Nonostante la Russia abbia dichiarato che alcune delle sue truppe torneranno alla base dopo aver completato le esercitazioni, gli Stati uniti non sembrano convinti che i venti di guerra stiano imboccando una curva di de escalation.

IL DIPARTIMENTO di Stato ha comunicato che il personale dell’ambasciata Usa ancora a Kiev è stato trasferito nella città di Lviv, vicino al confine con la Polonia, e il portavoce del Pentagono John Kirby ha detto all’emittente televisiva Msnbc che gli Stati uniti non escludono potenziali attacchi informatici da parte della Russia.
L’ambasciatore Usa alla Nato ha affermato che il Paese «dovrà verificare» le affermazioni relative alla riduzione dell’escalation da parte della Russia, prima di esporsi con altre dichiarazioni.
Né si sa molto della telefonata intercorsa ieri mattina fra il segretario di Stato americano Antony Blinken e il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov; secondo un alto funzionario del Dipartimento di Stato i due, dopo la loro precedente telefonata di sabato scorso «avevano accettato di rimanere in contatto», ma non ha fornito nessun dettaglio riguardo l’ultima conversazione.
Questi elementi potrebbero fare pensare a un tentativo statunitense di continuare a cercare una soluzione diplomatica fuori dal palcoscenico mediatico: di certo un conflitto Russia-Ucraina non potrebbe far altro che danneggiare ulteriormente la già vessata economia americana.
Nelle ultime settimane in Usa, mano a mano che aumentava il rischio di un’invasione russa dell’Ucraina, sono saliti i prezzi del petrolio, balzati al di sopra di 90 dollari al barile, e se la crisi dovesse continuare portando il petrolio a sfiorare i 110 dollari al barile, l’inflazione arriverebbe a superare il 10% su base annua, come non accadeva dall’ottobre 1981.

«STIAMO PARLANDO di un vero shock a breve termine», ha affermato alla Cnn Joe Brusuelas, capo economista di Rsm, principale società di revisione contabile, fiscale e di consulenza focalizzata sul mercato intermedio negli Stati uniti.
Questa eventualità per Biden sarebbe un’ulteriore debacle, stretto com’è fra le ondate della pandemia, il Congresso che non approva nessuna delle sue proposte di legge paralizzato dall’ostruzionismo repubblicano e dall’opposizione dei democratici conservatori, e con un indice di gradimento bassissimo, che ha toccato il 40,6%.

QUESTI NUMERI hanno portato lo storico consigliere di Obama, David Axelrod, a dichiarare che nel discorso sullo stato dell’Unione, in calendario per il primo marzo, il presidente Biden «avrebbe bisogno di mostrare umiltà», più che vantare i progressi della sua amministrazione, come si fa da prassi in questa occasione.
Il partito di Biden intanto, dopo aver inviato al Gop una nuova proposta lunedì sera, sta ancora aspettando una risposta dai repubblicani sulla loro ultima offerta di sanzioni alla Russia.
Il senatore socialista Bernie Sanders giovedì aveva tenuto un accorato discorso al Senato, chiedendo una soluzione diplomatica alla crisi che coinvolge gli Stati uniti e la Russia, ed esprimendo tutta la sua preoccupazione per «i tamburi di guerra» sempre più assordanti a Washington.
La posizione di Sanders è condivisa dalla maggioranza del partito ma per i repubblicani la loro prossima mossa in risposta alle proposte dei Dem segnalerà quanto siano realmente intenzionati ad accettare quell’accordo bipartisan, che entrambe le parti hanno chiesto pubblicamente.

L’ACCORDO è stato approvato da molti membri del Gop, tra cui il leader della minoranza al Senato Mitch McConnell, ma rappresenta più una mossa politica rispetto a una che abbia un peso reale, visto che il presidente ha l’autorità per emettere sanzioni severe senza passare dal Congresso. Tuttavia delle sanzioni alla Russia presentate unitariamente dal Congresso rappresenterebbero un messaggio, al mondo e a Putin, sull’unità politica degli Stati uniti contro un intervento armato.