«Il centrodestra ha individuato la squadra migliore per vincere le elezioni regionali di settembre»: la comunicazione, siglata dai tre leader Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, è arrivata ieri in tarda mattinata. La squadra migliore, però, è la stessa proposta lo scorso autunno e messa in discussione per mesi, inutilmente, dalla Lega.

IL BRACCIO DI FERRO ingaggiato da Salvini si è risolto in un nulla di fatto: Francesco Acquaroli scelto da Fratelli d’Italia sarà il candidato governatore nelle Marche, Stefano Caldoro per Forza Italia in Campania, Susanna Ceccardi (Lega) in Toscana e Raffaele Fitto (FdI) in Puglia. Più gli uscenti Giovanni Toti in Liguria e Luca Zaia in Veneto. Salvini si è arreso al muro eretto da Meloni e Berlusconi e dalla minaccia dell’ex Cavaliere, neanche troppo velata, di spostare Fi verso il governo rompendo l’alleanza, ostacolando così le mire leghiste proprio quando Palazzo Chigi appare sempre più in difficoltà. Salvini però ha incassato un discreto bottino in cambio: un blocco di candidati sindaci al centro sud in questa tornata amministrativa, teste di ponte per proseguire l’espansione del partito nel Mezzogiorno. Obiettivo ambizioso del Carroccio governare mezzo milione di cittadini meridionali.

IL CAPOLUOGO PIÙ IMPORTANTE è Reggio Calabria, la missione leghista è eleggere «il sindaco del Ponte»: l’infrastruttura che dovrebbe unire il continente con la Sicilia viene tirata fuori ogni volta che c’è profumo di elezioni. In Sicilia la Lega, che recentemente è entrata in giunta, esprimerà la candidatura a sindaco di Milazzo. In Sardegna sarà leghista il candidato a Nuoro e in Abruzzo quello di Chieti e Avezzano. Ancora: Matera in Basilicata; Macerata nelle Marche; Giugliano, Casalnuovo, Caivano, Mugnano, Poggiomarino in Campania e, nella tornata del 2021, Benevento e Caserta. In Puglia Salvini punta su Andria, Corato e Ceglie Messapica.

IL CARROCCIO si è messo subito in moto per trasformare la sconfitta al tavolo della trattativa in una vittoria: «In Campania e Puglia ci saranno vicepresidenti della Lega – ha annunciato Salvini -. C’è la garanzia di liste pulite quindi nomi e cognome di arrestati o giù di lì non li vogliamo più vedere. Per la Campania, il modello Cesaro e compagnia non è il nostro modello. E poi abbiamo parlato di rilancio dei comuni».

IN CASA FI incassano la vittoria e mantengono la calma. La vicepresidente del gruppo al Senato Licia Ronzulli, che ha partecipato agli incontri con Antonio Tajani, ieri ha messo le cose in chiaro: «La conferma della candidatura di Caldoro è una vittoria del presidente Berlusconi». A Tajani il compito di distendere i rapporti: «Nessun patto col governo né sottobanco né sopra i banchi, aiuto a disposizione del paese. Il centrodestra unito si candida a guidare le regioni». In Campania il coordinatore regionale, Mimmo De Siano, ieri ha commentato con soddisfazione: «Confermata la scelta del buon governo, della serietà, della sobrietà».

Tra gli stessi Azzurri, però, c’è chi tenta di rovesciare gli equilibri interni per prendere la guida di Fi nella regione dove può ancora contare su un bottino di voti. «Caldoro viene riproposto per la terza volta agli elettori, per essere vincente deve differenziarsi da quanto è accaduto negli anni precedenti. Si vince cambiando volti e nomi, dando credibilità alle liste»: la nota è dell’europarlamentare Fulvio Martusciello, che chiede spazio nella scelta dei candidati.

POI C’È MARA CARFAGNA che, al pari di Salvini, si era battuta contro Caldoro. «Cosa farà adesso che la sua posizione è stata bocciata dai tre leader?», si chiedono nel partito. Agli attacchi leghisti contro Luigi Cesaro, senatore pluri inquisito, e il parlamentare Luigi Pentangelo (entrambi finiti nell’inchiesta sull’ex Cirio), la replica è arrivata in serata. Al segretario campano della Lega Nicola Molteni («Vogliamo liste di qualità, senza i vari Cesaro e company») ha ribattuto De Siano: «Perché Molteni non guarda con lo stesso approccio in casa sua alle gravi disavventure occorse in Calabria e Sicilia, dove alcuni suoi colleghi di partito sono finiti nelle maglie dell’antimafia. Oppure in Lombardia, in Piemonte e in altre regioni, con personalità del Carroccio compromesse in inchieste gravissime e ancora al loro posto, malgrado qualche condanna».