiato dei programmi di allora. Torres ha già tentato di candidarsi alla presidenza e per farlo ha divorziato dal marito, giacché la legge vieta ai famigliari del presidente di presentarsi. Il Tribunale supremo elettorale ha però bocciato la sua candidatura.

Per la sua attenzione ai giovani e ai nuovi linguaggi, Torres è stata soprannominata “Twit-Star”. Dopo aver conosciuto i risultati definitivi, ha escluso qualunque alleanza con Lider con cui – ha affermato – «esistono differenze inconciliabili». Poi ha invitato movimenti e organizzazioni sociali a unirsi per votare il cambiamento, il 25 ottobre.