Quella di Sam Millar è da sempre una vita «sull’orlo», costantemente in bilico. Nato a Belfast nel 1955 da una famiglia cattolica (con un ramo orangista) della working class, ha vissuto in pieno i tormenti del conflitto nordirlandese. L’infanzia difficile a Lancaster Street, unica strada abitata da cattolici nazionalisti in un quartiere di lealisti; l’esercito inglese nelle strade; il primo arresto e la prigionia da innocente nel 1973; l’adesione all’IRA; la seconda condanna con l’accusa di possesso di esplosivi e armi; la lunga prigionia a Long Kesh; le torture negli H-Blocks, la protesta delle coperte con Bobby Sands e gli altri prigionieri politici; il nuovo capitolo a New York negli anni ’80 dopo la scarcerazione; il lavoro nei casinò clandestini e il sogno americano; la «rapina del secolo» – 7,4 milioni di dollari – ai depositi della Brinks con pistole giocattolo; l’apertura di un negozio di fumetti con i soldi del bottino; l’arresto e il processo negli USA; non una parola durante gli interrogatori; la grazia del presidente Clinton ed il ritorno in Irlanda; l’ennesimo nuovo capitolo: scrittore di crime di successo. Nel memoir On the brinks (edito in Italia da Milieu, che ha recentemente pubblicato I cani di Belfast, il primo libro della serie del detective Karl Kane ideato da Millar), diventato subito un «caso letterario» internazionale, racconta la sua vita tra Belfast e New York fino al ritorno in patria nel 1995.

«On the Brinks» è un pugno allo stomaco. L’ironia attenua parzialmente la crudezza del racconto ma amplifica l’autenticità della narrazione «di strada». Si percepisce la bellezza e la desolazione della Belfast degli anni ’60 e ‘70. Penso ad esempio al mattatoio dove hai lavorato da ragazzo.
Il mattatoio per me è stato un incubo orribile anche perché non credo nell’uccisione degli animali per procurarsi il cibo. Quel luogo divenne quasi come la stessa Belfast, anni dopo, dove le persone si massacravano a vicenda. Sono molto critico nei confronti della mia città e sono sempre stato attaccato per questo, ma al tempo stesso la adoro perché le persone sono molto generose, soprattutto con gli stranieri. Quindi per quanto oscura fosse Belfast, ho iniziato a cercare e ho trovato un po’ di luce. Ho visto il modo in cui l’oscurità e la luce convivono ed è quello che ho scritto nel mio libro.

La lettura ed i fumetti ti hanno aiutato ad affrontare l’adolescenza?
La biblioteca pubblica di Belfast in cui ci troviamo è uno dei luoghi che mi ha salvato la vita da ragazzo. Dovevo venire qui ogni giorno a leggere per non pensare a quello che accadeva a casa. Non ho imparato molto a scuola ma ho imparato leggendo i fumetti, mi hanno ispirato. Avevo molti eroi e pensavo che forse un giorno sarei stato io a creare dei personaggi.

Perché e quando hai deciso di aderire all’IRA (Esercito Repubblicano Irlandese)?
Mio fratello mi portò a Derry in quella che divenne la «Domenica di sangue» (Bloody Sunday, 30 gennaio 1972). Ricorderò per sempre le urla delle persone massacrate dall’esercito britannico. Posso ancora sentire l’odore terribile del gas che hanno usato contro di noi. Dopo quell’esperienza pensai di unirmi all’IRA. Pochi mesi dopo il mio migliore amico, Jim Kerr, di 16 anni, fu assassinato dai terroristi britannici e decisi che era il momento di iniziare a combattere contro gli inglesi.

Qual è stata la tua formazione politica?
Mio padre era un socialista ed un repubblicano, così come i miei fratelli, ma io ho iniziato ad informarmi su ciò che stava accadendo nella mia città solo quando sono entrato a Long Kesh. Al momento in Europa il nazionalismo è associato al fascismo ma in Irlanda nazionalismo e socialismo sono una cosa sola.

