Nelle graduatorie degli album più importanti nella storia recente della musica italiana, Sanacore si è guadagnato un posto di rilievo, da subito e col passare del tempo. Il disco, pubblicato dagli Almamegretta nel 1995, era una sorta di manifesto programmatico, annunciando la nuova scena indipendente (anglo)napoletana dove l’ipnotico andamento del dub si mescolava con le ritmiche nordafricane, la tradizione folklorica popolare, il sampling elettronico e la carnale voce trascinata di Reeno (poi Raiz). L’etichetta era Cni, il braccio discografico di Anagrumba, l’associazione nazionale gruppi musicale di base (che aveva scoperto il gruppo nel 1988, vincitore del loro primo concorso), sigla della Sinistra Giovanile per promuovere le nuove sonorità, tra feste di piazza e tour di concerti.
Gennaro Della Volpe alla voce, Gennaro Tesone alla batteria, Paolo Polcari alle tastiere, D. RaD. ai programmatori e campionamenti erano il nucleo centrale del gruppo, aiutato in questo lavoro da Gianni Mantice alle chitarre, Mario Formisano al basso e Roberto Schiano al trombone con un tourbillon di amici come Daniele Sepe al flauto, Marcello Colasurdo alla voce e Michele Signore alla lira pontiaca. Di fatto l’album, premiato con la Targa Tenco come miglior album in dialetto, viene ripubblicato in una nuova edizione, con i testi delle canzoni e le foto inedite delle sessioni in studio e a Procida del 1994, in questa doppia versione fisica (doppio vinile colorato a 180 grammi o cd digipack con booklet di 20 pagine).

«LE NOSTRE CAPACITÀ e il nostro modo di scrivere canzoni, probabilmente, si sono affinati nei lavori che hanno seguito Sanacore – racconta Raiz – eppure per il nostro pubblico questo album è la pietra miliare non solo della nostra carriera ma anche di un decennio di grandi trasformazioni musicali. Abbiamo deciso così di far uscire un’edizione completamente rimasterizzata del disco per festeggiare i 25 anni dalla prima pubblicazione. Riaprendo i nostri archivi sonori dell’epoca ci abbiamo trovato due pezzi inediti: Tamms Dub, un dub prodotto da D.raD. e Heartical Dub, un pezzo strumentale mixato da Adrian Sherwood».

«SANACORE» fotografa il momento più felice della band, rintanatasi per tre mesi sull’isola di Procida per la preproduzione e poi alcune registrazioni allo Studio Megaride di Napoli e una settimana a Londra con Adrian Sherwood per il missaggio. Nei dieci brani ci sono diversi hit da Nun te scurdà, una melodia orecchiabile con liriche palpitanti, a ‘O sciore cchiù felice, psichedelico sogno di libertà fino a spruzzate di reggae e rock (Pe’ dint’e viche addò nun trase ‘o mare e Tempo) e poi la stessa Sanacore, ispirata da una festa in una masseria di Pomigliano d’Arco dove la gente ballava e cantava, arruolando Giulietta Sacco, voce storica della canzone napoletana, per ricreare quell’atmosfera. Suono enigmatico, moderno e antico come il simbolo della band, la dea fenicia della fertilità Tanit raffigurata su un delfino e con due serpenti intrecciati nelle mani, un richiamo alle radici mediterranee, quella sintesi di dub e dialetto probabilmente in grado di ammaliare anche le nuove generazioni.