Dei sontuosi edifici che furono innalzati, i marmi istoriati e le colonne, molti giacciono ormai a terra. Abbandonati i campi e insicure le vie consolari, deserti i porti. Sotto spoglia di demoni quotidiani, i falsi dei infestano i luoghi, le strade e le dimore, là dove è più intensa l’opera degli uomini che si danno a costruire un mondo nuovo. Essi volgono costantemente l’animo a dio e, giorno dopo giorno, operano con assidua laboriosità. Così, e si è allontanato da Roma, insegna Benedetto (460-546) ai monaci che raccoglie intorno a sé, sollecitati a estirpare le male piante e a curare seminagioni nuove.

Li ha chiamati a costruire sulle macerie degli antichi templi oratori e monasteri, i presidii eretti da un’umanità rinnovata, munita d’una fede tanto forte da contrastare le violenze e le guerre che corrono per il mondo. A Totila, re degli Ostrogoti, Benedetto, a Cassino, predice l’inevitabile sconfitta. È questo lo scenario esemplare nel quale Gregorio Magno nel secondo libro dei Dialoghi (593-594) narra le storie di Benedetto. Dalle pagine di Gregorio i frati dell’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, arroccata tra gli impervi calanchi delle Crete, presso Siena, trassero il programma del ciclo di affreschi che, entro le arcate del luminoso chiostro maggiore, illustrano vita e miracoli di Benedetto.

Tra l’estate del 1497 e la primavera del 1499 l’incarico fu svolto da Luca Signorelli, per essere poi assunto, dall’agosto del 1505 all’agosto del 1508, da Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma, a comporre un insieme di trentasette affreschi (un ultimo, in ordine di esecuzione, fu realizzato dal Riccio nel 1536). Desidero soffermarmi su un aspetto sul quale Signorelli e Sodoma insistono nel dar conto degli insegnamenti di Benedetto. Mi riferisco alla preminenza d’ordine quotidiano del vivere, al quale attenersi ora dopo ora, che la Regola di Benedetto scandisce. Sta qui la virtù della discretio, la temperanza, che si persegue accordando la vita attiva e la contemplativa. È, per tanto, una dimensione giornaliera che i due pittori sono invitati a rendere e se ne ingegnano, col dipingere oggetti d’uso domestico, come stoviglie e bottiglie, o utensili e interni dimessi, dagli scabri impiantiti e nudi intonaci.

Essi sono autorizzati ad enfatizzare un ambiente d’ogni giorno ed un tempo feriale dal carattere medesimo di certi memorabili miracoli di Benedetto. Come abbia raccomodato, col solo guardarlo, un vassoio di legno che s’era spezzato. Come, mentre era intento alla preghiera un vaso venga riempiendosi d’olio fino a traboccare. Come un fiasco di vetro gettato da una finestra sia rimasto intatto senza frantumarsi a terra. Gregorio Magno racconta poi (riporto la traduzione settecentesca di Domenico Cavalca) di un monacello munito d’una pesante falce «acciocché egli tagliasse spini di certo luogo, e disboscasselo, nel quale san Benedetto intendeva fare orto», quando, ecco «lo ferro uscì dal manico, e cadde nel lago, nel qual luogo era l’acqua sì alta, che nessuna speranza s’avea di poter riavere lo ferro».

Benedetto sopraggiunge, immerge il manico di legno «nel lago, e incontanente lo ferro di profondo dell’acqua tornò, e entrò nel manico». Il Sodoma indugia nel rappresentare le sponde del lago, le piante palustri e le prode sabbiose. Ma anima quel paesaggio d’una scena che, quella calda mattina d’un giorno d’estate, vi si svolge e che noi, ora, possiamo con agio osservare. Vediamo un gruppo di giovani uomini d’appresso a un ponticello. Il ponte in muratura è crollato alla seconda campata e un camminamento provvisorio di assi di legno consente di giungere alla riva opposta, ove uno di loro, seguito dal suo cane, è diretto. Due della brigata sono già in acqua e vediamo le gambe di questo sbattere, la testa sotto. Un terzo risale dopo il bagno una scaletta. Dalla spalletta del ponte rotto un tuffatore è colto al momento di spiccare il salto. Si stanno svestendo altri due, mentre costui, nudo e bagnato, si asciuga e strizza l’acqua dai capelli. Ristorati dalla nuotata due si esercitano in un cavalleresco esercizio di pugilato. Vorrei stamani tuffarmi anch’io con gli allegri nuotatori.