Dopo la giornata di ieri, non è affatto facile mettere ordine nelle faccende del Movimento 5 Stelle. Paradossalmente, gli equilibri confusi emergono proprio dopo una kermesse e una tornata di primarie online che dovevano servire a definire meglio gerarchie e assetti futuri. Luigi Di Maio, ma questa è una non-notizia, ha vinto le consultazioni digitali. Annuncia che svolgerà il suo compito con «disciplina e onore».

Il fatto è che la sua vittoria appare largamente mutilata dai dati dell’affluenza. Nonostante le diverse proroghe (si è votato per due giorni invece che per uno, probabilmente proprio alla disperata caccia degli astensionisti), hanno votato soltanto 37.442 iscritti al portale Rousseau sui circa 140 mila aventi diritto, 30 mila di questi hanno scelto il vicepresidente della camera.

IL RISULTATO INDEBOLISCE Di Maio, che dopo le polemiche dei giorni scorsi avrebbe avuto bisogno di altre cifre. Tuttavia, l’esito delle urne virtuali insidia anche la posizione di Davide Casaleggio, che ormai da tempo prova in tutti i modi a costruirsi un’autorevolezza di padrone del vapore telematico. Anche in questi tre giorni riminesi ha cercato disperatamente di collocare il tempio del suo portale al centro del villaggio grillino. Con tutta evidenza, aldilà delle pompose dichiarazioni sul sistema operativo che dovrebbe far funzionare la macchina politica, non ci è riuscito. Per questo, nelle retrovie del raduno riminese diversi parlamentari di primo piano considerati vicini a Di Maio dicono che «probabilmente Luigi adesso dovrà dotarsi di una strategia comunicativa, non possiamo fare tutto in casa». Non si fa riferimento esplicito all’azienda milanese che fu di Gianroberto, ma poco di manca.

Altra incognita non da poco: la più volte evocata cessione di poteri di Beppe Grillo. Realizzato il sogno di ogni uomo di palco di essere il vero protagonista, al centro della commedia a dettare i tempi, riuscirà il mattatore a uscire di scena? «Adesso stiamo per andare in un’altra dimensione, il futuro. E tra gridare e il nostro futuro ci vuole un detonatore, che potrebbe essere eletto stasera. Io ci sarò, perché il M5S è nel mio Dna», ha detto Grillo al suo popolo prima di annunciare il nome di Luigi Di Maio. Ma cosa voglia dire concretamente questa «nuova dimensione» forse neanche lui lo sa.

Infine, c’è il vincitore morale, colui che questa partita complicata l’ha giocata tutta per sottrazione: Roberto Fico. Un’astensione così alta forse non l’ha direttamente pianificata, ma fa oggettivamente il paio con la sua scelta di svicolare polemicamente. Prima rinunciando alla competizione con il favorito dai «garanti», poi evitando di esternare per evitare di prestare il fianco a eventuali scomuniche.

La sindaca di Roma Virginia Raggi, personaggio ingombrante che probabilmente ha qualcosa da guadagnare dall’irrisolutezza degli esiti di questi giorni, arriva e porta lo scompiglio proprio mentre sta per parlare Alessandro Di Battista. L’intervento di «Dibba» è in streaming, perché da lì a poche ore dovrebbe nascere il suo bambino. Parla prima che venga annunciata la vittoria di Di Maio. Ma non si fa problemi a svelare il segreto di Pulcinella, quindi fa riferimento a «Luigi» come il candidato da sostenere per realizzare il sogno di un governo a 5 Stelle. «Non mi sono candidato perché voglio restare libero», dice leggendo un testo, visibilmente emozionato. «Non era obbligatorio candidarsi, ma è obbligatorio restare compatti», puntualizza a proposto delle polemiche.

Riccardo Fraccaro, altro uomo vicinissimo al neo-candidato premier si intrattiene con alcuni attivisti: «Solo Di Maio tra di noi è in grado di presiedere un governo – spiega loro – Le tensioni? Capita. Quando si tratta di scegliere una persona, c’è sempre qualcuno che ci rimane male». «Con Fico tutto bene», dice invece Davide Casaleggio tra gli stand.

SIA LUI CHE DI MAIO hanno incontrato il presidente della commissione di vigilanza Rai. Il quale probabilmente adesso aspetterà che l’esito del voto siciliano – tutt’altro che scontato dopo le tegole giuridiche cadute su Giancarlo Cancelleri e sul sindaco di Bagheria Patrizio Cinque – precipiti sul nuovo «capo politico» del Movimento 5 Stelle.
Questa tattica dell’erosione lenta ricorda quella degli odiati «partiti» e spaventa chi teme che a erodersi possa essere il M5S intero, non solo il leader appena eletto.

NEL FRATTEMPO, I CRITICI possono tornare alla carica. Ecco allora che il deputato pugliese Francesco Cariello, intervistato da RadioNorba, attacca: «Le due cose, candidatura a premier e capo politico del movimento, si potevano benissimo scindere e ci stiamo confrontando su questo – dice – Fico ha mostrato dissenso tramite le sue non uscite. Diciamo che in questo momento tentiamo di esprimere al meglio il nostro pensiero anche attraverso gli organi di stampa, checché ne dica lo stesso Beppe».