È il loro primo film, prodotto con un budget piccolo (da Fabrizio Mosca e Massimo Cristaldi) grazie al sostegno di professionisti a cui, come dice uno dei registi, dobbiamo tutto – primo tra questi Daniele Ciprì che firma la luce del film – ma alla fine eccoli sulla Croisette nella selezione della Semaine de la critique. Fabio Grassadonia e Antonio Piazza sono naturalmente felicissimi. Salvo, menzione speciale al Premio Solinas per la sceneggiatura, con al montaggio Desideria Reyner, tra gli interpreti Luigi Lo Cascio – «Ci siamo conosciuti quando giravamo il nostro primo corto e ci divertiva l’idea di fargli interpretare un personaggio un po’ ridicolo, da borghese piccolo piccolo, un po’ ’nero’ e così diverso da come lo vediamo abitualmente» racconta Fabio Grassadonia – arriva dopo un cortometraggio, Rita, molto premiato, e tanta esperienza come sceneggiatori e story editor per la fiction televisiva e per il cinema. «Volevamo fermarci un po’ e capire cosa ci interessava raccontare. Il fatto è che da sceneggiatori è più difficile proporre una storia per realizzarla tu stesso».Protagonisti del film, che si svolge tra Palermo e le campagne di Enna, sono un killer di mafia, il Salvo del titolo, e Rita, la sorella cieca della sua vittima, un incontro che cambierà la vita a entrambi, portandoli a conquistare una «vista» diversa e piena di pericoli.

Il soggetto che avete scelto è anche pieno di rischi, a cominciare dal tema, la mafia in Sicilia, che obbliga al confronto con un immaginario pienissimo di riferimenti e con molti stereotipi di un «genere».

E’ stato il nocciolo della nostra riflessione, veniamo entrambi da Palermo e sentivamo la necessità di riprendere in mano questa memoria che ci eravamo lasciati alle spalle. Eravamo consapevoli di muoverci su un terreno minato ma la nostra scommessa era proprio ripartire da quel mondo e provare a rivitalizzarlo. Per farlo abbiamo cominciato dalla scelta del genere narrativo, il noir, che di per sé è già strano immaginare in una Sicilia estiva, accecata dal sole … Così lo spettatore viene messo davanti a una scena familiare per essere poi portato altrove.

In che modo? Quali sono le suggestioni su cui avete lavorato?

Per esempio il personaggio della ragazza cieca: tutti e due i protagonisti si muovono in un mondo di anime morte, che non riescono più a vedere; la cecità è una mtafora semplice che ci permetteva però di creare la tensione necessaria. Per certi aspetti entrambi i personaggi sono ciechi e imparano dunque reciprocamente a vedere come non sono mai riusciti a fare. In fondo anche noi spettatori siamo un po’ nella stessa condizione, almeno di fronte all’universo della mafia del quale pensiamo di avere visto tutto. Così abbiamo provato a lavorare per sottrazione, si vede molto poco di Palermo, dell’estate, lasciamo intuire l’esterno senza mostrarlo mai in modo evidente.

Parlaci dei due attori protagonisti, Saleh Bakri e Sara Serraiocco.

Lei è un esordiente, lui è il figlio di Mohammad Bakri, il grandissimo attore palestinese. Lo avevamo notato in Il tempo che ci rimane di Elia Suleiman e ci era piaciuto moltissimo. Il caso e la fortuna hanno voluto che uno dei nostri produttori, Fabrizio Mosca, lo conoscesse, lo ha contattato proponendogli la sceneggiatura che a lui è piaciuta… Il film non ha moltissimi dialoghi, ma Saleh ha studiato italiano per il ruolo.

Come è stato il rapporto con Daniele Ciprì?

Fantastico. Non ci conoscevamo di persona, conoscevamo ovviamente i suoi film da solo e insieme a Maresco, e il suo lavoro come direttore della fotografia. Per degli esordienti come noi era fondamentale avere il sostegno di un professionista esperto, che ci aiutasse a risolvere i problemi, soprattutto viste le le difficili condizioni economiche in cui abbiamo girato e i molti problemi tecniche si sono presentati durante la lavorazione.

La protagonista si chiama Rita, che è il titolo del vostro corto. C’è un legame?

Abbiamo scritto Salvo prima di girare Rita, il cortometraggio doveva essere una sorta di test che poi è andato benissimo. La protagonista è una bambina cieca, per noi è quasi un’introduzione alla storia di Salvo.