Lo smacco brucia, brucia anche di più perché arriva mentre Matteo Salvini è a Varsavia con l’ultranazionalista Kaczynsky per la prima tappa del tour sovranista con cui punta ad accreditarsi come leader «di un’altra idea dell’Europa», quella delle patrie autoritarie e dei «migranti zero». Un tour che probabilmente toccherà l’Ungheria di Orbán, la Francia di Marine Le Pen, la Germania dell’Afd, la Spagna di Vox. Il leghista punta a costruire un nuovo gruppo a Bruxelles ed accarezza l’idea – non la nega in conferenza stampa – «che un italiano» guidi la battaglia. Lui.

MA DA ROMA ARRIVA la notizia del sì di Palazzo Chigi all’intesa sui 49 migranti che così possono sbarcare a La Valletta per essere redistribuiti: Conte non fa numeri, ma si parla di alcune famiglie, 25 persone. La sera il premier, il notaio imbelle delle liti fra alleati di governo, si è perfino lasciato andare a una battuta a Porta a Porta: Salvini dice no agli sbarchi nei porti? «Vorrà dire che li prenderò con l’aereo». La replica di Salvini prova a essere ironica e invece è macabra: «Magari arriveranno in Italia in parapendio, non controllo lo spazio aereo». La verità è che per lui è una figuraccia continentale. A poco serve che la macchina della comunicazione leghista faccia prontamente circolare la notizia che 450 sindaci – peraltro quasi tutti leghisti – si sono schierati a favore del decreto sicurezza. L’accordo sui migranti è stato il calcio di inizio della partita delle europee, gli alleati diventano avversari. E il primo match per Salvini è perso.

DA VARSAVIA IL LEGHISTA fa la faccia feroce sui sociali, davanti ai giornalisti e anche davanti agli imprenditori italiani. È furioso davvero. La linea, la sua, resta «migranti zero». Per questo annuncia di aver chiesto un vertice a palazzo Chigi in serata, l’aria è quella gelida di una verifica di governo, in cui tutti i dossier (reddito, Tav, Consob) ballano. «Serve un chiarimento. Dirò quel che penso, poi ognuno si assumerà la sua responsabilità» spiega, «Io non autorizzo niente, vediamo se arrivano», «non è un problema se sono 8 o 88, il fatto è che l’Europa aveva promesso di ricollocare i migranti arrivati in estate e non lo ha fatto». Si riferisce a 477 migranti sbarcato a Pozzallo l’estate scorsa e ai 177 della Diciotti a Catania. In entrambe le occasioni una parvenza di accordo europeo c’è stato, ma poi non è stato rispettato (e certo gli amici sovranisti dell’est europa non hanno dato una mano all’Italia). Dei 650 migranti solo 150 hanno preso la via di altri paesi. Proprio Malta aveva annunciato di occuparsi di 50 persone ma alla fine non ha fatto nulla. «Ribadirò a Conte che aspettiamo i paesi europei. Perché altri se ne fregano e noi dobbiamo correre?», insiste Salvini. Fra quelli che se ne fregano ci sono i suoi ospiti polacchi.

DAL PD C’È ANCHE MATTEO RENZI che si esibisce via twitter in un raro apprezzamento del premier: «Alla fine finisce come era logico finisse. Malta fa sbarcare, l’Europa accoglie, l’Italia fa la sua parte. Bravo Muscat, bene Conte. Quanto a Salvini: la solita figura da sciacallo».

I 5 STELLE INCASSANO IL PUNTO, tutto di immagine, di aver preso l’iniziativa per sbloccare la vergognosa odissea in mare dei 49 migranti. Il vicepremier Di Maio si prende anche il gusto di far sapere che non parteciperà al vertice di Palazzo Chigi, come a sua volta ha fatto in precedenza Salvini per sottolineare le sue vittorie. Il leghista dunque, nella notte, se la dovrebbe vedere solo con Conte. Che ha già studiato il copione: se Salvini non firma l’autorizzazione a fare arrivare i migranti in Italia, è pronto a farlo lui. Così, è il suggerimento furbetto degli scienziati della politica di Palazzo Chigi, ne uscirà bene davanti ai suoi elettori: potrà vantarsi di non essersi piegato.

IN SERATA su La7 il sottosegretario agli esteri Manlio Di Stefano gira il coltello nella piaga leghista: «Il presidente del Consiglio è Conte e la politica migratoria è materia di competenza del governo, non di un singolo ministro», puntualizza, «È molto importante aver raggiunto l’obiettivo di farli sbarcare», «in linea con quello che abbiamo sempre avuto: ogni volta si riesce ad arrivare ad un risultato, nonostante il disinteresse dell’Europa. Non so – è il veleno nella coda – perché Salvini non abbia rivendicato il successo di questa operazione».

SCENDE LA NOTTE E DAL VIMINALE non arrivano conferme del vertice. «Il faccia a faccia con Conte non è ancora fissato e non è detto che ci sarà stasera», si spiega. La posta in gioco non è il governo, ma meglio lasciar sbollire, non rischiare. Stavolta il «ministro-bullo» (così lo difinisce Nicola Fratoianni di Leu) incassa lo smacco. La parte del duro sconfitto non è uno spot vincente. «Io non cambio idea. Cedere alle pressioni e alle minacce dell’Europa e delle Ong è un segnale di debolezza che gli italiani non meritano», insiste prima del vertice. «Non è una partita mia, è una partita di civiltà – dice proprio così, ’civiltà’ – finché aiutiamo scafisti e Ong a portare illegalmente esseri umani in Europa, gli scafisti continueranno ad arricchirsi. E non è una questione di numeri ma di principio», dice così, ’principio’.