L’ora d’arrivo alla stazione di Genova Sampierdarena è quella che lungo la strada verso il bed & breakfast regala soltanto serrande abbassate. Così, percorrendo un tratto dei portici ottocenteschi di via Cantore, sono le insegne a raccontare i bar, i negozi di cellulari e di abbigliamento più o meno a buon mercato, le gelaterie, i venditori di kebab, qualche vecchia attività che resiste. Gente per strada pochissima, ancor meno quando ti infili nella traversa del B&B, suoni il campanello del portone e sali a piedi i tre piani. Il palazzo ha almeno un paio di secoli, i muri delle scale avrebbero bisogno di cure intensive. La signora ti consegna le chiavi, e nelle chiacchiere dei convenevoli pronuncia una parola che il giorno dopo sentirai molte volte. Degrado. Dice anche abbandono, declino. E non parla del palazzo. Via Cantore, con la luce del sole, mostra i suoi portici pavimentati a marmi e graniti, i grandi portoni in legno massiccio, la sfilata di vetrine che la sera precedente si erano nascoste. Un caffè solitario diventa presto collettivo, perché al rito partecipano poco dopo Gianni Pastorino, consigliere regionale di Sinistra Italiana, e quattro consiglieri del Secondo Municipio Centro Ovest, cui Sampierdarena appartiene. Saranno loro i narratori di una storia che nel 1926 vide un comune autonomo dal 1798 trasformarsi in quartiere di Genova; saranno loro a declinare la parola degrado (abbandono, declino), a indicarne il senso e i controsensi. Greta Cencetti ci aspetta davanti alla sede della Società Operaia di Mutuo Soccorso Universale Giuseppe Mazzini. Dopo un altro caffè, il racconto comincia proprio da qui, da via Alfredo Carzino 12, e dalle parole di Greta, membro del direttivo della Società. Comincia con l’annessione forzata a Genova di quella che, nella sua impronta sociale, continua a rimanere una città. Sampierdarena, a metà ’800, diventa sede della Società di Mutuo Soccorso sulla scia di Pinerolo, che aveva aperto la prima nel 1847, e il più grande centro europeo delle Cooperative di Produzione e Consumo. Il più grande dopo quello della cittadina di Rochdale, sud dell’Inghilterra, dove il 21 dicembre del 1844 il modello cooperativo era nato. Fondatore, nel 1864, è Carlo Rota, monzese, dalle Cinque Giornate di Milano a Garibaldi, tre anni di condanna politica nel carcere di Favignana. Rota ha ben chiaro che l’autonomia della classe operaia deve basarsi su un’autogestione di tipo economico. E dà il via a una catena di acquisto Chilometro Zero, che nell’arco di breve tempo si converte a catena produttiva in vari settori. Verso fine ’800, Sampierdarena pullula di spacci. La rete si dirama fino a Novara, la pasta viene spedita persino in Nord Europa. L’ampliamento del lavoro della Società di Mutuo Soccorso, creata nel 1851, contribuisce alla costruzione dell’ospedale, alla nascita della Società Ginnastica Comunale Sampierdarenese (1891) e della Banda del Risorgimento Operaio (1895), citazioni sparse dentro una lunga serie di interventi. Da allora, il cuore della Società continua a essere la palazzina di via Carzino. La cima della sua torre offre una visione privilegiata sulle sovrapposizioni architettoniche non di rado sgarbate del quartiere, su quella contiguità molto genovese di edifici borghesi a un passo da condomini ben più modesti; sul verde immerso a viva forza nella gabbia urbana; sul contrasto che l’orizzonte piatto del mare crea rispetto a una città cresciuta in verticale. Due anni dopo la Società nasce la Gio. Ansaldo & C, sponsor il governo sabaudo, interessato a sviluppare il settore delle locomotive a vapore e del materiale ferroviario. Ma se l’Ansaldo, ceduta nel 1993 alla Finmeccanica, rimarrà la realtà industriale dominante, quarantamila operai durante gli anni ’50 del secolo scorso, altre imprese si insediano progressivamente. Sono opifici, due oleifici, tre aziende per la produzione di scatole in latta, una distilleria di liquori pregiati. La scomparsa delle loro attività coincide con l’abbandono delle strutture, alcune recuperate in seguito per convertirle a uso abitativo, la maggior parte lasciate a sé stesse. Una porzione dell’area dell’ex Ansaldo Meccanica è oggi occupata da La Fiumara, ennesimo centro commerciale. Gianni Pastorino lo definisce uno degli errori ‘voluti’ dalla politica genovese «Sarebbe stato assai più utile farne una zona retro portuale per lo svuotamento e il riempimento dei container. La Fiumara ha invece distrutto