Vuole i confini d’Italia chiusi, ma approfitta di quelli ancora (per quanto?) aperti in Gran Bretagna per esportare il peggiore dei virus, da secoli senza vaccino e contro cui non c’è amuchina che tenga: le sue idee. Stasera Matteo Salvini dovrebbe parlare a Londra. Una congrega di connazionali ha staccato una trentina di sterline per cenare con lui in un imprecisato ristorante a Piccadilly Circus. Ma che ci fa nella multiculturale, cosmopolita, aperta capitale di questo paese socchiuso il ducetto lombardo? Viene nell’ambito di una serie di eventi organizzati dall’organismo denominato senza ironia alcuna “Lega nel mondo Uk Eire”, da lui istituito nel settembre 2018: una sorta di fundraising per l’odio proprio in quei luoghi che – tradizionalmente – l’odio lo aizzavano contro i predecessori di quegli stessi migranti italiani che hanno pagato per sentirlo stasera. E la cui presenza qui oggi figura tra le cause scatenanti di Brexit (così, tanto per iniettare un po’ di grottesco extra nella farsa).

L’avvento salviniano è inspiegabilmente sfuggito alla profilassi della sanità britannica che precetta l’autoisolamento a chi torna dalle cosiddette “zone rosse” (magari) dell’operoso Nord Italia. Le stesse che finora hanno inspiegabilmente soffiato il primato di epicentro epidemico ai paesi dai quali arrivano i migranti, privandolo di un succulento capro espiatorio. Il suo “Difesa della razza Tour 2020” doveva toccare anche Liverpool, ma i locali anticorpi antifascisti sono insorti e la serata è stata cancellata. Il sindaco Steve Rotherham aveva detto testualmente: l’unico pubblico che troverà non si farà scrupolo di dirgli cosa pensa dei fascisti come lui. Liverpool l’ha scampata, ma altre cenette a lume di fiamma tricolore sono previste a Brighton e Dublino.

I garruli tabloid nazionali sono troppo presi a sdilinquirsi sull’annuncio del matrimonio riparatore allegato all’ennesima paternità del premier per occuparsi della visita. Il terrone italiano, lombardo che sia, ne è istintivamente disprezzato, salvo quando non sia fascista: dopotutto, il Daily Mail di Lord Rothermere era, negli anni Trenta, grande sponsor del buon Mosley. Le cui squadracce furono però fermate a Shadwell, nell’East End, nella battaglia di Cable Street, il 4 ottobre 1936, da gruppi di anarchici, comunisti, ebrei e socialisti, come ricorda ancora oggi l’omonimo murale. Chissà che le proteste di stasera – molte le organizzazioni antifasciste mobilitate contro Salvini, tra cui Stand Up to Racism, Jewdas e la London Anti-fascist Assembly – non riescano a mandargli l’odio di traverso.