Mentre prosegue uno strano braccio di ferro tra il governo di coalizione e la troika (Fmi, Ue, Bce) per arrivare a un nuovo accordo prima della riunione dell’Eurogruppo dell’8 dicembre, dove è in ballo la linea di sostegno precauzionale ad Atene, il premier Antonis Samaras preferisce ancora una volta mostrare i muscoli a chi continua a manifestare contro le politiche di austerità, e quindi alla maggioranza dei greci.

La capitale greca, ma anche Salonicco, Patrasso, Volos erano blindate lunedi scorso in vista delle tradizionali celebrazioni nell’anniversario della rivolta del Politecnico di Atene del 17 novembre 1973 contro il regime dei colonnelli. Ma anche per protestare contro la politica del governo che chiude scuole e facoltà e permette a poliziotti e agenti di ]security di mantenere l’ordine negli atenei, cosa del tutto impensabile fino a pochi anni fa.

La settimana scorsa il nuovo rettore dell’Università di Atene, Teodoros Fortsakis, ha chiuso prima del previsto, prima volta nella storia, di chiudere le porte della facoltá di Legge per evitarne l’ occupazione simbolica che avviene ogni anno per commemorare la rivolta. Gli studenti che chiedevano pacificamente l’allontanamento della polizia e le dimissioni del rettore, è stato disperso dagli agenti.

Lunedi piú di 7.000 agenti erano schierati ad Atene. In piazza migliaia di giovani, studenti, ma anche gente di ogni età, in ricordo di quella rivolta spontanea di 41 anni fa, che in un certo senso fu il ´68 greco e preannunciò l’inizio della fine del regime fascista.

«Pane, Istruzione, Libertà» era lo slogan principale all’epoca. Nessuna forza politica aveva previsto, organizzato o controllato quello scoppio di rabbia popolare; nemmeno le due frazioni del Partito comunista di allora, quella dell’«interno» e quella filosovietica, che cercavano un’intesa con la giunta militare.

Lo sviluppo delle forme di lotta autonome e la radicalizzazione degli slogan impaurirono i colonnelli, ma stupirono anche l’opposizione, incapace di seguire la successione degli avvenimenti. La notte tra il 16 e il 17 novembre ´73 il Politecnico venne circondato dai carri armati e il centro di Atene trasformato in un campo di battaglia. Una lotta corpo a corpo, mentre le mitragliatrici sparavano ovunque e cadevano i primi morti. All’ interno del Politecnico gli studenti, eleftheri poliorkimeni (liberi assediati), chiedevano sangue alla Croce Rossa e invitavano la gente a scendere in strada. Ascoltando la voce della prima radio libera, in onda dal cuore della resistenza contro la giunta, migliaia di ateniesi risposero all’appello. Poi, allìalba, il carro armato che si dirige verso l’ingresso del Politecnico, dove sventolava una bandiera greca custodita dagli studenti. Il bilancio: piú di 24 morti, (tuttora c’è una controversia sul numero esatto), centinaia i feriti.

Quella stessa bandiera calpestata dal tank nel ‘ 73 la portavano in corteo gli studenti lunedi scorso: di fronte stavolta non avevano militari, ma agenti in assetto antisommossa. E mentre i primi manifestanti cercavano di raggiungere l’ambasciata statunitense, in ricordo del sostegno di Washington alla giunta militare del 1967, un paio di chilometri più indietro sono iniziati i tafferugli.

Al solito lancio di oggetti da parte di alcuni autonomi – si é parlato anche di provocatori fascisti di Alba Dorata- i poliziotti hanno risposto lanciando lacrimogeni e bombe stordenti – le stesse che sono state proibite in Francia.
Sotto i colpi di manganello alla testa è finito non solo chi manifestava pacificamente. Ancora una volta si sono registrati ferimenti di giornalisti e di fotoreporter, distruzioni di beni materiali, insulti da parte dei poliziotti soprattutto contro le donne, in un clima di terrore generalizzato.

È il resoconto del 41° anniversario della rivolta del Politecnico, una ricorrenza che fin dagli inizi degli anni ´80 si è trasformata in un mito di facile consumo, in un giorno di festa nazionale.