Durante la prigionia a Long Kesh non avevi paura di non rivedere più i tuoi parenti?
Certo. Prendevo i giorni per come venivano, come dice una canzone, un giorno alla volta. Quando stai lottando per qualcosa in cui credi così fortemente, non ti importa cosa ti succede in prigione, o cosa ti fa il tuo oppressore. Non ho potuto vedere mio padre e la mia famiglia per 8 anni e mezzo. È spaventoso ma lo rifarei se dovessi.

Blanket protest, no wash protest, torture…come riuscivate ad elevarvi sopra il terrore e la paura?
Quando hai la ragione dalla tua parte, quando sai che stai combattendo la giusta battaglia, qualunque cosa provino a farti, puoi superarla. Se qualcuno mi avesse detto che sarei stato torturato sessualmente, psicologicamente e fisicamente per 8 anni e mezzo non ci avrei creduto. Dopo quegli avvenimenti terribili nessuno sarebbe più tornato a casa, perché non eravamo più le stesse persone.
È stato un incubo, mi hanno picchiato e torturato ogni giorno, ci penso costantemente ancora oggi. Per 8 anni e mezzo sono rimasto nudo, con le guardie che entravano nelle celle e ci picchiavano con gli stivali ed i manganelli. Ma se riesci a ridere quando vieni torturato, tormenti i tuoi torturatori. Il riso è la tua arma, per questo l’ho usata contro le guardie mentre mi torturavano, ridevo, ridevo di loro e sapevano che non avrebbero mai potuto sconfiggermi, qualunque cosa avessero fatto.

Hai un ricordo particolare che ti lega a Bobby Sands?
Sì, di notte facevamo una cosa chiamata «un libro per andare a dormire». A volte Bobby mi chiedeva delle idee per delle storie che avremmo raccontato di notte, una sera ciascuno, per sostenere il morale dei prigionieri. Bobby e gli altri hunger strikers non erano superuomini. Erano uomini comuni che, quando è arrivato il momento, hanno fatto cose straordinarie. Condividevamo insieme lunghe storie e questo mi ispirava, pensavo che un giorno sarei diventato uno scrittore.

Parlando di fede, credi in Dio?
Credevo in Dio, anni fa. Mentre venivo torturato ogni giorno ho iniziato a maledirlo, pensavo che Dio non esistesse, perché avrebbe permesso che accadesse tutto questo a me e ai miei compagni? A Long Kesh avevo perso la fede. Quando sono uscito, lentamente, ho visto accadere delle cose che mi hanno fatto tornare a credere. Molti socialisti pensano che non puoi essere un socialista se credi in Dio, trovo che questa sia un’assurdità perché il socialista aiuta gli svantaggiati e i poveri.

Quando hai descritto la battaglia di Long Kesh (1974) hai ipotizzato una paradossale alleanza tra lealisti e unionisti contro il nemico comune.
Per la prima volta in assoluto i lealisti avrebbero combattuto al fianco dei repubblicani; ancora oggi combattono l’uno contro l’altro. La working class lealista e quella repubblicana si sarebbero unite per combattere gli inglesi, il nemico comune, e per la giustizia a Long Kesh, perché eravamo trattati come animali. Sfortunatamente i lealisti erano spaventati dal combattere con noi, ma sarebbe stato solo per quel giorno e sarebbe stato straordinario.

Per gli irlandesi l’unità del paese è ancora una priorità?
No, non credo. Le persone sono più preoccupate per le loro condizioni sociali, per l’educazione dei loro figli…come pagare le bollette, come sopravvivere ecc. L’unità dell’Irlanda è sempre dentro di loro ma al momento ci sono cose più preoccupanti, come la Brexit.

Cosa pensi della Brexit?
Penso che il mondo abbia visto il vero volto degli inglesi. Come odiano gli immigrati e gli stranieri, questo è l’inglese che noi conosciamo da secoli, ma il resto del mondo non ci credeva. La loro maschera è caduta. La Brexit è stata positiva per l’Irlanda perché penso che aiuterà a liberare il nostro paese dagli inglesi. La cosa divertente è che gli stessi inglesi pian piano non si definiscono più britannici, la Brexit sta distruggendo la Gran Bretagna.