l’urbanistica originale e messo in ginocchio il commercio di prossimità. Su un totale di oltre mille e centocinquanta esercizi chiusi in città nel 2016, duecento e cinquantotto erano a Sampierdarena. L’occupazione femminile locale ha perso quattrocento e settanta posti di lavoro». Il deserto commerciale ha portato la più grande concentrazione di centri slot a Genova (se ne parla in altra parte di queste pagine) collocati, sottolinea il consigliere municipale Salvatore Santacroce, nell’area che costituiva il salotto del quartiere, con i palazzi signorili di inizio Novecento. Pastorino, senza giri di parole, aggiunge al conto le speculazioni edilizie che hanno devastato zone come la Coscia, e le Torri residenziali Faro, a San Benigno, ottanta metri di altezza, lo scorso anno ancora semivuote. Degrado, disagio, abbandono, adesso hanno forma più precisa in un quartiere che, guardando alla sua posizione, venti minuti di autobus portano a piazza De Ferrari, suonerebbe fuori luogo definire periferico. Ma che, nelle falle di una gestione globale del territorio, di fatto lo è. Aggravano ulteriormente il quadro, di nuovo secondo Pastorino, il mancato decentramento amministrativo e le disastrose carenze della rete dei trasporti, che ricadono su una popolazione di età media elevata. E poi l’urgenza di restituire una qualità della vita per così dire spicciola, che oggi, afferma Santacroce, risulta deprimente. «Il mancato decentramento e l’assenza dell’amministrazione comunale sono alla base della sporcizia di strade e marciapiedi, del parcheggio selvaggio, dei rifiuti ingombranti lasciati ovunque. Tutto questo e non solo crea un clima negativo, minando la coesione sociale». A proposito della raccolta rifiuti, Santacroce cita un episodio di cui è stato protagonista l’assessore comunale all’ambiente Italo Porcile (incredibile ma vero). «Durante un incontro con i residenti, ha magnificato i vantaggi della differenziata, lasciandosi però sfuggire, nella discussione, che i dati riguardavano il centro storico». La presenza della piccola e media borghesia a Sampierdarena era cresciuta di pari passo con lo sviluppo industriale, senza che questo creasse situazioni di conflitto con il tessuto proletario e operaio. La storia ha dimostrato sovente che, da queste parti, solidarietà e partecipazione non sono mai state semplici parole. In un tessuto umano ‘duplice’ consolidato, si sono inseriti negli ultimi trent’anni i nuovi migranti. L’uso dell’aggettivo ‘inseriti’ è corretto? Raffaello Prandi, assessore municipale con delega ai rapporti con le comunità straniere. «Non lo è più, sicuramente, se parliamo, prima che dei migranti, dei giovani nati qui. Fiumara li ha allontanati da via Cantore, per tradizione la strada del passeggio, trasformandola in una la strada di anziani. Detto questo, la comunità di stranieri prevalente è quella ecuadoriana, che ha trovato un riferimento fondamentale nell’Istituto salesiano Don Bosco, dove ci sono scuole, un oratorio, impianti sportivi e la domenica si officia la messa in spagnolo». La possibilità, alla fine degli anni 90, di ottenere dalle banche muti anche al cento per cento, spinge i residenti di via Rolando, del Campasso, di via Sampierdarena, a cercare casa in zone più appetibili. Gli alloggi si svuotano e vengono presi in affitto dagli ecuadoriani, che si insediano stabilmente. Per dare un’idea del loro peso demografico, i votanti da Genova alle elezioni presidenziali 2017 in Ecuador sono stati oltre diecimila. La maggioranza si è espressa per il presidente conservatore Rafael Correa. Il lavoro degli uomini è legato all’edilizia, prevale tra le donne il mestiere di badante. La relativa facilità di capirsi vista la somiglianza delle lingue, la religione comune, potrebbero sembrare basi sufficienti a facilitare l’inserimento. Così non è avvenuto. Spiega Santacroce «Gli ecuadoriani sono arrivati in un periodo che vedeva Sampierdarena già in declino, e la colpa di questo declino è stata loro addebitata, erano loro i principali colpevoli. Lo stesso è valso per chi è venuto dopo ‘da fuori’». La separazione, dice Santacroce è netta, fomentata da episodi tanto sporadici quanto insignificanti. Ad esempio i gruppi che il sabato sera, magari ubriachi, fanno a botte». La rissa, di solito, scoppia in via Sampierdarena, la via storica dei night. Pochi sono disposti a ricordare che lì, ben prima dei migranti, pugni e coltelli erano all’ordine del giorno. Anzi, della notte.

