Nell’estremo lembo settentrionale dell’Honshu, la maggiore isola dell’arcipelago giapponese, si trova Yokote, una cittadina circondata da montagne e foreste. Nasce qui nel 1939 Takao Yaguchi, mangaka di fama internazionale scomparso il venti novembre scorso all’età di ottantuno anni, a causa dell’aggravarsi di un cancro al pancreas per cui era in ospedale già da più di sei mesi. La morte di Yaguchi ha molto colpito il mondo del fumetto giapponese anche perché nel museo del manga a lui dedicato a Yokote, quest’anno si stava celebrando il cinquantesimo anniversario dell’inizio della sua carriera.
Il luogo di nascita di Yaguchi è significativo perché la geografia e la storia della zona, senza parlare poi delle varie tradizioni ed usanze che sono ancora oggi praticate nella prefettura di Akita, la regione in cui si trova Yokote, sono state, in maniera piú o meno esplicita, alla base di quasi tutti i suoi lavori. Yaguchi è famoso in patria e a livello internazionale soprattutto grazie a Tsurikichi Sanpei, Sampei il ragazzo pescatore, manga che il giapponese creò nel 1973 e che portò avanti per dieci anni, per un totale di 65 tankobon, fino al 1983.

IN ITALIA il personaggio del giovane pescatore sempre col sorriso stampato in faccia e le sue avventure assieme al nonno ed ai suoi amici, deve la sua fama alla serie animata che fu prodotta dalla Nippon Animation dal 1980 e che arrivò nella nostra penisola nei primi anni ottanta su vari canali locali. Il successo del manga e dell’anime è dovuto a vari fattori, innanzitutto ad un disegno, molto più nel fumetto che nella serie animata, che ricrea gli ambienti naturali in cui Sampei si sposta per pescare, in maniera davvero impressionante. Senza contare poi la bravura di Yaguchi nell’intessere storie gradevoli, interessanti e comiche. Ci sono inoltre in entrambi i media le esagerazioni da manga/anime che molti ricorderanno, trote giganti, duelli infiniti con pesci mostruosi, e leggende che esplorano folklore e tradizioni locali in maniera forse un po’ sopra le righe, ma che si inseriscono e intersecano con un momento storico cruciale per il Sol Levante.
Come si diceva, Yaguchi comincia a disegnare Sampei nel 1973, dopo aver abbandonato la carriera in banca per intraprendere la via del mangaka, quando si spostò a Tokyo. Sono questi gli anni in cui le veementi proteste studentesche e contadine arrivano ad un punto morto, si intensifica la violenza e le spinte reazionarie si disperdono, la risacca della storia porta con sè una nuova epoca. In Giappone per almeno un decennio, durante tutti gli anni sessanta cioè, le arti traevano linfa vitale e trattavano direttamente di scontri sociali e impegno politico.

SEMPLIFICANDO si potrebbe dire che con la seconda metà degli anni settanta si apre una sorta di deriva attraverso la quale molti artisti, registi e mangaka, decidono di focalizzare la loro arte su temi diversi dallo scontro generazionale o politico-sociale più diretto. Uno dei percorsi più battuti è quello che porta ad una riscoperta delle vecchie tradizioni locali, esplorando così zone meno note e più decentrate rispetto alle grandi metropoli, protagoniste del decennio precedente.
Sampei e gran parte della produzione di Yaguchi si colloca in questo contesto, ne è un ulteriore esempio Matagi, manga uscito nel 1976, lavoro ancora una volta disegnato con un maniacale naturalismo, inorno alla a figura dei Matagi, cacciatori di discendenza Ainu che ancora oggi vivono, venerando la loro preda, l’orso, in alcune zone del Giappone del nord.

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