A ‘maronna s’è vista. La manifestazione evidente della benevolenza della Mamma Schiavona è stata l’invio di un angelo nero a zompare più in alto di tutti e dare una bella capata al pallone in volo, mandandolo in fondo alla rete, a pochi minuti dalla fine della partita. Il match scudetto Juve-Napoli è stato deciso dall’incornata di un giocatore arrivato come un Carneade quattro anni fa (credeva che le telefonate – e le proposte – del mister Rafa Benitez fossero uno scherzo!) e diventato un beniamino del pubblico del San Paolo, proprio per la pelle nera oltre che per la correttezza in campo e le doti tecnico-atletiche. Nato in Francia da genitori senegalesi, Kalidou Koulibaly, subito soprannominato K2 come la vetta inespugnabile, ha avuto bisogno di qualche stagione d’assestamento prima di diventare uno dei più forti difensori del campionato italiano ed è stato adottato dalla tifoseria partenopea come simbolo della società multiculturale (c’è un solo indigeno che gioca con la maglia azzurra, Insigne, ossia Lorenzinho da Frattamaggiore).

Due anni fa, il calciatore nero venne preso di mira da buu razzisti del pubblico sia a Roma che a Milano. Al ritorno al San Paolo, oltre ventimila persone indossarono la maschera di cartone con la riproduzione della sua faccia, ribadendo che siamo tutti Koulibaly, un gesto d’affetto e di solidarietà, molto apprezzato dal gigante d’ebano che cita spesso le radici africane e lo spirito di gruppo, la comunità musulmana e l’amore per Napoli. Il 13 febbraio 2016 una sua sfortunata deviazione, su tiro di Zaza, diede la vittoria nello scontro diretto (e poi lo scudetto) alla Juventus; domenica sera, andando in cielo, Koulibaly si è preso la sua rivincita. Secondo Maradona “è il miglior giocatore del campionato. Se fosse bianco, giocherebbe col Barcellona o al Real Madrid”.

Per ringraziare santi laici e madonne popolari, padre Loffredo, uno dei preti di frontiera che lavora in prima linea contro la criminalità e la miseria nel rione Sanità, ha dato il suo benestare, facendo suonare per diciassette minuti le campane dopo la vittoria del Napoli allo Juventus Stadium. “La basilica di San Vincenzo alla Sanità è praticamente autogestita – ha dichiarato – La gente ha le chiavi. I fedeli mi avevano avvisato e l’hanno fatto”. Campane a festa, fuochi d’artificio e caroselli di auto, il calcio Napoli ha resuscitato l’euforia cittadina e ha rovesciato le gerarchie consolidate, un po’ come la Roma in Champions, proprio nell’anno in cui l’Italia non parteciperà ai Mondiali di Mosca 2018 ma Koulibaly sì. Come cantavano gli Alma Megretta, Africa, Africa, ahhh . Rispondeva Pino Daniele, viva, viva ‘o Senegal.