 

Progetti e rete associativa

 Mariano Passeri, trentaquattro anni, al Campaccio ci è nato. Un quartiere nel quartiere, dice; un piccolo mondo in cui l’emigrazione dal Sud aveva trovato piena integrazione e c’era tutto quello che serviva a vivere più che dignitosamente. Ma, continua Passeri, la crisi di Genova e di Sampierdarena si è fatta sentire pesante anche lì. «Scelte amministrative sbagliate sul piano orientativo hanno favorito lo spostamento di situazioni di disagio e accresciuto il degrado». Mariano, al Campaccio, ci ha comprato casa. Una mattina di due anni fa apre la finestra, e nel piazzale del parco ferroviario si presenta ai suoi occhi una collina di macerie. Materiale di risulta dai cantieri della zona, compresi quelli del Terzo Valico, a rischio di amianto di serpentino. I controlli successivi ne accerteranno l’assenza. La collina cresce: sessantamila tonnellate, ventottomila metri cubi, alta come un condominio di tre piani, un fronte di duecentottanta metri. I camion adibiti allo sversamento ci salgono sopra, basta un po’di tramontana perché la polvere si diffonda nell’aria insieme alla puzza. Una situazione provvisoria, assicurano le varie autorità. Rimangono parole, e allora Passeri si mobilita. Apre una pagina su Facebook, Chiedi alla polvere, chiama a raccolta giornali e televisioni. Sentendo odore, politico, di guai, il vicesindaco organizza tre incontri con i residenti. Le macerie vengono coperte, ma non innaffiate, si colloca un frantumatore. Rimasto inoperoso, perché la ditta vincitrice dell’appalto fallisce. Nell’ipotesi, viene da pensare remota, che la collina sparisca, dove finirebbe? Potrebbe essere sepolta in fondo al mare; servire per creare un parco, traslocare a Vado. Al di là di qualsiasi soluzione, la vera sostanza sta nel gigantesco giro d’affari intorno alla gestione e al riutilizzo dei rifiuti. Per dare un’idea: il contestatissimo ampliamento del porto di Voltri comporterebbe un riempimento di trecentomila metri cubi di detriti. E meno che mai, Pecunia non olet. Se questa del Campaccio è lotta nuova, il consigliere Raffaele Prandi individua un altro fronte da aprire nei ventiquattro milioni di euro ottenuti grazie al Bando nazionale per le Periferie, che consentiranno il recupero di una serie di strutture. Il futuro del Magazzino del sale di via Sampierdarena sarà di centro polifunzionale in una delle zone più ‘difficili’. Per il mercato di Campasso, abbandonato da tempo, i progetti sono un campo da pallone, un supermarket, una palestra, alcune unità abitative, parcheggi. La demolizione della vecchia biblioteca Gallino lascerà posto a una piazzetta con giardini. Nei piani anche la ristrutturazione del mercato di piazza Tre Ponti. Un’occasione straordinaria, che però, dice Prandi, rischierebbe di vanificarsi senza un piano di rilancio, senza una visione allargata che tenga conto delle potenzialità del quartiere e ne risolva i problemi sostanziali. «Se mai si riuscirà ad abbassarle, nonostante il rinvio dell’applicazione della legge al 2018, le serrande dei punti slot dovranno riaprirsi incentivando altre attività; via Sampierdarena potrebbe diventare il luogo della movida bella al posto dei night; occorre risolvere l’isolamento creato dalla circonvallazione, che ha di fatto cancellato i flussi di passaggio. Perché non pensare al distaccamento di alcune sedi dell’università e a una Casa dello studente. Questo e altro si può fare, a patto che Comune e Regione si siedano a un tavolo con noi. In caso contrario i ventiquattro milioni, da soli, non fermeranno il declino». Un declino (con degrado e abbandono parola ripetuta infinite volte in queste pagine) al quale si contrappone una rete associativa diversificata negli obbiettivi e nei ruoli. La SPI CGIL costituisce un collegamento importante con la parte più anziana del territorio, mentre l’Anpi si è assunta il compito di conservare la memoria di un antifascismo storicamente radicato a Sampierdarena. La Casa del quartiere, agenzia per i diritti, ha aperto uno sportello dedicato agli immigrati. Le Officine di Sampierdarena, nell’aprile scorso, hanno lanciato, tramite il loro rappresentante, l’ex sindacalista Gianfranco Angusti, i cinque punti del programma Blueprint: sicurezza, infrastrutture, riqualificazione urbana, gestione dell’ambiente e valorizzazione culturale. La Cooperativa La piuma ha recuperato gli spazi del Forte Tenaglia, trasformandoli in una comunità alloggio per minori. Guardando alla scuola, che il consigliere Agostino Calvi giustamente identifica come elemento indispensabile all’integrazione, vale tornare a citare il lavoro pluriennale dell’Istituto Don Bosco, e le scuole di alfabetizzazione della Comunità di Sant’Egidio e di Lotta Comunista. A proposito di Lotta Comunista, lo storico leader Franco Grondona è stato segretario della FIOM genovese. L’organizzazione, che ha radici profonde nel quartiere, svolge poi un ruolo sociale non secondario tramite i suoi Circoli Operai. Sampierdarena sa cosa significa solidarietà. La storia gliel’ha attaccata sulla pelle. Impossibile metterla da parte, assurdo dimenticarla.

