Gli incidenti, si sa, possono sempre succedere. Ma se stamattina al senato il voto sulla Tav dovesse riservare sorprese tutti rimarrebbero stupefatti. Lo scontro epocale sul treno della discordia, quello che in teoria dovrebbe mettere a rischio la sopravvivenza del governo, è in una pantomima. Più che treni lanciati ad alta velocità l’uno contro l’altro è autoscontro da Luna Park.

Stamattina alle 9 saranno messe ai voti sei mozioni. Due, quella dell’M5S e quella presentata da 8 senatori del gruppo misto, chiedono di bloccare i lavori, anche se solo una, quella del misto impegna il governo a farlo. L’altra, quella furbetta dei 5S, impegna invece il parlamento, il che è insignificante. «È così perché solo il parlamento ha il potere di bloccare i lavori», racconta Di Maio fingendo di ignorare che perché il parlamento votasse davvero la disdetta dell’accordo con la Francia sarebbe necessario che il governo proponesse la medesima disdetta. Trucchetti da guitti, che nella politica italiana nessuno si fa mai mancare.

LE QUATTRO MOZIONI pro Tav sono del Pd, Fi, FdI e +Europa. La Lega non presenterà testi ma Salvini promette di votare «tutte le mozioni per il progresso». Il voto rilevante, quello che sulla carta presenta un margine di rischio, è il primo, quello sulla mozione dell’M5S. Se Pd e Fi si sottraessero al voto la mozione passerebbe e per la maggioranza sarebbe una Caporetto. Salvini ha giurato che «la Lega ne trarrebbe le conseguenze», cioè che aprirebbe la crisi. Cose che si dicono. Non è affatto detto che anche in caso di incidente grave la crisi si aprirebbe. Ma certo il guaio sarebbe mastodontico e per questo, nell’eterno gioco della guerriglia parlamentare, la scelta sembrerebbe obbligata.

Salvo sorprese dell’ultimo secondo non andrà così. Sia Zingaretti che Berlusconi sarebbero tentati, il primo perché le elezioni gli permetterebbero di recuperare il controllo sui gruppi parlamentari, il secondo perché forse elezioni a breve sarebbero per Fi meno tremende che nel medio termine. Ma i gruppi parlamentari non ne vogliono sapere: il capogruppo del Pd Marcucci ha già annunciato il voto contro i 5S. Insomma nel Luna Park della Tav l’unico a farsi male potrebbe essere il ministro Toninelli. «In un Paese normale – dissertava ieri con il cronista dell’Huffpost il capo dei senatori leghisti Romeo – il ministro delle infrastrutture si dimetterebbe. Comunque una riflessione, nell’ambito della fase 2 di cui parla Conte, andrà fatta». A dimettersi Toninelli non ci pensa per niente. Ha già derubricato la Tav a faccenda secondaria. Certo, il nodo rimpasto arriverà al pettine. Ma non ora.

QUANDO? Salvini, che contrariamente a quanto si pensa è uno che pesa le parole, ieri, a chi gli chiedeva se ci fossero ancora rischi di voto anticipato, ha risposto: «Questo lo vediamo a breve, anche prima di settembre». Non è una data indicata a caso. Fino alla fine di agosto il tempo per aprire una crisi senza che ciò provochi disastri certissimi sul fronte della legge di bilancio e dei conti pubblici c’è. Il Quirinale lo sa benissimo. Infatti nelle settimane scorse a chi parlava di “finestre” le voci dal Colle replicavano segnalando che fino all’avvio della legge di bilancio il finestrone è sempre aperto. Poi però tutto si farà più difficile, sia perché la legge di bilancio sarà in cammino, e si tratterà di una cammino accidentato e impervio, sia perché dopo l’approvazione della riforma costituzionale il voto diventerà per qualche mese quasi impossibile.

Salvini, in questo scorcio prima della pausa estiva, ha vinto su tutti i fronti grazie a un’arma micidiale: la paura delle elezioni che accomuna M5S e opposizione. Con quella pistola carica sul tavolo, il leghista è passato all’incasso sulla Tav come sul decreto Sicurezza, che ha registrato non la resa ma la sgangherata e ingloriosa rotta della sedicente “sinistra M5S”. Quell’arma però non resterà carica in eterno. Ieri Salvini, nell’incontro con le parti sociali ha messo sul piatto il ritiro degli 80 euro di Renzi per finanziare la Flat Tax, rubando ancora una volta il lavoro a Conte e Tria. Su quel fronte, come sulle autonomie e sul rimpasto, deve incassare in poche settimane. Agosto o non agosto.