Al San Carlo di Napoli si è giocata al fotofinish la scelta se aderire o meno al fondo salva lirici, previsto dalla legge Valore cultura. Ieri era l’ultimo giorno utile per accedere alla ripartizione dei 75milioni per le fondazioni in crisi (ma per risanare tutti gli enti ce ne vorrebbero 360), con il Maggio Musicale Fiorentino e l’Opera di Roma in pole position. La decisione affidata al cda alle 20.30 non era ancora stata presa dai rappresentati di comune, regione, provincia, ministero e camera di Commercio. All’ombra del Vesuvio da mesi si consuma una guerra più o meno sotterranea tra chi spinge per l’adesionee il sindaco, nonché presidente della fondazione, contrario. I lavoratori naturalmente schierati per il no. «Il decreto impone licenziamenti e tagli di un terzo agli stipendi, facendo pagare ai dipendenti le colpe di chi gestisce gli enti» ripetono in assemblea fino a ridosso della sala riunioni: «Come entriamo nel decreto blocchiamo la stagione» ripetono in attesa che il governatore Caldoro ritorni per concludere il cda.

Cinque bilanci di fila in pareggio dicono che le casse del San Carlo sono in ordine, ma da agosto si è aperto uno strano braccio di ferro sull’interpretazione dei conti, venato da sottili ambiguità. A ottobre la soprintendente, Rosanna Purchia, ha inviato un documento al Mibac per chiarire la materia: i debiti del Massimo sono coperti da crediti esigibili, l’unico squilibrio è sul patrimonio che necessita la ricapitalizzazione. Va tutto bene, ma con una porta aperta per i fautori del commissariamento. Martedì è stato tentato un blitz per approvare l’adesione, presenti i rappresentati del ministero e camera di Commercio. Un gesto mal digerito dal comune che, ieri mattina, ha approvato in giunta la delibera con cui si propone al consiglio proprio la ricapitalizzazione del San Carlo attraverso la cessione al lirico di immobili per almeno 20milioni, ma Palazzo San Giacomo è pronto a salire a 40 se gli altri soci non vorranno contribuire all’operazione.

«La decisione di ricapitalizzare la Fondazione – ha spiegato il sindaco Luigi De Magistris – nasce dalla profonda contrarietà verso la legge Valore Cultura. Una legge che, a fronte di una indefinita liquidità barattata con una discutibile produttività, sacrifica e penalizza le risorse interne, favorendo pratiche di esternalizzazione che non valorizzano le nostre maestranze». Qui il nodo del problema: il ministero allarga i cordoni della borsa, cedendo liquidità al management, chiedendo in cambio un taglio al personale sia in termini numerici che di paga, imponendo un aumento della produttività. Un paradosso che può essere sciolto solo acquistando servizi all’esterno. Una manovra che al San Carlo è già stata provata in passato, quando erano state mandate in rovina la falegnameria, mentre si ridimensionavano il balletto e il coro.