 Teatro Archivolto

 La stampella di Toti, Giovanni governatore della Liguria e non Enrico patriota della Grande Guerra, pesa novemila euro. Tanto ha deciso di stanziare, ogni anno, il Giuan per il Teatro Nazionale dell’Archivolto. Di più non può, o non vuole fare. Ride di cuore Pina Rando, presidente della fondazione del Teatro, nel dichiarare la cifra. Novemila euro non riescono a raggiungere la dignità di una modesta opera di beneficenza, tanto più rispetto a un’istituzione che per Genova rappresenta un riferimento culturale, divenuto per Sampierdarena anche di carattere sociale. Trent’anni di attività hanno portato l’Archivolto, sede il teatro Gustavo Modena, l’unico ottocentesco della città, a ospitare spettacoli e artisti di grande rilievo; a stringere collaborazioni importanti con Stefano Benni, Daniel Pennac, Michele Serra. Ma poco importa, almeno a Toti. Sottolinea Pina «Fin dalla nostra nascita abbiamo sempre fatto moltissima fatica, riuscendo però a barcamenarci nonostante il venti, venticinque per cento di contributi pubblici contro il cinquanta di altri teatri italiani. Negli ultimi tempi la fatica è cresciuta, e da qui è nato il progetto, cui stiamo lavorando, di unirci al Teatro Stabile. Se il progetto andrà in porto, Sampierdarena sarà il luogo di una delle strutture teatrali più importanti a livello nazionale, grazie anche all’ampliamento dell’Archivolto nella Sala Mercato, ricavata dalle strutture dismesse del vecchio mercato all’ingrosso». Le cifre parlano di circa settantamila persone che si muovono ogni anno per presenziare a spettacoli, iniziative di quartiere, letture, incontri. Rando definisce il teatro ‘Un’isola felice’ rispetto a una situazione sicuramente pesante che, però, «Giornali e tv amplificano nei più piccoli fatti di cronaca, al punto da aver costruito l’immagine di un quartiere luogo di frontiera. Guai a venirci. Io ci sto da vent’anni, e nessuno mi aspetta dietro l’angolo per accoltellarmi. Questo senza voler negare l’esistenza di gravi problemi, ad esempio il degrado e il gioco d’azzardo». Venendo al rapporto tra Archivolto e Sampierdarena, le porte del teatro sono sempre pronte ad aprirsi, per ragionare insieme e insieme capire come mobilitare le idee e le persone. Pina cita il rapporto con le Officine di Sampierdarena, associazione creata dall’ex sindacalista Gianfranco Angusti; quello con le diverse associazioni femminili, che hanno fatto del Teatro il loro punto d’incontro. Nota dolente, ma riguarda un po’tutta la realtà partecipativa locale, è l’assenza della comunità ecuadoriana «Relazionarsi con loro è difficilissimo. Faccio un esempio. Le nostre iniziative rivolte alle scuole prevedono facilitazioni, ancor più vantaggiose proprio per i bambini ecuadoriani. Ma i risultati sono scarsi. È una comunità che vive in disparte. Le stesse donne, alcune vengono da noi, ammettono che, di fatto, esiste una sorta di chiusura verso il mondo esterno». Inutile chiedersi il perché, forse impossibile capirne la ragione.