Oggi i cattolici in Irlanda del Nord sono ancora cittadini di seconda classe?
Sì, lo sono perché al momento vengono creati posti di lavoro per i lealisti, per gli unionisti, per i protestanti. Molti cattolici sono senza casa ma è stata bloccata la costruzione di alloggi nelle aree cattoliche. Il settarismo domina ancora. L’accordo del Venerdì Santo avrebbe dovuto cambiare la situazione ma si è rivelato una bugia.

Quanti sono al momento i detenuti che si dichiarano prigionieri politici?
Al momento ci sono oltre cento detenuti che si considerano ancora prigionieri politici. L’accordo del Venerdì Santo prevedeva che tutti i prigionieri politici uscissero di prigione, come mai non è accaduto?

Il governo britannico ha inviato recentemente 700 nuovi agenti dell’MI5 nell’Irlanda del Nord. La guerra sporca continua?

L’MI5 è rimasto qui tutto il tempo. Il fatto che ora ci siano più agenti MI5 attivi di quanti non fossero durante i Troubles testimonia che hanno paura che la guerra ricominci. Non si arrenderanno mai. La gente pensa che l’MI5 se ne sia andato, ma è ancora qui, in ascolto, e sta reclutando informatori per la fase successiva della guerra.

Quale sarebbe la fase successiva?
La gente è cresciuta con chi gli diceva che l’accordo del Venerdì Santo avrebbe segnato un nuovo capitolo della loro vita: possibilità, speranza, lavoro, grandi opportunità. Cosa gli è stato dato in realtà? Povertà, droghe, suicidi. I giovani stanno diventando disillusi e iniziano ad unirsi ai repubblicani che credono, ancora una volta, che combattere forse sia la soluzione migliore.

Dal 1998 al 2018 i suicidi in Irlanda del Nord sono stati circa 4mila. Qual è la situazione oggi?
Dove vivo, a nord di Belfast, c’è il più alto tasso di suicidi d’Europa. I giovani dai 15 ai 20 anni si suicidano ogni giorno perché non hanno speranza, è uno scandalo. Questo significa che non credono di avere qualcosa per cui valga la pena vivere. Nessun lavoro, senza una casa, droghe ovunque, tutto quello che gli è rimasto è il suicidio.

Cosa pensi della New IRA e di Saoradh?
Non credo che valga la pena uccidere, l’IRA poteva farlo ma aveva un ampio sostegno della popolazione e nella maggioranza dei nazionalisti. Oggi devi pensare a qualcos’altro, devi cambiare la tua strategia. Bombe e pistole non funzionano più. Devi riflettere su come riconquistare la gente. Ma non li condanno, perché credono in quello che fanno, io sono stato condannato quando ho combattuto contro gli inglesi e le persone mi hanno condannato o mi hanno definito eroe. Così come Nelson Mandela, lo hanno definito terrorista, ma non lo era, si considerava un combattente per la libertà. Anche io sono un combattente per la libertà e ne sono orgoglioso.

Sei molto critico nei confronti dello Sinn Féin e dei suoi leader, perché?
Credo che lo Sinn Féin non sarebbe andato da nessuna parte se non fosse stato per la blanket protest e per gli scioperi della fame. Ma lo Sinn Féin ha voltato le spalle ai prigionieri politici accettando il fatto che gli inglesi potessero rimanere in Irlanda. Hanno voltato le spalle alla gente comune, alla classe operaia e alle ultime elezioni qui nel nord hanno perso migliaia di voti. Lo Sinn Féin ha perso molto sostegno nel nord, mentre nel sud il consenso sta crescendo. Non so dirti perché, è strano. Io ho sempre creduto che tradissero ciò per cui abbiamo combattuto.

Cosa pensi della transizione da Adams a McDonald?
Adams è ancora al comando e McDonald non dice nulla senza il suo permesso. Nulla accade senza il consenso di Adams, è l’uomo dietro le quinte dello Sinn Féin, è un dittatore e i dittatori non rinunciano al potere.

Recentemente lo Sinn Féin ha denunciato il pericolo di un attentato, che idea ti sei fatto?
Sono tutte bugie inventate dallo Sinn Féin e dalla RUC – PSNI (Royal Ulster Constabulary – Police Service of Northern Ireland). Sanno che le loro politiche sono pessime e stanno perdendo molto consenso nel nord, quindi devono inventarsi qualcosa per riconquistarlo.

