Matteo Salvini può essere soddisfatto. La guerra contro le ong adesso potrà contare anche sull’aiuto delle navi della Marina militare e della Guardia di finanza chiamate a «difendere» i nostri porti. Una misure decisa ieri nel corso di una riunione del Comitato nazionale ordine e sicurezza convocato d’urgenza dal ministro dell’Interno per discutere come impedire alle navi delle organizzazioni umanitarie l’ingresso nelle acque territoriali italiane. Tra le altre misure adottate anche un incremento dei controlli per ridurre le partenze dai barconi dalla Libia e dalla Tunisia grazie all’utilizzo di radar, aerei e droni in modo da accelerare, rispetto a quanto accade oggi, l’intervento della cosiddetta Guardia costiera libica e di quella tunisina. Ma anche la fornitura al governo di Tripoli di altre dieci motovedette (lo stesso annuncio il Viminale lo aveva fatto anche l’11 giugno scorso al termine di un’altra riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza)

«A me non serve un’operazione di trasporto di immigrati in giro per il Mediterraneo. A me serve un’operazione di protezione e tutela e oggi gli esponenti della Difesa hanno dato suggerimenti utili non per distribuire i problemi in giro per ’Europa ma per bloccarli alla radice», ha commentato Salvini al termine della riunione.

Per la propaganda leghista le nuove misure rappresentano sicuramente un successo. Resta da vedere quanto la loro applicazione porterà realmente ai risultati sperati dal governo gialloverde.

Per adesso i tecnici del ministero della Difesa sono al lavoro per capire quante navi serviranno nel prossimo futuro per aumentare la nostra presenza nel Mediterraneo. Il piano prevede che la competenza sulle acque nazionali spetti ai mezzi della Guardia di finanza, mentre alla Marina militare va il compito di vigilare in acque internazionali.

Ma cosa accadrà quando verranno intercettati un barcone in difficoltà o la nave di una ong?

Salvini non lo spiega, ma sul punto fonti della Difesa non lasciano spazio a dubbi: «Tutto avverrà nel rispetto delle normative internazionali», è la risposta. Il che significa che non verranno effettuati respingimenti delle imbarcazioni con i migranti verso la Libia, vietati dal diritto internazionale, ma anche che non saranno messe in atto manovre tese a ostacolare il cammino della nave della ong che ha tratto in salvo uomini, donne e bambini e che sta cercando di raggiungere un porto sicuro.

«Cosa che, come ha ricordato anche il ministro dell’Interno, la Libia non è», ricordano sempre dalla Difesa.

Al massimo, quindi, si può ipotizzare che potranno essere svolte delle ispezioni a bordo in modo da ritardare il tragitto delle imbarcazioni, ma è difficile che un comandante della Marina militare – la stessa che nel 2014 diede vita alla missione Mare nostrum «salvando l’onore dell’Europa», come riconobbe il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker – possa decidere di forzare più di tanto la situazione.

La questione sbarchi continua intanto ad agitare i rapporti tra alleati, al punto che il premier Giuseppe Conte ha convocato per domani un vertice a palazzo Chigi al quale, oltre a Salvini, sono stati chiamati a partecipare anche i ministri Trenta, Toninelli, Tria e Moavero. Scopo dell’incontro è quello di coordinare gli interventi dei vari ministeri per «evitare – spiegano a palazzo Chigi – che possano ingenerarsi sovrapposizioni o malintesi che finirebbero per nuocere all’efficacia dell’azione del governo».

Un’ulteriore conferma delle tensioni esistenti, ammesso che ce ne sia il bisogno, arriva dalla battuta fatta ieri da Luigi Di Maio e servita a liquidare le parole con cui Salvini si è lamentato di essere astato lasciato da solo a fronteggiare le navi delle ong. «Se il ministro dell’Interno si sente solo, e non gli possiamo neanche dire che ci sono strade alterative per risolvere questo problema per sempre, vuol dire che manderemo un peluche», ha detto il vicepremier grillino difendendo la ministra Trenta a sua volta attaccata dal leghista.