Amici del Cinema

Non solo un cinema, ma da quarant’anni un presidio culturale e sociale. Questa, secondo il suo direttore artistico Giancarlo Giraud, è l’associazione Amici del Cinema di via Carlo Rolando, che più Sampierdarena non si può. Quarant’anni, sempre nelle parole di Arnaud, passati a fare della Settima Arte uno strumento di conoscenza, di sensibilizzazione, di diffusione delle idee. Nella Sala dell’Istituto Don Bosco, altra presenza fondamentale per il quartiere, dal 1976, sette giorni su sette, passano pellicole d’essai, prime visioni di particolare valore, classici; rassegne dedicate a registi, generi e film sconosciuti. Ogni anno, da un quarto di secolo, si svolge il Missing Film Festival/ Lo schermo perduto, in collaborazione con i Cinecircoli Giovanili Socioculturali (CGS), che propone titoli penalizzati dalla distribuzione, o subito usciti dai circuiti. Poi il Filmbuster, cineclub dei ragazzi, organizzato insieme alla Biblioteca Internazionale De Amicis di Genova; Febbre Gialla, rassegna dei migliori gialli di stagione; Cinemàbili, festival nazionale di corti sul tema della disabilità; le proiezioni pensate per coinvolgere gli alunni delle scuole e stimolare in loro il piacere della visione sul grande schermo. Tutto questo, sottolinea Giancarlo, in un rapporto di stretta interazione con le associazioni, mettendo a fuoco lo sguardo sugli stimoli provenienti da altre voci e altre culture. Il 19 giugno è stato proiettato Noi, i Neri, di Maurizio Fantoni Minnella, girato tra Italia e Senegal da agosto 2016 a gennaio 2017. L’opera ha il suo filo conduttore nelle storie di Lamine, senegalese fuggito per motivi politici, poeta e scrittore, e di Valentine, cantante e musicista congolese. Il 22 giugno ha visto l’anteprima di Caucherías, El viaje de Roger Casement, del regista peruviano Roberto Bobbio, che ha trovato in Genova patria adottiva non solo artistica. Dalla collaborazione Amici – Teatro dell’Archivolto è nato Insieme daremo spettacolo, ciclo di film legato al cartellone del palcoscenico. Nel mese di aprile, in occasione del concerto del trombettista Alberto Mandarini con l’Orchestra Filarmonica di Sampierdarena, gli spettatori hanno viaggiato attraverso il mondo dei cosiddetti ‘Musicarelli’, film anni ’60 di cui erano protagonisti i big della canzone italiana, grazie a Nessuno ci può giudicare, documentario di Chiara Ronchini e Steve Della Casa, realizzato nel 2016. Tre anni fa ha preso il via un’altra rassegna, la Fortezza nascosta. Ogni riferimento al film del regista giapponese Akira Kurosawa è puramente non casuale, anche se il battesimo della maratona estiva da luglio a settembre si deve al luogo in cui si svolge, Villa Grimaldi. L’antica e aristocratica dimora era infatti chiamata la Fortezza per via delle sue architetture massicce e severe, prive di qualsiasi fronzolo. L’arena allestita nel verde ha riportato a Genova la tradizione del cinema all’aperto, perduta da tempo. Cinquantatré serate, oltre cinquemila spettatori, incontri e dibattiti non morettiani, cene e degustazioni a tema. Una volta di più, questo è stato reso possibile dalla sinergia tra gli Amici, i comitati di quartiere, il