Credi che la crescita di movimenti populisti sia una reazione spontanea dei lavoratori oppure una strategia delle destre?
Penso sia un mix di entrambi. La classe operaia rappresenta la più grande percentuale del sostegno popolare a Trump, ad esempio. Alabama, Georgia…gente povera, campagnoli senza istruzione; è stato in grado di dire loro bugie e ci hanno creduto, non credo siano dei fascisti. E lo stesso accade in Europa. Credo che la sinistra dovrebbe essere alla testa di questi movimenti popolari, ma è diventata pigra, compiacente e non è disposta a giocare sporco come i fascisti e se non lo fa, continuerà a perdere. Guarda l’Europa, accusano gli immigrati di tutto, è una sciocchezza ma suona bene.

Qual è stato l’impatto con la New York degli anni ‘80?
Quando ero un ragazzo, mio padre riportava a casa dai suoi viaggi i fumetti americani e mi sono innamorato dell’America. Dicevo a mio padre che un giorno sarei andato a New York, avrei vissuto nel Queens, a Jackson Heights, dove abitava Spider-Man, e aperto un negozio di fumetti. Mio padre non mi prendeva sul serio ma, lo sai, l’ho fatto veramente. E quando sono andato in America non riuscivo a credere a quello che mi stava succedendo, per la prima volta nella mia vita sapevo cosa significava la libertà, era travolgente, ho pianto. Tutti quegli anni a Belfast, oppresso e all’improvviso in America potevo fare e dire quello che volevo, senza andare in prigione o essere sparato, è stato assolutamente folgorante.

Mentre eri a NY non hai avuto più nessun coinvolgimento con la causa repubblicana?
Non più fisicamente, perché vivevo la mia vita americana. Lavoravo al casinò 7 giorni alla settimana, ma non ho mai dimenticato l’Irlanda ed i miei compagni e non gli ho voltato le spalle. Mi sono sentito in colpa perché avevo una vita fantastica mentre i miei compagni stavano ancora combattendo, ma non dimentichi mai da dove vieni.
Immagino tu non sappia che fine abbiano fatto quei 5 milioni di dollari mai ritrovati dopo la rapina.
Nessuno lo sa. Alcuni dicono che li abbia mia moglie (ride ndr).

Cosa hai fatto quando sei tornato a Belfast?
Quando sono tornato ero senza un soldo. Un giorno, mentre ero in questa biblioteca a sfogliare il giornale, ho letto di un concorso per scrivere racconti, il premio era di 1.000 sterline. Ho scritto un racconto e ho vinto. È stato l’inizio della mia carriera di scrittore.

Non ti manca l’azione?
A volte pensi a qualcosa di stupido e potresti volerlo fare. Credevo fortemente che la spada fosse più potente della penna ma ora che sono uno scrittore, e incontro persone in giro per il mondo a cui racconto cosa è accaduto qui, sono convinto che la penna sia più potente della spada.

«Ognuno ha il proprio ruolo» scriveva Sands. Qual è il tuo ruolo oggi?
Il mio ruolo è quello di informare le persone, in diversi paesi, su ciò che sta ancora accadendo qui nel nord dell’Irlanda. Raccontare alla gente che qui abbiamo prigionieri politici e non va tutto bene, non è tutto tranquillo, potremmo avere pace e giustizia ma abbiamo ancora una forza di polizia che ha ucciso centinaia di cattolici.

Alla fine del tuo libro ha scritto che «la verità verrà fuori». Cosa significa?
Fondamentalmente è diretto a Adams e a Margaret Thatcher, al loro ruolo durante lo sciopero della fame. Alla fine la verità verrà fuori, tutto è accaduto durante la blanket protest e gli scioperi della fame. È un avvertimento per quelle persone che pensano di essersi liberate delle loro colpe ma un giorno qualcuno gliene chiederà conto e tutti sapranno cosa è realmente successo.

Oggi sei felice?
Sì, sono estremamente felice. Sono molto fortunato ad avere una moglie e una famiglia e sto vivendo una bella vita. Viaggio per il mondo per presentare i miei libri e incontro persone meravigliose, sto vivendo un sogno.