Ogni giorno un fronte diverso. Archiviata per ora la battaglia persa sul sottosegretario Armando Siri, Matteo Salvini intensifica lo scontro con gli alleati a 5 Stelle. E così dopo la polemica sui «cannabis shop» ieri il ministro leghista è tornato ad attaccare la collega della Difesa Elisabetta Trenta prendendo a pretesto il salvataggio di 36 migranti, tra i quali anche due donne e otto bambini, compiuto da una nave della Marina militare al largo delle coste libiche. «Non vorrei – dice a metà mattinata – che ci fosse un ministro che difende i confini e qualcun altro che, invece, porta i migranti in Italia: sto aspettando la documentazione. Siccome la competenza è mia, non indico nessun porto italiano disponibile allo sbarco».

A disinnescare quello che si annuncia come un nuovo caso Diciotti, con il titolare degli Interni che impedisce l’ingresso in porto di una nave militare italiana ci pensa però il premier Conte, in Romania per il vertice informale dei capi di Stato Ue. «Ho raccolto la disponibilità di Malta, Francia e Lussemburgo ad accogliere alcuni migranti soccorsi da una nave militare italiana al largo della Libia, in acque internazionali», annuncia. «Attendo una risposta, ma c’è apertura di disponibilità da parte di Germania, Spagna e Portogallo. Quanto prima risolveremo anche questo caso».

Bisognerà vedere adesso se l’ottimismo del premier è giustificato o meno. Di certo l’intervento di Conte – che ieri ha stoppato Salvini anche sui «cannabis light shop» – non deve aver fatto piacere al leghista. Sebbene il ministro non ha mai fatto il nome della titolare della Difesa, è chiaro che nel mirino ci fosse lei. Anche perché già in passato tra i due non sono mancate scintille su argomenti delicati come i migranti o la missione europea Sophia. «Salvare le vite, per carità, è obbligo di uomini e donne di mare – ha spiegato il titolare del Viminale – però ho chiesto chiarimenti del perché si trovasse in acque libiche, del perché non sia stata chiamata la Guardia costiera libica, che solo ieri (mercoledì, ndr) ha salvato 216 persone». Parole alle quali replicano fonti della Difesa facendo notare come la ministra Trenta non ha inviato «alcuna indicazione particolare», in merito al salvataggio dei migranti e sottolineando «la massima fiducia nell’operato della Marina militare».

La nave a cui Salvini si riferisce è la Cigala Fulgosi, unità da combattimento che fa parte della missione «Mare sicuro» avviata nel 2015 nel Mediterraneo. In particolare, da quando è scoppiata la guerra in Libia, ha il compito di proteggere un’altra nave italiana, la Capri, all’ancora nel porto di Tripoli per fornire assistenza tecnico-logistica alla Marina e alla Guardia costiera libica.

Il salvataggio è avvenuto non in acque libiche, come afferma Salvini, bensì a 75 chilometri, equivalenti a circa 36 miglia, dalle coste della Libia, in piene acque internazionali. A precisarlo è nel pomeriggio la stessa Marina militare italiana con un nota in cui spiega che nel momento in cui è stato avvistato il barcone con i migranti «imbarcava acqua, e quindi era in procinto di affondare», con le persone a bordo «prive di salvagenti» e «in imminente pericolo di vita».
Intanto rischia di aprirsi un nuovo caso. Ieri sera la nave Mare Jonio della piattaforma Mediterranea ha reso noto di aver salvato 29 migranti che si trovavano a bordo di un gommone in avaria a 40 miglia dalle coste libiche. «Abbiamo chiesto un porto sicuro al centro di coordinamento italiano – ha scritto la Ong su twitter – immensa gioia per 29 vite in salvo».