Municipio, l’associazionismo, il volontariato. Uniti in un messaggio trasversale che è invito a non avere paura di Sampierdarena, a non farne un luogo deprivato della sua storia e della sua identità. Dice Giraud “A ovest di Genova, rivendichiamo di essere indipendenti, marginali, legati al cinema che non si vede ma che merita di essere visto”. Rivendicazione altrettanto forte se trasposta nella vita quotidiana e nella dimensione di una città costretta un secolo fa a diventare quartiere finito ai margini; dimenticato, ignorato, per colpe non sue. Mentre meriterebbe, invece, di essere visto. E soprattutto di essere vissuto.

Quartiere delle slot

Certo non è Las Vegas, ma nel suo piccola ci somiglia. Una passeggiata intorno a piazza Vittorio, infilandosi in via Avio, via Molteni, Largo Jursè; entrando per un caffè in un bar, o in una tabaccheria, la presenza delle slot negli esercizi commerciali dedicati o in quelli che le ospitano sono presenza inquietante a Sampierdarena. È di pochi mesi fa la notizia che persino un calzolaio ha piazzato una slot nella sua bottega. Le cifre denunciano, in tutta Genova, 1105 attività direttamente o indirettamente complici del gioco d’azzardo legalizzato. Il novantuno per cento di queste sorgono a meno di trecento metri dai luoghi che la legge regionale 17/ 2012 ha indicato come sensibili. Vale a dire, scuole, centri giovanili, case famiglia e strutture ricettive per categorie protette, strutture sociosanitarie. Le moratorie della stessa legge avrebbero dovuto metterle fuori servizio, ma sono slittate di un anno. Dunque torneranno a occupare la cronaca, vicende simili a quella dell’uomo che, dopo aver lasciato nella pancia di una ‘macchinetta’ chissà quanti soldi, l’ha fatta a pezzi, insieme ad altre, con una mazza da carpentiere. Non sono servite a nulla, o a poco sono servite, le manifestazioni e le iniziative di protesta che da anni i residenti promuovono. Nel marzo 2015, ad esempio, il Centro Sociale Zapata, la Polisportiva Lokomotiv Zapata, l’Associazione Macaia e l’Agenzia per i Diritti di Sampierdarena, hanno organizzato la giornata di sensibilizzazione ‘Giochiamoci il quartiere’. Lungo via Rolando erano stati allestiti vari punti con calciobalilla, carte, scacchi, giochi da tavolo, per dire che un’alternativa esiste; che sfidare tutti insieme la fortuna, o vincere mettendoci la propria abilità, vale ben di più della desolata e desolante solitudine di uno schermo che ipnotizza, droga, divora denaro e consegna all’usura. Per tornare alla passeggiata, il dubbio di una vittoria possibile diventa forte camminando sotto i portici. Le sette vetrine di un tempio dell’azzardo sfolgorano di scritte lampeggianti e invitanti; uno sguardo all’interno rivela il buio pesto di uno spazio immenso, dove le luci e i colori delle slot disegnano file di gente seduta di spalle a consumare ore e ore della propria esistenza. La stessa gente che esce, occhi cerchiati, stanchezza dipinta sulla faccia insieme a un’infelicità ben più grande di un’innocua sconfitta a carte, a scacchi, o a calciobalilla. Gente messa in ginocchio, a Sampierdarena e in Italia, dall’interessata compiacenza dello stato con la esse minuscola.

