«Temete l’ira dei giusti»: Per qualche ora Salvini fa finta di niente, poi sbotta. Del resto è lui stesso a dichiararsi «sorridente e incazzato». L’irritazione è impossibile non capirla. In una decisione del Tribunale del riesame di Genova che ribaltasse la decisione seguita al ricorso della Procura, quella che congela non solo i fondi in cassa della Lega, cinque milioncini, ma anche tutte le entrate fino a 49 milioni, i leghisti ci avevano sperato. La mazzata invece è pesante.
Ma anche qualche sorriso, al capo rimasto in bolletta, scappa sinceramente. Dal punto di vista del portafogli il guaio è grosso, ma i dividendi politici non mancheranno. Salvini non perde tempo, prova a incassare subito: «Lavoro per la sicurezza degli italiani e mi indagano per sequestro di persona (30 anni di carcere). Lavoro per cambiare l’Italia e l’Europa e mi bloccano i conti correnti. Se qualcuno pensa di fermarmi o spaventarmi ha capito male». Stando alle reazioni seguite all’iscrizione nel registro degli indagati e ai sondaggi che puntualmente cita, il leader del Carroccio invece ha capito benissimo: stavolta l’effetto dell’intervento della magistratura gira in senso inverso rispetto al passato. È vento che gonfia le vele, non che frena e mette a rischio di naufragio.
MA SE DALLA COLONNA della politica si passa a quella dei quattrini il discorso cambia. Dunque urge correre ai ripari e la soluzione c’è già. Pronta e preparata per tempo. È quel cambio di nome che renderebbe se non impossibile almeno infinitamente più difficile congelare i fondi di via Bellerio. Quale sarà il nuovo nome non è certo, anche se pare che in realtà sia già stato depositato. Di certo c’è solo che il brand Lega continuerà a campeggiare, probabilmente seguito dalla formula “per Salvini premier”. È la strada che lo stesso vicepremier aveva smentito appena pochi giorni fa. Ma allora il vertice del Carroccio sperava in un verdetto positivo del Riesame e sfidare i pm alla vigilia della decisione sarebbe stato controproducente. Ora il pollice verso è arrivato e non c’è più bisogno di essere diplomatici e prudenti. Serve solo un congresso dall’esito scontato in partenza.
Del resto a Salvini non resta altra possibilità. La sola alternativa sarebbe confluire in Fi, il cui leader, Berlusconi Silvio, non a caso ha scelto proprio la giornata di passione della Lega per chiarire che lui a un partito unico non ci pensa per niente: «Finora non ho smentito perché mi pareva evidente la mancanza assoluta di fondamento. Fi va avanti perché il futuro del centrodestra è liberale». Ci si può facilmente figurare quanta voglia abbia Salvini di farsi assorbire nel “partito liberale” di Berlusconi e Tajani.
IN TEORIA LA SCELTA di sottrarsi con un espediente alle decisioni della magistratura dovrebbe provocare una tempesta nei rapporti con M5S, che su questo fronte è sempre stato sfacciatamente giustizialista. Le cose sono cambiate. Di Maio non ha alcuna intenzione di buttare a mare il governo in nome di una desueta coerenza. Non gli sfugge di sicuro la manovra di Forza Italia, che ieri non ha perso un attimo nell’esprimere massima e convinta solidarietà all’ormai quasi ex alleato leghista. Dalla capogruppo alla Camera Gelmini al governatore Fitto, passando per chiunque abbia voglia di rilasciare dichiarazioni, quello azzurro è un coro senza stecche: lasciare a secco un partito senza aspettare la sentenza definitiva è una grave ingiustizia. Insomma, attaccare la Lega significherebbe lasciare a Fi ampi margini per il gioco a cui mira Berlusconi: incunearsi, separare i soci contraenti del contratto di governo, subentrare poi al posto dei 5S.
Di Maio non ci pensa su neppure un attimo: «La vicenda riguarda il periodo antecedente alla gestione Salvini. Si va avanti».
IL PD STREPITA e Renzi più di tutti: «Chi tace è complice. Per Salvini contano solo i sondaggi, non le sentenze. Non le rispetta e i 5S stanno zitti?». Certo che sì, dal momento che il governo val bene una deroga sul giustizialismo d’ordinanza. Vale a maggior ragione per il premier Conte. «Non è mio costume commentare un provvedimento della magistratura, ma non avrà ripercussioni sul governo. È chiaro che così fare politica diventa difficile. Mi auguro che si possa trovare una soluzione alternativa». Sembra la sagra delle banalità. Invece è un modo per tirare la volata alla giustificazione della Lega per spiegare il cambio di nome, quella che già ieri veniva suggerita in via ufficiosa: «È l’unica per sopravvivere. Ci costringono».