La granitica e più volte ribadita unità del centrodestra arriva al nome di Silvio Berlusconi, ed è proprio questa del resto l’arma che ha permesso al Cavaliere di forzare la mano agli alleati portandoli a convergere sulla sua candidatura. Altro collante per quella coalizione non c’è e oltre la candidatura scomoda ma anche provvidenziale del signore d’Arcore resta solo l’ordine sparso. Lo chiarisce Salvini, con una conferenza stampa improvvisata di fronte a palazzo Madama.

Ai giornalisti, fatte salve le monotone dichiarazioni d’ordinanza, il capo della Lega ha da dire due cose sole ma precise. «Aspettiamo che Berlusconi faccia i suoi conti e i suoi incontri» ma la deadline è «prima che si cominci a votare la settimana prossima». A quel punto, se i conti del Cavaliere saranno in rosso, «la Lega farà una proposta che penso convincente per tanti se non per tutti». Dalle parole di Salvini traspare la pochissima fiducia nelle chance del quasi candidato.

«Ma come fa stando sotto di 100 voti?», avrebbe confidato agli intimi. Ma non è per questo che ha convocato i giornalisti. È per sottrarre a Berlusconi la postazione privilegiata di chi, all’atto di ritirarsi, indica anche il sostituto, il nome eleggibile grazie alla sua generosa resa. È significativo che Salvini, pur essendo sulla carta il leader dell’intera coalizione, annunci una proposta del suo partito, non dell’intera destra.

Sarebbe inutile chiedersi cosa Salvini tema e in realtà anche quale nome abbia in mente: ammesso che quel nome ci sia e se così fosse significherebbe che, alla faccia della coalizione, né gli alleati azzurri né quelli tricolori ne sanno niente. Lo spettro dei timori, in via Bellerio, è ampio. Berlusconi potrebbe scegliere Draghi, magari quella misteriosa incursione di Gianni Letta a palazzo Chigi mirava proprio a garantire al premier questo, per il tramite del capo di gabinetto Funiciello. Oppure potrebbe voler decidere lui quale esponente della destra digeribile anche a sinistra spingere, previo accordo su quella nomina a senatore a vita che è il suo secondo obiettivo ove mancasse il colpo grosso del Colle. In ogni caso da quella postazione Berlusconi va disarcionato subito. A questo serviva l’affondo di ieri.

Va da sé che il capo di Fi non la prenda bene. La telefonata tra lui e Salvini, che segue a stretto giro la conferenza stampa parte tesa, poi si rasserena quando il leghista giura che non è cambiato niente e l’appoggio della Lega per la candidatura resta indiscusso. Il quartier generale azzurro fa circolare una nota informale nella quale assicura che le parole del ruggente Matteo «sono in linea con gli impegni presi», che «il centrodestra unito saprà esprimere un candidato all’altezza» e naturalmente più in alto di re Silvio non c’è nessuno: «È senza dubbio il profilo più autorevole».

È probabile che, nonostante le accorate rassicurazioni, Salvini miri a eliminare Berlusconi dalla corsa il prima possibile, per poi piazzare un presidente di destra scelto tra i tanti nomi sempre uguali che volteggiano con l’appoggio di Renzi e di Toti, sulla cui fedeltà a Berlusconi nessuno scommette un centesimo. Con un presidente amico e un altro anno di governo Draghi ci sarebbe tutto il tempo di varare quella legge proporzionale che tutti tranne sorella Giorgia vogliono, inclusi quelli che giurano il contrario, e tenersi così tutte le strade aperte dopo le elezioni. Sono conti senza l’oste e senza l’ostessa.

L’oste di Arcore non ha alcuna intenzione di far passare un presidente di destra tranne se stesso e, se considera la possibilità di ritirarsi, al momento è molto distante da una scelta in questo senso. Giorgia Meloni è convinta che la sola uscita positiva dalla fiera presidenziale, per il suo partito, sia il passaggio di Draghi da palazzo Chigi al Quirinale. La manovra di Salvini non è perdente in partenza ma tutt’altro che facile.

La consolazione della destra divisa è che dall’altra parte della barricata non stanno messi meglio. Letta resta convinto dell’opzione Draghi. Metà del suo partito non concorda. Ma soprattutto i 5S non lo seguirebbero su quella strada. I due leader e Speranza per Leu faranno il punto mercoledì mattina. Il Pd proporrà la candidatura di bandiera di Anna Finocchiaro. Ma quanto a individuare un candidato vero, ciò che chiede Conte e che sarebbe indispensabile per non restare appesi a Berlusconi come in realtà sono tutti, le cose a sinistra non si profilano più facili di quanto siano a destra. Dove sono in altissimo mare

Errata Corrige

Salvini teme di finire schiacciato dal protagonismo del Cavaliere e rilancia il piano B per il Colle: «Berlusconi faccia i suoi conti». Se saranno in rosso, «prima che comincino le votazioni la Lega farà una proposta convincente». Due telefonate di chiarimento, presto un nuovo vertice