Rete a sinistra

Il sito del collettivo Rete a Sinistra riporta alcuni dati drammatici sulle periferie cittadine. I quartieri definibili come periferici sono quarantasette su un totale di settantuno, dieci in stato di particolare degrado, concentrati tra Sampierdarena e Cornigliano, fino a Bolzaneto. Vi risiede il quattordici per cento della popolazione. In generale, a Genova, il sessantotto per cento degli abitanti vive in quartieri segnati da forte disagio sociale ed economico. Anche la solitudine è un dato che dà da pensare: il quarantacinque per cento delle famiglie è costituito da un solo componente, il trentacinque per cento degli anziani oltre i settantacinque anni vive da solo. Sotto il profilo dell’istruzione, il settantadue per cento di chi ha un titolo di scuola superiore o una laurea abita nel centro storico, o in quartieri benestanti come Nervi. Negli altri, molto difficilmente tocca il cinquanta per cento

Emilio Salgari

A Sampierdarena visse per qualche tempo, dalla fine del 1897 al tutto il 1899, Emilio Salgàri. Abitava in via della Coscia, scomparsa con l’edificazione di San Benigno. Salgàri si era trasferito da Torino su insistenza dell’editore Donath, proprietario di una libreria in via Luccoli. Per Donath, lo scrittore pubblicò I pirati della Malesia, Le due tigri, Il re del mare, Alla conquista di un impero, Il Corsaro Nero, illustrati dal genovese Pipein Gamba. Il secondo figlio, Romero, nacque a novembre del 1898 e fu battezzato nella chiesa di Santa Maria delle Grazie il 22 febbraio dell’anno successivo. Il tragico destino che perseguiterà Salgàri fino al suicidio, si manifesterà durante una mareggiata. Che, entrando nella casa al pianterreno, si porterà via enciclopedie e atlanti, così preziosi a Emilio per ambientare le vicende di Sandokan e di altri eroi

La Samp

Eterna rivale calcistica del Genova, l’Unione Calcio Sampdoria, semplicemente Sampdoria, nacque nel 1946 dalla fusione tra Sampierdanerese,1891, e Andrea Doria, 1895. Nel campionato 1966/ 67 conoscerà la prima retrocessione in serie B, dove ritornerà per dieci volte, restandoci continuativamente dal 1999 al 2002. Nell’ Albo d’Oro ha iscritto un solo scudetto, campionato 1990/ 1991; quattro Coppe Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa italiana. Memorabile, per i tifosi la finale di Coppa dei Campioni, 1992, a Londra, con il Barcellona. La Samp perse uno a zero, goal del difensore olandese Ronald Koeman al cento dodicesimo, tempi supplementari